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L’inquietudine e l’inclusione, i temi del festino 2019 di Santa Rosalia, a Palermo

Antonio Tarallo Giornale di Sicilia
Pubblicato il 03-07-2019

Un carro realizzato dai detenuti percorrerà Palermo per la festa della Santa

Quest’anno il tradizionale festino di Santa Rosalia, a Palermo, sarà nel segno dell’“inquietudine”, questo il tema della manifestazione che accompagnerà dal 10 luglio fino alla notte del 14, il capoluogo siciliano. Ancora una volta, a firmare il tutto, saranno Lollo Franco e Letizia Battaglia. L’evento che si sta preparando, è arrivato alla sua 395esima edizione. Una tradizione antichissima che per il 2019 ha in serbo una grande novità, che – visto il delicato momento sociale che stiamo vivendo – diviene anche un segno importante di inclusione, e che soprattutto diviene spunto di riflessione.

Nella conferenza stampa di presentazione della festa, l’Arcivescovo di Palermo, Monsignor Lorefice, ha parlato di una “inquietudine che ci dobbiamo portare tutti dentro” e “che non prevalga la paura che esclude e che fa accadere tutto ciò che stiamo vivendo proprio in queste ore, mi riferisco a Lampedusa che in questo momento è un luogo che deve suscitare l'inquietudine, non la paura, perché da essa possono esserci intelligenza lucida e cuore che resta umano”.

E sarà proprio il cuore d’Umanità, possiamo dire, ad essere al centro della festa di quest’anno. La grande novità è che a lavorare alla preparazione pittorica del carro, firmato dall’artista-scenografo Fabrizio Lupo, ci saranno otto detenuti dell’“Ucciardone”, la casa circondariale di Palermo, in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti. Non era mai capitato qualcosa di simile. Ancora una volta, la città siciliana, sempre così sensibile ai problemi sociali, si sta dimostrando cuore pulsante dell’intera Penisola. Un cuore che in questo caso batterà all’unisono, al passaggio della macchina di Santa Rosalia che ora si trova all’interno stesso del carcere, pronta per gli ultimi ritocchi di pennello. Ma dietro al carro di quest’anno, c’è anche un'altra storia, affascinante e che tocca l’animo.

San Francesco, patrono d’Italia” ha voluto sentire un po’ più da vicino l’atmosfera che si sta vivendo all’interno del carcere, fra i detenuti, fra i “dimenticati” dalla società. Abbiamo parlato al telefono con un responsabile dell’educazione che si trova a stretto contatto con i detenuti che, sicuramente, riesce a percepire il polso della situazione, come si suol dire. Anche se a distanza, dalle sue parole colme di vera commozione, abbiamo captato quanta bellezza di valori ci sia dietro a questa manifestazione e, soprattutto, abbiamo percepito il fervore che sta vivendo l’Ucciardone in questi giorni di preparazione.

Siamo stati colpiti da una storia che tanto somiglia a una fiaba. E abbiamo bisogno di fiabe, di bellezza, di umanità, credo, in questo momento storico del “tutti contro tutti”. Dietro alla “storia del carro”, vi è incastonata un’altra storia. Sembra quasi una matriosca russa.

Il carro, che rappresenterà un enorme carretto siciliano, sarà sormontato da un “tipico” sgabello carcerario, dipinto con colori e motivi pittorici, tipici del tradizionale carretto siciliano. Lo sgabello sarà quello in stile ottocentesco, prolungato come torre a reggere all’apice la famigerata “Santuzza”. Quella degli sgabelli dei detenuti è una riscoperta nata un po’ di tempo fa, grazie a un laboratorio di pittura – una delle attività rieducative del carcere – tenuto dal Prof. Vincenzo Merlo. Il laboratorio cercava – in pieno “stile di riciclo” – di riutilizzare e ridipingere in maniera artistica dei vecchi sgabelli antichi, usurati dal tempo, utilizzati dai detenuti nell’Ottocento.

Altra novità sarà la performance teatrale che vedrà impegnati – oltre alla compagnia catalana “Fura dels Baus”, già presente nella passata edizione – circa tredici detenuti. Sono in attesa del permesso, perché il loro impegno si dovrebbe svolgere fuori “dalle mura” circondariali, per i giorni di festeggiamento, ma sicuramente – visto l’ideale di inclusione che sta imperniando tutto l’evento – già possiamo immaginare la loro esibizione come uno dei momenti più significativi della festa per Santa Rosalia. Questa è l’Italia della sana “inquietudine”,    ma non della paura. L’Italia dell’inclusione. L’Italia che ci piace.


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