fede

Papa: c’è sempre un povero che ha bisogno di me, non posso delegare

IACOPO SCARAMUZZI Ansa - Angelo Carconi
Pubblicato il 30-11--0001

Quante volte recitiamo il “Padre nostro”, eppure non facciamo veramente attenzione a quelle parole: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”

«C’è sempre qualcuno che ha fame e sete e ha bisogno di me. Non posso delegare nessun altro. Questo povero ha bisogno di me, del mio aiuto, della mia parola, del mio impegno». Il Papa ha dedicato l’udienza generale di oggi al richiamo nella fede cristiana alla fame e alla sete: «Quante volte recitiamo il “Padre nostro” – ha sottolineato – eppure non facciamo veramente attenzione a quelle parole: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”».




«Una delle conseguenze del cosiddetto “benessere” – ha esordito il Papa – è quella di condurre le persone a chiudersi in sé stesse, rendendole insensibili alle esigenze degli altri. Si fa di tutto per illuderle presentando modelli di vita effimeri, che scompaiono dopo qualche anno, come se la nostra vita fosse una moda da seguire e da cambiare ad ogni stagione. Non è così. La realtà va accolta e affrontata per quello che è, e spesso ci fa incontrare situazioni di bisogno urgente. È per questo che, tra le opere di misericordia, si trova il richiamo alla fame e alla sete: dare da mangiare agli affamati – ce ne sono tanti oggi, eh! – e da bere agli assetati». 



 

«Quante volte i media ci informano di popolazioni che soffrono la mancanza di cibo e di acqua, con gravi conseguenze specialmente per i bambini», ha sottolineato il Papa. «Di fronte a certe notizie e specialmente a certe immagini, l’opinione pubblica si sente toccata e partono di volta in volta campagne di aiuto per stimolare la solidarietà. Le donazioni si fanno generose e in questo modo si può contribuire ad alleviare la sofferenza di tanti. Questa forma di carità è importante, ma forse non ci coinvolge direttamente». 



 

Invece «quando, andando per la strada, incrociamo una persona in necessità, oppure un povero viene a bussare alla porta di casa nostra, è molto diverso, perché non sono più davanti a un’immagine, ma veniamo coinvolti in prima persona. Non c’è più alcuna distanza tra me e lui o lei, e mi sento interpellato. La povertà – ha aggiunto Francesco – in astratto non ci interpella, ma ci fa pensare, ci fa lamentare; ma quando tu vedi la povertà nella carne di un uomo, di una donna, di un bambino, questo sì che ci interpella», mentre si diffonde l’abitudine a «fuggire i bisognosi, non avvicinarci o truccare un po’ la realtà dei bisognosi».




In questi casi, qual è la mia reazione? «Giro lo sguardo passo oltre? Oppure mi fermo a parlare e mi interesso del suo stato? E se tu fai questo non mancherà qualcuno che dice: “Ma questo è pazzo a parlare con un povero!”. Vedo se posso accogliere in qualche modo quella persona o cerco di liberarmene al più presto? Ma forse essa chiede solo il necessario: qualcosa da mangiare e da bere».

«Pensiamo un momento: quante volte recitiamo il “Padre nostro”, eppure non facciamo veramente attenzione a quelle parole: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano”», ha detto il Papa.



 

L’esperienza della fame, ha detto ancora Francesco, «è dura. Ne sa qualcosa chi ha vissuto periodi di guerra o di carestia. Eppure questa esperienza si ripete ogni giorno e convive accanto all’abbondanza e allo spreco». Il Papa ha ricordato le parole dell’apostolo Giacomo (la fede, se non è seguita dalle opere, «in sé stessa è morta»), per sottolineare: «C’è sempre qualcuno che ha fame e sete e ha bisogno di me. Non posso delegare nessun altro. Questo povero ha bisogno di me, del mio aiuto, della mia parola, del mio impegno. Siamo tutti coinvolti in questo». Anche la moltiplicazione dei pani e dei pesci da parte di Gesù «è una lezione molto importante per noi. Ci dice che il poco che abbiamo, se lo affidiamo alle mani di Gesù e lo condividiamo con fede, diventa una ricchezza sovrabbondante». 




Francesco ha citato citando l’enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI: «Dar da mangiare agli affamati è un imperativo etico per la Chiesa universale. Il diritto all’alimentazione, così come quello all’acqua, rivestono un ruolo importante per il conseguimento di altri diritti», per poi proseguire: «Non dimentichiamo le parole di Gesù: “Io sono il pane della vita” e “Chi ha sete venga a me”. Sono per tutti noi credenti una provocazione queste parole, una provocazione a riconoscere che, attraverso il dare da mangiare agli affamati e il dare da bere agli assetati, passa il nostro rapporto con Dio, un Dio che ha rivelato in Gesù il suo volto di misericordia».




Al Papa, a conclusione dell’udienza, è stato regalato un ostensorio realizzato con le lamiere della baraccopoli di Kibera, a Nairobi, in Kenya, la più grande dell’Africa sub-sahariana. Con la benedizione di Francesco l’ostensorio, un’iniziativa della fondazione della «Casa dello spirito e delle arti», montato su un pastorale, viaggerà, in una sorta di staffetta spirituale, nelle diocesi dell’Italia e del mondo, per simboleggiare, con la ferraglia povera, di scarto, l’amore di Gesù per i poveri e gli emarginati. (Vatican Insider)

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