fede

"Credo per capire e capisco per credere". Il delicato rapporto tra la scienza e la fede

Antonio Tarallo ANSA - GIUSEPPE LAMI
Pubblicato il 02-06-2018

“Credo ut intelligam, intelligo ut credam”, ossia  credo per capire e capisco per credere. Sant’Agostino ci aiuta a entrare nel delicatissimo campo del rapporto tra Fede e Ragione, tema da secoli dibattuto, tema che non può non essere che al centro di questo studio su come la Scienza si sia confrontata con i Miracoli Eucaristici. Finchè parliamo di  “transustanziazione” – questo è il termine più preciso per indicare quello che comunemente viene chiamata “consacrazione delle ostie e del vino” – la Scienza difficilmente può “dire la sua”. In questo caso “entra in gioco” solo la Fede che, in questo caso, si ricollega alle Sacre Scritture dell’Ultima Cena del Signore. Sappiamo tutti a memoria, ormai,  la fatidica frase del sacerdote quando, davanti patena e calice, si rivolge all’assemblea, si rivolge a Dio: “Padre, veramente santo e fonte di ogni santità, santifica questi doni con l'effusione del tuo Spirito perché diventino per noi il corpo e il sangue di Gesù Cristo nostro Signore”. E qui, il discorso, tra il fedele e Dio diventa personale, unico, esclusivo.  La Scienza non può spiegarlo, e – in fondo – non deve spiegarlo: la Fede è, molte volte, una sorta di “salto nel buio”, o meglio (per chi ha fede), di “salto nella luce”.

Ma facciamo, oggi, un salto nella Scienza per capire un po’ come sono possibili gli inspiegabili avvenimenti narrati nelle scorse puntate. Capire l’inspiegabile. Sì certo l’ossimoro è forte, ma rende bene l’idea di quello che è il nostro percorso sulla Scienza e l’Eucarestia. Abbiamo “vagabondato” abbastanza tra le città italiane ed europee, ed è questa l’ora di fermarci un attimo. E lo facciamo, entrando immaginariamente, in un laboratorio di analisi. Un laboratorio “irreale” dove facciamo convergere buona parte delle analisi avvenute nel corso del tempo sulle ostie oggetto di questi miracoli. Una sorta di “zibaldone”, diciamo così. Ci ferma subito un addetto che ci invita a mettere mascherina e guanti: sono d’obbligo. Qui conta la Scienza. Contano tutte le migliori disposizioni ad essere “chirurgicamente asettici”. Insomma, coinvolgiamo non il cuore, ma solo la mente, la ratio. Arriva sul tavolo d’esame, l’ostia del miracolo di Lanciano. E quello che è stato maggiormente sottoposto a studi ed esami clinici. Le reliquie del miracolo – e cioè l’ostia diventata carne e sangue, poi coagulato in cinque sassolini di forma e dimensioni differenti – sono state sottoposte a diverse indagini: nel 1574, 1637, 1770 e 1886. Soffermiamoci su una delle più recenti, avvenuta nel nostro secolo. Anno 1970. La più accurata, condotta da uno dei più insigni professori di “Anatomia e Istologia Patologica e di Chimica e Microscopia Clinica”. Lo so, sono tante le specializzazioni, ma sono indice di affidabilità, no? E’ il Professor Odoardo Linoli. Conclusione dell’esame, ci portano il referto: il sangue è di gruppo AB ( bisogna ricordare che tutti gli altri miracoli eucaristici hanno prodotto lo stesso risultato) e la carne è costituita da “tessuto muscolare striato del miocardio” . Una volta stabilito questo, però in qualsiasi scettico potrebbe giustamente nascere una questione: e se fosse un “falso medioevale”? Ecco pronta la risposta. Lo stesso professor Linoli escluse questa possibilità, perché avrebbe presupposto che qualcuno fosse stato in possesso di nozioni di anatomia molto più progredite di quelle diffuse nella Scienza tempo. Solo in questo caso  si sarebbe potuto rimuovere il cuore di un cadavere e di dissezionarlo al fine di ottenere un frammento di tessuto miocardico omogeneo e continuo. Inoltre, qualora il sangue fosse stato prelevato da un cadavere, nel volgere di un brevissimo arco di tempo, esso avrebbe subito una grave alterazione per deliquescenza o putrefazione. L’unica domanda “aperta”, allora, rimane sul “come”. Come possibile? E qui, la Scienza si ferma. L’Infinito può essere “definito” fino a un certo punto.

Di altrettante indagine scientifiche ce ne sarebbero davvero tante e tutte sicuramente cariche di fascino per l’accuratezza con le quali sono state condotte e per l’oggetto delle stesse. Non si può rimanere indifferenti a così tanto mistero. Dopo Lanciano che è uno dei miracoli più lontani a noi, in merito a datazione, possiamo fare uno confronto con uno assai più recente:  quello di Buenos Aires, avvenuto nel 1992, che vede coinvolto addirittura l’allora Vescovo ausiliare Jorge Mario Bergoglio.  Era stato nominato proprio in quel tempo a guidare la Diocesi, dall’allora Papa Giovanni Paolo II.

Veniamo al fatto. Messa del primo maggio 1992, nella parrocchia di santa Maria. Un ministro dell'Eucaristia nel riporre il Santissimo Sacramento, trova due pezzi di ostia sul corporale del tabernacolo. Solita prassi: far sciogliere i pezzetti in un recipiente di acqua. Dopo diversi giorni,  i pezzetti rimangono intatti, e addirittura una settimana dopo cominciano a colorarsi di un colore rossastro. Successivamente, domenica 10 maggio, il colore rossastro “prende forma” in vere gocce di sangue. Ma gli accadimenti non finiscono quel 10 maggio perché ben due anni dopo, domenica 24 luglio 1994, durante la Messa dei bambini, quando il ministro dell'Eucaristia aprì la pisside,   vide del sangue che scorreva sul lato interno. Nell'agosto 1996, dopo la celebrazione della festa dell'Assunzione della Santissima Vergine, venne posta un'altra ostia (ritrovata da una donna nel retro della chiesa) perché si dissolvesse nell'acqua. Il 26 agosto si scoprì che l'ostia era divenuta carne sanguinante. Passano tre anni circa e l’ostia non si decompone. Partono le indagini da parte della Diocesi. Lo stesso Vescovo Bergoglio decide di istituire una commissione scientifica retta dal dottor Ricardo Gomez Castañón, noto neuropsicofisiologo boliviano, per condurre alcuni test su entrambi i “casi”, quello del 1992 e quello del 1996.

Il 28 gennaio 2000, la data fatidica della resa pubblica dei risultati sul materiale inviato.  Si tratta di sangue umano proveniente dal ventricolo sinistro del muscolo del cuore di una persona di circa trent'anni che aveva sofferto molto al momento della morte. Bisogna sottolineare che i test furono eseguiti in diverse parti del mondo da scienziati che erano all’oscuro della provenienza di tale campione. Ma la cosa più sorprendente è che tutte le indagine concordavano sul gruppo sanguigno del “materiale di laboratorio”: anche in questo si trattava di gruppo AB.

Questa, la parola della Scienza. Il resto rimane nell’inspiegabile. Come e perché un’ostia consacrata possa mutare e diventare carne e sangue di un essere umano rimane un mistero.   Un mistero che – a detta del dottor Zugibe, uno dei professori nominati a esaminare il “caso Buenos Aires” – “rimane al di fuori della sua competenza”.


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