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PAPA FRANCESCO: SAPPIATE GUARDARE AL DESIDERIO DI PERDONO NEL CUORE DEL PENITENTE, NON SIATE RIGIDI

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

pAPA FRANCESCO AI 'MISSIONARI DELLA MISERICORDIA' CHE VERRANNO INVIATI NEL MONDO

Il Papa ha messo in guardia dal rischio che un penitente non si veda «inserito nel Corpo di Cristo», con «danno grave» per la fede, e non si senta «parte di una comunità», in un’udienza concessa ai «missionari della misericordia», se, «a causa della nostra rigidità», egli non percepisse l’accoglienza materna della Chiesa. Francesco ha invitato questi confessori straordinari del Giubileo, che invierà in tutto il mondo domani, mercoledì delle ceneri, a «saper guardare al desiderio di perdono presente nel cuore del penitente» e, ricordando l’episodio della Bibbia in cui addirittura Noè è ubriaco, ad avere «rispetto e incoraggiamento» per la «vergogna» dei fedeli, che a volte rende muti, senza usare «la clava del giudizio», e senza curiosità pruriginose, perché in confessionale «non c’è il peccato, ma il peccatore pentito».
  

«Desidero ricordarvi che in questo ministero siete chiamati ad esprimere la maternità della Chiesa. La Chiesa è Madre perché genera sempre nuovi figli nella fede; la Chiesa è Madre perché nutre la fede; e la Chiesa è Madre anche perché offre il perdono di Dio, rigenerando a una nuova vita, frutto della conversione», ha detto il Papa nell’udienza pomeridiana nella Sala Regia del palazzo apostolico vaticano. «Non possiamo correre il rischio che un penitente non percepisca la presenza materna della Chiesa che lo accoglie e lo ama. Se venisse meno questa percezione, a causa della nostra rigidità, sarebbe un danno grave in primo luogo per la fede stessa, perché impedirebbe al penitente di vedersi inserito nel Corpo di Cristo. Inoltre, limiterebbe molto il suo sentirsi parte di una comunità. Noi invece siamo chiamati ad essere espressione viva della Chiesa che come madre accoglie chiunque si accosta a lei, sapendo che attraverso di lei si è inseriti in Cristo. Entrando nel confessionale, ricordiamoci sempre che è Cristo che accoglie, è Cristo che ascolta, è Cristo che perdona, è Cristo che dona pace. Noi siamo suoi ministri, e per primi abbiamo sempre bisogno di essere perdonati da lui. Pertanto, qualunque sia il peccato che viene confessato, o che la persona non osa dire ma fa capire, è sufficiente, ogni missionario è chiamato a ricordare la propria esistenza di peccatore e a porsi umilmente come “canale” della misericordia di Dio. E vi confesso fraternamente – ha detto Bergoglio rievocando a braccio la confessione della sua vita che segnò l’inizio della sua scelta sacerdotale – che per me è una fonte di gioia la confessione del 21 settembre del ‘53 che ha riorientato la mia vita: cosa mi ha detto il prete non ricordo, ricordo un sorriso, e poi non so che è successo…». Quel giorno, festa di San Matteo, Bergoglio a 17 anni, avvertì la chiamata vocazionale proprio grazie al sacramento della riconciliazione e all’incontro con il suo confessore, un sacerdote di Corrientes, don Carlos Benito Duarte Ibarra.

Francesco ha poi incoraggiato i «missionari della misericordia» a «saper guardare al desiderio di perdono presente nel cuore del penitente. E’ un desiderio frutto della grazia e della sua azione nella vita delle persone, che permette di sentire la nostalgia di Dio, del suo amore e della sua casa. Non dimentichiamo che c’è proprio questo desiderio all’inizio della conversione», un desiderio che va fatto «emergere» come «vera espressione della grazia dello Spirito», ha detto il Papa, raccomandandosi di «capire non solo il linguaggio della parola, ma anche quello dei gesti: se qualcuno viene da te è perché sente che c’è qualcosa che deve togliersi. Forse non riesce a dirlo, ma tu capisci: va bene. Lo dice così, col gesto di venire, prima condizione. Seconda condizione, è pentito. Magari ha paura di dirlo e poi non poter farlo. Ma se pensa che non può farlo, ciò che è impossibile all’intelletto il Signore capisce. Bisogna capire cosa c’è dentro quel cuore che non può venire detto, o detto così… con vergogna. Voi ricevete tutti col linguaggio che possono parlare».

