fede

Natale, quarto pensiero: una gioia cosmica

Redazione
Pubblicato il 18-12-2017

Il Natale assumeva, per Francesco, ulteriori significati. Diceva che, se avesse avuto la possibilità di parlare con l’imperatore l’avrebbe pregato, per amor di Dio, di emanare un decreto che costringesse ogni anno, a Natale, tutti i podestà delle città e i signori dei villaggi a chiedere agli abitanti dei loro luoghi di spargere sulle strade frumento e altre granaglie affinché gli uccelli, e in special modo le allodole, potessero mangiare a sazietà in un giorno tanto solenne. A onore del Figlio di Dio, si sarebbe poi dovuto provvedere a buoi e asini, gli animali che avevano riscaldato il Bambino Gesù adagiato nella mangiatoia. E non solo: nel giorno della Natività del Signore, i ricchi avrebbero inoltre dovuto sfamare i poveri.

Egli vedeva dunque il Natale come un annuale giubileo. Il giubileo biblico veniva, ogni cinquant’anni, ad appianare le differenze che si erano create tra le persone. Allo stesso modo, Francesco non voleva che a Natale vi fossero persone bisognose: almeno in quel giorno bisognava adoperarsi per lenire le disuguaglianze, perché la gioia avesse il predominio assoluto; una gioia cosmica, che doveva a coinvolgere anche gli animali, che egli chiamava con il nome di fratelli, e che scaturiva da una ben chiara radice: l’Amore di un Dio che – per gli uomini – aveva donato Se stesso.

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