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PAKISTAN, I RAGAZZI SCOVATI DA SOTTO I BANCHI E UCCISI

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Pochi minuti dopo abbiamo sentito una voce che diceva in arabo: 'È pieno di bambini sotto quei banchi, vai e uccidili'

Nawaz, 10 anni. La sua divisa è per metà verde - il colore della Army Public School -, per metà rossa, il colore del sangue dei suoi compagni di classe. Lui è l’unico sopravvissuto di un gruppo di 30. Trema, gli occhi vuoti dallo choc, e alla tv pachistana spiega: «I miei amici sono caduti per terra». Nawaz è sopravvissuto all’attacco contro la scuola di Peshawar, uno di quei 500 bambini che, con i loro insegnanti, sono stati tenuti in ostaggio dai taleban per sette ore, mentre 141 di loro venivano trucidati.
  

«Ho finto di essere morto» 

Anche Shahrukh Khan, 16 anni, è riuscito a salvarsi. Quando i taleban hanno fatto irruzione si trovava nell’auditorium con altri compagni: «All’improvviso - racconta - abbiamo sentito urlare, poi gli spari. Ci siamo nascosti, pochi minuti dopo abbiamo sentito una voce che diceva in arabo: “È pieno di bambini sotto quei banchi, vai e uccidili”. Ho visto un paio di stivaloni neri venire verso di me e ho pensato che fosse finita. Quando mi hanno colpito alle gambe ho fatto finta di essere morto e mi sono salvato. Non dimenticherò mai quegli stivali».

«Perché mio figlio?» 

Irshadah Bibi, 40 anni, invece è uno delle decine di padri che alla notizia dell’attentato si è precipitato al Reading Hospital Lady in cerca del figlio. «Era pieno di corpicini, tutti ricoperti di sangue. Era difficile riconoscerli. Fino all’ultimo ho pregato, speravo che il mio piccolo si fosse salvato. Vederlo lì, senza vita, è stato straziante. Ho iniziato a sbattere la testa contro il muro. Oh Dio, perché hai preso mio figlio?».

Il maestro bruciato vivo 

Un militare che ha parlato a condizione dell’anonimato ha raccontato che gli aggressori indossavano uniformi della polizia e giubbotti imbottiti di esplosivo. «Alcuni di loro - ha detto - hanno fatto irruzione in una classe e hanno dato fuoco al maestro. Gli hanno gettato benzina sul corpo e poi l’hanno acceso, costringendo gli alunni a guardare. I ragazzi erano lì, mentre il corpo veniva divorato dalle fiamme».

La svolta 

L’attacco di ieri è la «risposta» dei taleban all’offensiva scatenata da giugno dall’esercito pachistano nella roccaforte islamista del nord Waziristan. E se la scelta di colpire le scuole non è una novità, il fatto di farlo durante l’ora di lezione è una circostanza senza precedenti.

Nel mirino 

Da due anni gli assalti alle scuole e agli studenti non fanno che aumentare. Il più grave fino a ieri era stato l’attentato del 15 giugno 2013: una donna kamikaze si era fatta esplodere all’università di Quetta, uccidendo 15 studentesse. Quest’anno almeno tre scuole sono state rase al suolo in attentati notturni nelle aree tribali e tre scuolabus sono stati attaccati a Peshawar. Il 9 ottobre 2012 Malala Yousufzai, allora 15enne, fu colpita alla testa da un colpo d’arma da fuoco. I taleban volevano punirla per la sua «propaganda» in favore dell’istruzione femminile. Sopravvissuta, ha ottenuto il Nobel per la pace e ieri ha commentato: «Ho il cuore infranto davanti a questo atto di terrore senza senso e a sangue freddo». La Stampa

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