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Il volontariato nel segno della fede: una scoperta di vita emozionante

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Le esperienze della mensa della Caritas di Viterbo e della casa accoglienza di Vobarno: aiuti concreti ai meno fortunati nelle nostre città.  

Sono tanti i sacerdoti, le suore, che vivono e lottano in trincea, confrontandosi ogni giorno con la sofferenza dei dimenticati, il dolore di chi è finito dietro le sbarre, il declino della fede, il degrado delle periferie. Vale allora certo la pena di volgere lo sguardo alle storie di individui che accettano con amore profondo le sfide che il loro ministero pone. Ma non bisogna dimenticare, accanto ai rappresentanti della Chiesa, le esperienze di donne e uomini di buona volontà, laici, che mettono a disposizione il loro tempo, le loro competenze a vantaggio di chi non può permettersi ad esempio un avvocato, un dottore, un qualsiasi altro tipo di aiuto. Servono nelle mense Caritas, operano nei centri di ascolto e di accoglienza, contrastano l’abbandono scolastico e scuotono le coscienze di chi, nella povertà e nel disagio, potrebbe abbracciare scelte sbagliate. 

Ci sono anche tanti pensionati che negli oratori si impegnano ad avviare laboratori per trasmettere esperienze di lavoro a giovani che sentono di essere dimenticati da tutti. Sono diverse, dunque, le realtà solidali che prendono vita nelle strutture diocesane e parrocchiali, e che si attivano anche grazie all’8xmille alla Chiesa cattolica. Quante? Migliaia, perché, anche se apparentemente “invisibili”, sono numerosi coloro che nel volontariato si mettono in gioco «aprendosi al Vangelo della misericordia». Senza un sostegno concreto, emerge dalle loro testimonianze, le iniziative messe in campo non potrebbero nascere e sopravvivere. E dalle firme, infatti, arrivano due progetti emblematici da raccontare tra quelli realizzati e raccolti nella “mappa delle opere” da consultare ogni giorno dell’anno su www.8xmille.it: uno è a Viterbo, dove sorge la mensa “Don Alceste Grandori”. 

Qui si assicura un pasto caldo a chi è in difficoltà. Il servizio non conosce sosta: tutti i giorni dell’anno, infatti, ci sono 80 volontari che fanno sì che alle 12 sia pronto in tavola per circa 60 persone. Al loro fianco, la “macchina” della Caritas diocesana, che recupera eccedenze alimentari e organizza l’accesso attraverso il centro ascolto, in raccordo con la casa per l’accoglienza notturna. Con l’8xmille, è arrivato un contributo di 150mila euro. Aldo Piermattei, responsabile della mensa nata 20 anni fa, racconta: «È un’opera-segno diocesana al servizio dell’intera città. Porta l’impronta di sacerdoti che hanno scritto la nostra storia recente, come don Alceste, promotore di formazione professionale e del primo oratorio aperti qui. La mensa sorge nell’ex chiesa di San Leonardo, proprio dove don Alceste era parroco». Albertina, Emiliana, Giovanni, Gabriella, Armando, sono i nomi di alcuni dei volontari che con impegno si dedicano alla cucina e a servire i pasti. Ogni sguardo che incrociano racconta una storia: ci sono padri separati e chi vive in auto, chi ha perso il lavoro e chi è migrante, sullo sfondo della crisi economica che non ha fatto sconti a nessuno. Gabriella, volontaria da dieci anni, racconta di aspettare il giorno del suo turno, il martedì, con ansia. «Lascio tutto ciò che c’è da fare a casa e vado alla mensa. Mi sento speciale nel cercare di dare qualcosa agli altri». «Questo servizio è possibile grazie ai volontari. Bisogna tuttavia ricordare - conclude Aldo - l’importanza del supporto che viene dalla diocesi, quindi dai fondi dell’8xmille. Perché garantire pasti 365 giorni all’anno richiede di far fronte a tante necessità». 

Anche l’esperienza di Vobarno, in provincia di Brescia, di una casa accoglienza di persone con un passato di dipendenze da alcol e droghe, testimonia come i 115mila euro di fondi dell’8xmille abbiano creato un circuito virtuoso, dando il via al progetto della diocesi “Latte solidale”. Giovanni, a lungo volontario nella comunità, ha dato vita insieme al parroco don Raffaele, a Emanuele e ad altri operatori, a una cooperativa di reinserimento lavorativo in una dimensione familiare e accogliente, avviando anche una rete di microimprese alimentari. «L’allevamento di asine e cavalle da latte oggi dà lavoro a 15 persone provenienti da comunità terapeutiche - racconta Giovanni -. Così è stato restituito coraggio a chi ha perso lavoro e fiducia». (LaStampa)

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