fede

I Papi e la mafia

Antonio Tarallo
Pubblicato il 14-09-2018

“Un messaggio chiaro e forte contro la mafia, che infonde speranza e riscalda il cuore dei siciliani onesti. Come hanno dimostrato i tantissimi giovani presenti in piazza con il loro lungo ed emozionante applauso”. La piazza a cui si fa riferimento è quella principale di Palermo, Piazza Politeama. E l’applauso “lungo ed emozionante” è per Papa Benedetto XVI, durante la visita pastorale del 3 ottobre 2010. La descrizione di quel momento, sopra riportata, è di Rita Borsellino, la sorella del magistrato colpito dalla mafia nell’attentato del 1992.

“Cari giovani di Sicilia, siate alberi che affondano le loro radici nel “fiume” del bene! Non abbiate paura di contrastare il male! Insieme, sarete come una foresta che cresce, forse silenziosa, ma capace di dare frutto, di portare vita e di rinnovare in modo profondo la vostra terra! Non cedete alle suggestioni della mafia, che è una strada di morte, incompatibile con il Vangelo, come tante volte i vostri Vescovi hanno detto e dicono!”.

Questo il messaggio più importante che in quel pomeriggio di ottobre, provocò un vero e proprio boato di consenso nella piazza che prende il nome dal famoso e suggestivo teatro palermitano.  La visita del Santo Padre era stata cadenzata da un continuo riferimento alla lotta contro la mafia.  Le occasioni furono tante. Le parole pronunciate in piazza, a quei giovani, a quella folta folla di volti  – che Ratzinger definì, con fine poeticità, un “mosaico meraviglioso” – furono il fulcro di una intensa giornata.

Anche la mattina, nell’omelia al Foro Italico, il pensiero di Papa Benedetto era stato fin da subito chiaro:

“Cari amici! Conosco le vostre difficoltà nell’attuale contesto sociale, che sono le difficoltà dei giovani e delle famiglie di oggi, in particolare nel sud d’Italia. E conosco anche l’impegno con cui voi cercate di reagire e di affrontare questi problemi, affiancati dai vostri sacerdoti, che sono per voi autentici padri e fratelli nella fede, come è stato Don Pino Puglisi. Ringrazio Dio di avervi incontrato, perché dove ci sono giovani e famiglie che scelgono la via del Vangelo, c’è speranza. E voi siete segno di speranza non solo per la Sicilia, ma per tutta l’Italia”.

Il riferimento al sacerdote, don Puglisi, non poteva mancare da parte di chi, due anni dopo la visita a Palermo, avrebbe promulgato il decreto di beatificazione per martirio “in odium fidei”, “in odio alla fede". Ma, Papa Benedetto, non solo “ricorda”, non solo fa riferimento alle problematiche di quella terra che gli antichi Greci – come lo stesso Ratzinger teneva a precisare –  “chiamarono “Panormo”, cioè “tutto porto”, un nome che voleva indicare sicurezza, pace e serenità”. C’è un passaggio di quell’omelia che tanto ricorda “lo stile linguistico” del suo predecessore, Giovanni Paolo II. E’ il momento del “coraggio”, il momento dell’esortazione, piena e amorevole, da padre. E, per il pontefice bavarese, la base di tutte queste parole, è fortemente racchiusa nella Parola, e più precisamente nella seconda lettera a Timoteo, che viene citata in questo passaggio.

“A voi, fedeli laici, ripeto: non abbiate timore di vivere e testimoniare la fede nei vari ambiti della società, nelle molteplici situazioni dell’esistenza umana, soprattutto in quelle difficili! La fede vi dona la forza di Dio per essere sempre fiduciosi e coraggiosi, per andare avanti con nuova decisione, per prendere le iniziative necessarie a dare un volto sempre più bello alla vostra terra. E quando incontrate l’opposizione del mondo, sentite le parole dell’Apostolo: «Non vergognarti dunque di dare testimonianza al Signore nostro». Ci si deve vergognare del male, di ciò che offende Dio, di ciò che offende l’uomo; ci si deve vergognare del male che si arreca alla Comunità civile e religiosa con azioni che non amano venire alla luce!”

Queste le riflessioni-esortazioni di un pontefice che volle – bisogna ricordarlo – come Arcivescovo di Monreale, Monsignor Pennisi, che non era certo nuovo alla cronaca siciliana. Si era distinto, infatti,  per il suo impegno pastorale contro la malavita. Nel febbraio 2008 gli era stata assegnata la scorta, dopo aver ricevuto un volantino con minacce di morte dalla mafia gelese, per essersi rifiutato di celebrare il funerale in cattedrale, del boss mafioso Daniele Emmanuello, ucciso in un conflitto a fuoco con la polizia. Nota a pie’ di pagina: Michele Pennisi, era stato precedentemente creato Vescovo di Piazza Armerina, da Giovanni Paolo II. In sintesi: Benedetto XVI in perfetta continuità con il pensiero anti-mafia del pontefice polacco.


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