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Immacolata Concezione. Tutto l’amore francescano per Maria

Redazione
Pubblicato il 30-11--0001

I seguaci del Poverello hanno visto nella fanciulla di Nazareth la prima beneficiaria della salvezza apportata dall’unico e perfettissimo Mediatore.

Quella dell’8 dicembre è una solennità che, cadendo nel cuore dell’Avvento, aiuta a comprendere più a fondo il senso cristiano del Natale. Il bimbo giacente nella mangiatoia di Betlemme fu accolto, prima d’ogni altro, da una fanciulla, che poté darlo alla luce perché a ciò destinata «con un solo e medesimo decreto». Queste parole, utilizzate da Pio IX nella bolla definitoria dell’Immacolata Concezione, risentono dell’organica visione che la Scuola Francescana ha sempre avuto di Maria nel piano della creazione e della redenzione. Da Scoto in poi i seguaci del Poverello hanno visto nella fanciulla di Nazareth la prima beneficiaria della salvezza apportata dall’unico e perfettissimo Mediatore. Una salvezza, questa, che in Maria, e in lei sola, si concretò sotto forma di preservazione totale dal peccato d’origine. 

Mostrando coi più svariati argomenti la «convenienza» d’una tale condizione in Maria e la stretta correlazione con la sua missione di Madre di Dio, i Frati Minori hanno salutato nella madre di Gesù la Tota Pulchra, che, immune da ogni contagio morale sin dal primo istante del suo esistere e ricolma di santità, prefigura perfettamente, trascendendola, la bellezza finale della Chiesa. Con gli scritti, la predicazione, i più svariati atti di pietà (compreso il giuramento di difendere fino all’effusione del sangue, se fosse necessario, la sentenza dell’Immacolata Concezione), i figli di Francesco hanno contribuito all’esperienza e all’approfondimento del relativo dato rivelato, determinato infine e proposto ufficialmente da Pio IX con la bolla Ineffabilis Deus dell’8 dicembre 1854.

Risponde dunque alla consapevolezza di tale apporto fondamentale la volontà del pontefice 
di nominare cinque francescani quali consultori delle commissioni preparatorie. Di essi due appartenevano alla famiglia Conventuale (Giovanbattista Tonini e Angelo Trullet); due venivano dalle file degli Osservanti (Luigi da Loreto e Antonio da Rignano); uno, infine, era cappuccino (Giusto da Camerino). Consapevolezza, questa, che spinse inoltre Pio IX – compiuto l’atto della definizione – a incoronare nella Cappella del Coro la pala dell’Immacolata, effigiata tra Francesco d’Assisi e Antonio di Padova. Per decisione, infine, dello stesso papa il testo della definizione fu inciso su una lapide, collocata al di sotto della statua marmorea del santo d’Assisi nella Basilica Vaticana.  

Ecco perché, in occasione del 50° anniversario dell’Ineffabilis Deus, il card. Merry del Val 
poté affermare che il narrare gli avvenimenti, a seguito dei quali si giunse alla proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione, equivaleva a «illustrare la grandezza e la gloria dell’Ordine Francescano». Affermazione, questa, che sostanziò di fondamento storico-teologico e afflato spirituale un maestro quale Leone Veuthey: «Se la dottrina dell’Immacolata è stata per i Francescani più un effetto della loro spiritualità che non la sua causa, ciò non impedisce che il fatto di credere alla Immacolata Concezione di Maria abbia grandemente favorito lo sviluppo della pietà mariana francescana. Dal cristocentrismo di San Francesco e dei suoi figli è sgorgato tutto l’amore francescano per Maria, che doveva sfociare nell’affermazione del suo Immacolato Concepimento».

Francesco Lepore

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