esteri

Miliziano filorusso, così è stato colpito: scambiato per aereo militare

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Cercavo un paracadute, ho trovato il corpo di una bambina

"Abbiamo colpito un aereo di Kiev, ci hanno detto i nostri capi: pensavamo di affrontare i piloti ucraini atterrati con il paracadute e ci siamo imbattuti nei cadaveri dei civili". 

Comincia così la testimonianza di un miliziano filorusso al Corriere della Sera a Torez, la località ucraina in cui si è schiantato l'aereo della Malaysia airlines, che rilancia le responsabilità dei separatisti per la tragedia. Dell'uomo, il quotidiano scrive che fa parte della brigata Oplot (roccaforte), non pubblica il nome, ma la sua fotografia. Gli altri miliziani presenti alla stazione di Ternez, citati dal Corriere, raccontano invece la versione ufficiale dei filorussi, e cioè che l'abbattimento non è opera loro, che non hanno missili per abbattere un aereo a quell'altezza e che probabilmente il responsabile è un aereo di Kiev. 

Il miliziano afferma che giovedì i comandanti hanno ordinato a lui e ai suoi compagni di salire su camion con armi e munizioni poco dopo un grosso scoppio nel cielo. "Abbiamo colpito un aereo dei fascisti di Kiev, ci hanno detto", aggiungendo di fare attenzione per la possibile presenza di soldati che si sarebbero paracadutati. Arrivato sul posto ha visto un brandelli di tela e ha trovato il corpo di una bambina. "E' stato terribile" racconta. (Ansa)


«Pensavamo di combattere, invece c’erano cadaveri di civili»

«Pensavamo di dover combattere i piloti ucraini appena arrivati a terra col paracadute e invece ci siamo imbattuti in cadaveri di civili. Tanti poveri resti di corpi, assieme a valigie e bagagli che nulla avevano di militare». Sono rivelatrici le parole del miliziano dell’unità combattente «Oplot» (roccaforte) incontrato ieri a mezzogiorno sulle banchine di cemento della stazioncina ferroviaria di Torez, presso i 5 vagoni (4 frigoriferi e quello nel mezzo con i motori diesel per la refrigerazione) dove è contenuto ciò che resta dei corpi raccolti tra i campi di girasole nell’Ucraina controllata dai separatisti filorussi. Rivelatrici perché lui le pronuncia in modo chiaramente naturale, senza pensarci sopra due volte, dopo aver raccontato della visita ai cadaveri poco prima da parte degli ispettori internazionali e alla fine di una lunga conversazione in cui spiega le consegne della sua unità chiamata a fare la guardia ai vagoni. Pure, sono rivelazioni importanti nella loro innocente semplicità. In verità, potrebbero aggiungere nuove prove alla tesi che incolpa i filorussi per aver erroneamente sparato il missile assassino, pensando invece di mirare a un aereo dell’esercito di Kiev.


«Cercavo un paracadute, ho trovato il corpo di una bambina»

«Giovedì pomeriggio i nostri comandanti ci hanno ordinato di salire sui camion con armi e munizioni in quantità. Pochi minuti prima, forse dieci, avevano udito un grosso scoppio nel cielo. Abbiamo appena colpito un aereo dei fascisti di Kiev, ci hanno detto, ingiungendoci di fare attenzione per il fatto che c’erano informazioni per cui almeno una parte dell’equipaggio si era lanciato con i paracadute. Erano stati visti oggetti bianchi tra le nuvole. Forse avremmo dovuto combattere per catturarli», spiega il soldato. Ha l’ordine di non rivelare nome o grado. Nessuno lo fa tra i suoi compagni, saranno una decina sulla pensilina, il resto della «Oplot» sta di guardia tra i binari e alle porte del villaggio di Torez. Lui però dice di avere 31 anni, vive a Torez e da civile fa il minatore nella zona. Poi si fa fotografare ben contento di mostrare i sigilli appena posti ai tre vagoni dagli ispettori della Organizzazione per la Cooperazione e la Sicurezza Europea (Osce). I corpi raccolti sono 282, il quarto vagone resta aperto per raccogliere gli ultimi. Il soldato insiste nello specificare che la zona resta tranquilla. «Stiamo facendo bene il nostro mestiere. Anche i commissari europei hanno dichiarato che i corpi sono conservati in modo soddisfacente, all’interno dei vagoni la temperatura è mantenuta tra lo zero e i meno cinque gradi», esclama. Quindi prosegue nel racconto riferito al giorno della tragedia: «Con i miei soldati cercavo di individuare i paracadute sul terreno e sugli alberi. A un certo punto, ho visto brandelli di tela in una radura. Li ho sollevati e ho trovato il corpo di una bambina che avrà avuto non più di cinque anni. Il viso era rivolto verso terra. È stato terribile. Allora ho capito che quello era un aereo civile. Non militare. E questi erano tutti morti civili. Un groppo di valigie scoperchiate non ha fatto che confermare la scoperta». Da allora la «Olpot» è sempre rimasta sul luogo della tragedia. All’inizio come prima squadra di individuazione dei cadaveri, poi per fare la guardia ai rottami dell’aereo malese, infine come sentinella ai vagoni-obitorio. Eppure i suoi miliziani non sembrano avere alcun senso di colpa e contraddicono il capo fornendo la versione ufficiale. «Ovvio che non siamo stati noi ad abbattere l’aereo. Non disponiamo di missili capaci di sparare tanto in alto. Questo è un crimine commesso dai banditi che obbediscono al governo di Kiev. Facilmente è stato un loro caccia ad abbattere il Boeing delle linee aeree malesi», commentano. (Corriere)

Cari amici la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org sono da sempre il megafono dei messaggi di Francesco, la voce della grande famiglia francescana di cui fate parte.

Solo grazie al vostro sostegno e alla vostra vicinanza riusciremo ad essere il vostro punto di riferimento. Un piccolo gesto che per noi vale tanto, basta anche 1 solo euro. DONA