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Sondaggio: i cattolici americani si sentono 'forti nella fede'. E' l'effetto papa Francesco, a settembre il suo primo viaggio negli Usa

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Nel settembre prossimo papa Francesco compirà il suo primo viaggio negli Stati Uniti; si recherà a Philadelphia per l’incontro mondiale delle famiglie, un appuntamento di tutto rilievo vista l’attenzione che ha dedicato anche di recente al tema della famiglia, e soprattutto dei pericoli e delle aggressioni a cui è sottoposta. E non è difficile immaginare che troverà un’accoglienza entusiastica, dal momento che la sua popolarità è in crescita; anche se non è chiaro se l’affetto che gli Stati Uniti gli dimostrano, e gli dimostreranno si stia traducendo in una pratica più fervente e in una maggiore presenza in chiesa. Ma secondo uno studio appena reso pubblico si può cominciare a parlare di una “effetto Francesco” sostenuto non solo da impressioni, ma anche da una metodologia scientifica.

Lo studio, elaborato da Mark Gray del Centro Universitario per la Ricerca Applicata all’Apostolato di Georgetown ha preso in esame, e ha sottoposto a un’analisi ragionata i dati e le cifre fornite dal General Social Survey del 2014, la “materia prima” fondamentale per gli studi dei sociologhi d’oltre Oceano. Questo tipo di ricerca estesa a tutto il territorio nazionale ha avuto inizio nel 1972, e viene condotto ogni due anni, sulla base di interviste personali su un campione casuale di adulti.

Gray ha osservato che il 34 per cento dei cattolici interpellati alla richiesta di definire la forza della sua affiliazione religiosa ha usato il termine “strong”, “forte”. Nel General Survey del 2012 questo termine era stato utilizzato solo dal 27 per cento dei cattolici intervistati. Mark Gray ha definito “un balzo significativo” lo spostamento di sette punti percentuali.

A questo elemento fa da pendant un altro mutamento nelle cifre. I cattolici che definivano “non molto forte” il loro legame con la fede nel 2012 erano il 62 per cento; adesso sono il 56 per cento, con una riduzione di sei punti percentuali. Prudentemente però Gray scrive che «Questo non è un spostamento massiccio da nessun punto vista, ma rompe una tendenza continua al declino di numeri di cattolici che nell’ultima decade affermano che la loro affiliazione è “forte”».

E c’è un altro elemento interessante, nell’analisi condotta a Georgetown. Si tratta del “tasso di aderenza” cioè della percentuale di persone che cresciute in una determinata fede la mantengono anche da adulti. Questo indicatore per quanto riguarda i cattolici USA è andato regolarmente declinando dall’inizio degli anni ’70, passando dall’80 per cento al 65 per cento nel 2012. Ma questa cifra nel 2014 è rimasta identica. «Vista la storia recente – scrive Gray, probabilmente riferendosi al problema degli abusi sessuali – anche mantenere il livello esistente è un risultato interessante».

Un risultato ancora più interessante se lo si paragona alla performance delle altre confessioni cristiane, che continuano invece a scendere, per quanto riguarda l’aderenza alla fede di nascita, scendendo per la prima volta sotto il livello del 50 per cento.

Un sondaggio precedente, condotto un anno fa da Pew Research Center dando le prime indicazioni positive confermate dallo studio attuale, non mostrava però cambiamenti di rilievo nella pratica religiosa e nella frequenza alla messa domenicale. Ma il sondaggio del Pew Research Center mostrava che fra i fedeli domenicali c’era un atteggiamento più vigoroso nella fede. «Questo suggerisce che c’è un “effetto Francesco” per il primo anno di regno e che era molto pronunciato fra i cattolici impegnati nella pratica della fede», scriveva Jessica Martinez del Pew Research Center.

Anche Gray si mostra ottimista: «La buona notizia che riceviamo dal General Social Survey è che alcune tendenze preoccupanti si sono arrestate. Ma ci vorrà un’ondata o due di risultati positivi per identificare una reale correzione di tendenza», e dimostrare che questo Survey non era ingannevole. Marco Tosatti - Vatican Insider

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