Il Papa, infine, ha ricordato «una componente di cui non si parla molto, ma che è invece determinante», la vergogna, che a volte «rende muti». «Non è facile porsi dinanzi a un altro uomo, pur sapendo che rappresenta Dio, e confessare il proprio peccato. Si prova vergogna sia per quanto si è compiuto, sia per doverlo confessare a un altro. La vergogna è un sentimento intimo che incide nella vita personale e richiede da parte del confessore un atteggiamento di rispetto e incoraggiamento. Fin dalle prime pagine la Bibbia parla della vergogna». Per esemplificare il sentimento della vergogna, Bergoglio ha citato due episodi del libro biblico della Genesi, Adamo ed Eva che, scoprendosi nudi, si nascondono davanti a Dio, e, racconto che «raramente ricordiamo», Noè che pur essendo «un uomo giusto» si ubriacò, subito coperto dai figli con un mantello. «Questo brano mi fa dire quanto importante sia il nostro ruolo nella confessione. Davanti a noi c’è una persona “nuda”, con la sua debolezza e i suoi limiti, con la vergogna di essere un peccatore. Non dimentichiamo: dinanzi a noi non c’è il peccato, ma il peccatore pentito. Il peccatore che vorrebbe non essere così ma non può. Una persona che sente il desiderio di essere accolta e perdonata. Un peccatore che promette di non voler più allontanarsi dalla casa del Padre e che, con le poche forze che si ritrova, vuole fare di tutto per vivere da figlio di Dio. Dunque, non siamo chiamati a giudicare, con un senso di superiorità, come se noi fossimo immuni dal peccato; al contrario, siamo chiamati ad agire come Sem e Jafet, i figli di Noè, che presero una coperta per mettere il proprio padre al riparo dalla vergogna. Essere confessore secondo il cuore di Cristo equivale a coprire il peccatore con la coperta della misericordia, perché non si vergogni più e possa recuperare la gioia della sua dignità filiale e possa sapere dove si ritrova. 

Non è, dunque, «con la clava del giudizio che riusciremo a riportare la pecorella smarrita all’ovile – ha sottolineato il Papa – ma con la santità di vita che è principio di rinnovamento e di riforma nella Chiesa. La santità si nutre di amore e sa portare su di sé il peso di chi è più debole. Un missionario della misericordia porta sulle proprie spalle il peccatore, e lo consola con la forza della compassione. Io – ha detto il Papa a braccio – ho sentito tanta gente fedeli dire non ci torno perché sono andato una volta e il prete mi ha bastonato, o mi ha fatto domande un po’ oscure, di curiosità: questo non è il buon pastore, questo è il giudice che crede di non aver peccato o un povero uomo malato che con le domande è incuriosito. A me piace dire ai confessori: se non te la senti di essere padre, non andare a confessare, è meglio, fai un’altra cosa, perché si può fare tanto male a un’anima se non viene accolta con cuore di padre e con cuore della madre Chiesa. Alcuni mesi fa parlavo con un saggio cardinale della Curia romana sulle domande che alcuni preti fanno nella confessione, ha detto: quando mi accorgo che il fedele vuole dire qualcosa, io dico: ho capito, stia tranquillo, vada avanti».

Dovevano essere 800 ma, a causa delle richieste, sono 1142 i «missionari della misericordia» di tutti i continenti che il Papa invierà nel mondo con la potestà di assolvere i penitenti dai peccati solitamente riservati alla Santa Sede: il primo è la profanazione della santa eucaristia, il secondo è l’assoluzione del complice, il terzo l’ordinazione episcopale di un vescovo senza il mandato del Papa, il quarto la violazione del sigillo sacramentale (che consiste nel far trapelare quanto ascoltato in confessione), il quinto infine la violenza fisica contro il Pontefice. A Roma, oggi e domani, ve ne sono 726. 

A presentarli al Papa il delegato pontificio per il Giubileo, mons. Rino Fisichella. Francesco, che oggi si è soffermato a lungo con molti di loro, tra benedizioni, strette di mano, selfie e risate, darà loro il mandato domani, avvio di Quaresima, in una cerimonia che, eccezionalmente, non si svolgerà sul colle romano dell’Aventino ma nella basilica di San Pietro, dove si trovano le spoglie dei due cappuccini padre Pio di Pietrelcina e padre Leopoldo Mandic («Lì tra gli italiani – ha chiosato il Papa nel suo discorso – c’è un cappuccino che somiglia tanto a san Leopoldo: piccolo, con la barba!»), «santi ministri del perdono di Dio», ha detto oggi il Papa, che «insieme a tanti altri santi sacerdoti che nella loro vita hanno testimoniato la misericordia di Dio» e ora accompagneranno i missionari del Papa, «segno di speciale rilevanza perché caratterizza il Giubileo, e permette in tutte le Chiese locali di vivere il mistero insondabile della misericordia del Padre». Il Papa ha concluso con una battuta relativa a un missionario destinato ad una fredda zona del Canada settentrionale: «Quello che va all’Artico si copra bene!». Vatican Insider

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