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Il nuovo Risiko di Erdogan e Putin

Redazione online AP
Pubblicato il 30-11--0001

LE ASPETTATIVE DI MOSCA 

Gas, Siria, e il sogno molto ambizioso di una «Grande Eurasia» guidata da Mosca, uno spazio regionale integrato dall’Iran alla Turchia che rompa l’asse, presente o futura, dei Paesi della regione con Nato e Ue. 

 

Basta guardare l’agenda di Putin di questi giorni, per capire che l’incontro di oggi a San Pietroburgo con Erdogan non serve solo a ristabilire i rapporti diplomatici ed economici Russia-Turchia dopo mesi di gelo. Ma è un segnale all’Occidente, che vuol mostrare dove tira il vento: cioè che la politica di isolare la Russia non sta funzionando. Entrambe economie in difficoltà, Ankara ai ferri corti con Usa e Ue dopo il golpe, Putin emarginato dopo la Crimea punta ad attrarre Erdogan nell’orbita russa. Da una posizione di forza, è stato il turco a chiedergli scusa, anche se Putin non l’ha ancora perdonato per il caccia abbattuto.  

 

Ieri il capo del Cremlino è volato a Baku per il primo vertice trilaterale col presidente dell’Azerbaijan Aliyev e Hassan Rouhani dall’Iran. Obiettivo: creare un nuovo «triangolo del Caspio», che non può prescindere dalla Turchia. 

 

Al centro Siria ed energia: il corridoio di trasporto internazionale Nord-Sud, (7200 Km, via Baku collegherebbe merci da India, Iran, Golfo, Russia e poi Europa settentrionale e occidentale). Putin vorrebbe «doppiarlo» con quello energetico, un gasdotto Mosca-Baku-Teheran che si oppone al corridoio Sud (Est-Ovest) da Baku alla Turchia voluto dalla Ue per ridurre la dipendenza dall’energia russa. Finora Ankara lo ha preferito al Turkish Stream con Mosca, ma ieri il Sultano con un cambio di passo, si è detto «pronto subito a compiere passi verso la realizzazione del progetto». Scopo russo è far pressione sui leader Ue perché diano il via libera a un altro gasdotto molto più importante per Mosca, il Nord Stream-2. 

In cambio, il Cremlino offre a Erdogan un inedito, quanto peregrino, patto sunnita-sciita. «Con Putin vogliamo aiutare Erdogan a creare buone condizioni e risolvere i problemi in modo che possa prendere la decisione giusta. Vale per Iraq e Siria», ha annunciato il vice degli Esteri iraniano Rahimpur. Con Mosca intanto, fa sapere Teheran, «la nostra partnership è sempre più strategica»: collaborano in Siria nel sostenere Assad, e Putin ha proposto un prestito di 2.2 miliardi di euro all’Iran e nuove centrali nucleari e termoelettriche. La Russia spera di creare una zona di libero scambio tra l’Unione economica Eurasiatica (Russia, Kazakhstan, Bielorussia, Armenia e Kirghizistan) e Teheran. E spera di coinvolgervi la Turchia. 

Ancora più difficile trovare convergenze sulla Siria. Erdogan insiste sulla cacciata di Assad, ma ora che Mosca è in vantaggio sul campo nella guerra, potrebbe convincere il Sultano a ottenere in cambio una attenuazione dell’appoggio russo ai curdi di Siria. Infine domani 10 agosto, ultima tappa della maratona diplomatica, a Mosca Putin ha invitato il presidente dell’alleata Armenia Serzh Sargsyan. Pare voglia fare da paciere per il conflitto sul Nagorno Karabakh: «Ci adopereremo per aiutare Armenia e Azerbaigian a trovare una soluzione». Soluzione impossibile senza Ankara, alleato di Baku.  

 

LE RICHIESTE DI ANKARA 

Il presidente della Repubblica turca, Recep Tayyip Erdogan, lascia per la prima volta il Paese dal golpe fallito dello scorso 15 luglio e, dato significativo, come destinazione non ha scelto né l’Unione europea, né gli Stati Uniti, ma la Russia di Vladimir Putin. Proprio ieri, all’agenzia russa Tass, il capo di Stato di Ankara ha parlato di «nuovo inizio». «Nei colloqui con il mio amico Vladimir - ha dichiarato Erdogan - credo che si aprirà una nuova pagina nelle relazioni bilaterali». Sembrano lontani anni luce le tensioni di qualche mese fa, quando il presidente turco aveva reagito con rabbia alle parole del Capo del Cremlino, che aveva accusato lui e la sua famiglia di commerciare petrolio proveniente dai territori controllati dallo Stato islamico. La visita di oggi potrebbe vedere la nascita di un nuovo asse destinato a pesare sulla geopolitica di tutta la regione.  

 

Quello che oggi planerà a San Pietroburgo è un Recep Tayyip Erdogan pieno delle migliori intenzioni, ma anche molto determinato: si presenterà al cospetto di Putin con il sorriso, ma non certo con il cappello in mano. Il Capo di Stato di Ankara sa perfettamente che il ripristino delle relazioni economiche ai livelli precedenti l’abbattimento del caccia russo dello scorso 24 novembre conviene a entrambi. Se la Mezzaluna infatti rischia un danno da quasi 10 miliardi di dollari, anche per Mosca, secondo partner commerciale della Turchia, significherebbe una boccata di ossigeno. C’è poi una proiezione comune sui mercati dell’Asia Centrale e dell’Estremo Oriente. Ankara sembra sempre più ansiosa di entrare di forza, anche per diminuire la dipendenza dall’Europa e dagli Stati Uniti, che con i loro investimenti rappresentano i maggiori finanziatori del boom economico del Paese.  

 

Ma i punti più caldi dell’incontro fra i due capi di Stato riguarda l’agenda internazionale. Il vero motivo degli ultimi dissapori fra Ankara e Mosca ha un nome solo: Siria. Più volta Vladimir Putin aveva messo in guardia Erdogan in persona dall’immischiarsi negli affari di Damasco. Il presidente turco non gli ha dato retta e oltre a non aver ottenuto la caduta di Bashar al-Assad, la destabilizzazione della Siria si è tradotta in un flusso di rifugiati sul territorio nazionale che ormai sfiora i tre milioni e che nonostante l’accordo con l’Unione europea sta creando non pochi problemi di ordine interno ed economico. Erdogan porta in dote a Putin un Paese sotto il suo stretto controllo, forze armate incluse, ma soprattutto la buona volontà di ricucire con l’ingombrante vicino. Ma, anche in questo caso, è pronto a chiedere in cambio un adeguato compenso. Sono almeno due le richieste che Erdogan metterà sul piatto in cambio di vedere Assad rimanere al suo posto. La prima è garantire l’indivisibilità del suolo siriano. Questo significherebbe impedire la formazione di una regione autonoma controllata dai curdi sul modello di quella irachena, che potrebbe dare vita a nuove rivendicazioni nella minoranza che vive sul suolo turco e che ha già molte tensioni all’attivo con il governo di Ankara. La seconda è indulgenza nei confronti del Fronte Al-Nusra, una delle realtà dell’opposizione siriana contro Assad, recentemente uscito da Al Qaeda. (LA Stampa)

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