fede

Papa Francesco: 'Se la ricchezza non è condivisa genera corruzione'

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Torna a scagliarsi contro il malaffare, papa Francesco, il giorno dopo l’appello della Messa di Pentecoste durante la quale ha chiesto di «lottare senza compromessi contro il peccato e la corruzione che si allarga nel mondo di giorno in giorno di più». Questa mattina ne ha parlato nell’omelia a Casa Santa Marta, riflettendo sulle ricchezze che, se non vengono condivise e utilizzate per il «bene comune», per il Pontefice portano al male e al crimine, grandi o piccoli. Inoltre, un’abbondanza di beni vissuta con egoismo è «triste», toglie «speranza». Lo riporta Radio Vaticana.

Il Papa ha basato la sua predica sulla scena evangelica del cammello e la cruna dell’ago: ovvero quella che rappresenta come l’«entusiasmo» per Gesù possa trasformarsi in «tristezza e chiusura in se stesso». Si legge infatti che il giovane ricco incontra il Figlio di Dio, domanda di seguirLo garantendoGli di vivere da sempre i Comandamenti, ma poi cambia completamente umore e atteggiamento quando Cristo lo informa sull’ultimo passo da compiere, la «cosa sola» che manca per stare al Suo fianco: vendere i beni per darne il ricavato ai poveri. Improvvisamente, «la gioia e la speranza» in quel giovane ricco svaniscono, perché a quella sua ricchezza non vuole rinunciare.

Ecco che «l’attaccamento alle ricchezze è l’inizio di ogni genere di corruzione, dappertutto - ha evidenziato Francesco - corruzione personale, corruzione negli affari, anche la piccola corruzione commerciale, di quelli che tolgono 50 etti al peso giusto, corruzione politica, corruzione nell’educazione… Perché? Perché quelli che vivono attaccati al proprio potere, alle proprie ricchezze, si credono nel paradiso. Sono chiusi, non hanno orizzonte, non hanno speranza. Alla fine dovranno lasciare tutto».

«C’è un mistero nel possesso della ricchezze - ha proseguito - hanno la capacità di sedurre, di portarci a una seduzione e farci credere che noi stiamo in un paradiso terrestre»; al contrario, quel Paradiso terrestre è senza «orizzonte», simile a quel quartiere che Jorge Mario Bergoglio ricorda di avere visto negli anni Settanta, abitato da persone benestanti che hanno edificato i confini per difendersi dai ladri. «E vivere senza orizzonte è una vita sterile, vivere senza speranza è una vita triste - ha sottolineato - L’attaccamento alle ricchezze ci dà tristezza e ci fa sterili. Dico “attaccamento” - ha precisato - non dico “amministrare bene le ricchezze”, perché le ricchezze sono per il bene comune, per tutti. E se il Signore a una persona gliene dà è perché li faccia per il bene di tutti, non per se stesso, non perché le chiuda nel suo cuore, che poi con questo diventa corrotto e triste».

Il Papa ha poi aggiunto, insistendo: le ricchezze senza di generosità «ci fanno credere che siamo potenti, come Dio. E alla fine ci tolgono il meglio, la speranza». Però Gesù nel Vangelo indica qual è la modalità per vivere nella condizione di benestante: «La prima Beatitudine: “Beati i poveri in spirito”, cioè spogliarsi di questo attaccamento e fare che le ricchezze che il Signore ha dato a lui siano per il bene comune. L’unica maniera. Aprire la mano, aprire il cuore, aprire l’orizzonte. Ma se tu hai la mano chiusa - ha ribadito in conclusione - hai il cuore chiuso come quell’uomo che faceva i banchetti e indossava vesti lussuose, non hai orizzonti, non vedi gli altri che hanno bisogno e finirai come quell’uomo: lontano da Dio». Vatican Insider

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