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San Francesco il Santo della pace

Edoardo Scognamiglio
Pubblicato il 30-11--0001

La pace, un modo di stare nel Mondo

"Beati i pacifici, poiché saranno chiamati Figli di Dio. sono veri pacifici quelli che di tutte le cose che sopportano in questo mondo, per amore del Signore nostro Gesù Cristo, conservano la pace nell’anima e nel corpo"

La pace, per Francesco, dono dell’Altissimo, dello stesso Cristo morto e risorto, non è semplicemente una virtù, bensì uno stile di vita, un modo di stare nel mondo e di vivere nella Chiesa.

I pacifici sono tutti coloro che si fanno strumento di riconciliazione, di perdono, di comunione, assumendo su se stessi i conflitti, le tensioni e i tormenti di chi non riesce a conservare la pace nell’anima e nel corpo. I pacifici sono coloro che soffrono per il Vangelo e sentono tutto il peso del male nel mondo. Tuttavia, essi diventano strumento di pace perché in loro abita l’amore del Signore che è morto e risorto per tutti.

Il Poverello non offre della pace una visione poetica o idilliaca: conosceva, infatti, la violenza e la brutalità delle guerre, come altresì la bruttura delle crociate e le lotte intestine tra villaggi, signori e contrade. La vocazione alla pace passa per la nostra resistenza al male, per la capacità di sopportare tutto per amore di Cristo. Non è rassegnazione quella che Francesco invoca, bensì benevolenza verso il prossimo e slancio d’amore infinito nelle prove della vita. La pace – dell’anima e del corpo, di tutta la persona – ha sempre una radice teologica: è un dono interiore del Signore. Così, di fronte alle avversità della vita, occorre attingere alla forza dello Spirito Santo, alla grazia di Dio. Si diventa pacifici assumendo lo stile di vita di Cristo.

La penultima strofa del Cantico fa appello proprio a questi sentimenti: “Laudato si, mi Signore, per quelli che perdonano / per lo tuo amore / e sostengono infirmitate e tribolazione. / Beati quelli che ‘l sosterrannoin pace, / ca da te, Altissimo, sirano incoronati” (Cant 263). Questa penultima strofa del Cantico fu composta da san Francesco per spronare il vescovo di Assisi e il podestà a fare la pace non trovando un accordo, bensì chiedendo loro di ritrovare le energie spirituali interiori che permettono di superare le sofferenze, di perdonare, di dominare la collera, di evitare il turbamento, in breve, di restare nella pace. Il dono escatologico della pace Francesco lo concretizza nella sua storia, nel suo modo di agire, fino a diventare una sorta di insegnamento morale e di vita pratica. Lo stesso saluto di Francesco – “il Signore vi dia la pace” (1Cel 23: 359) –, prima di essere un annuncio da portare al mondo, deve diventare un atteggiamento interiore, un modo di pensare, di essere, di stare in fraternità. Solo così si può diventare strumento di pace e di riconciliazione e fare del dono della pace la via di comunicazione del Vangelo. Francesco non fu un paciere, un diplomatico, uno capace di fare accordi, bensì un uomo riconciliato che sapeva diventare strumento del perdono di Dio.

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