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Cosa è rimasto dell’Occidente?

Giuseppe Scanni Splash News
Pubblicato il 30-05-2017

"LA MARAVIGLIA È FIGLIUOLA DELL’IGNORANZA"

E la parabola giunse al suo termine. Mentre l’aereo presidenziale lasciava Sigonella la domanda rimase in sospeso : cosa è rimasto dell’Occidente?

Anche la risposta rimase in sospeso, per lo meno a causa di quella definizione indeterminata, l’occidente, sostanzialmente definibile nella geopolitica solo se valutata in contrapposizione ad un altro termine vago, l’Oriente.

Ci siamo abituati a immaginare l’Occidente come l’Europa del Nord, centrale, meridionale ed atlanticacooperante, per motivi culturali economici e militari, con gli Stati del Nord America e significativamente gli USA ed il Giappone, esempio questo di intelligenza tecnologica, di produttiva ed esportabile tecnocrazia industriale.

Nell’immaginario politico abbiamo sintetizzato il mondo del G7 come la sintesi direzionale dell’economia, dello sviluppo, degli equilibri militari del pianeta, della civiltà basata sulla scienza e sulla ricerca del benessere  e della soddisfazione degli interessi individuali  a fronte di un Oriente malmostoso, insidiante, povero e ribelle, pronto a nuove invasioni barbariche, ravvivato da potenti spinte religiose, nei cui confini esistono potenze militarmente pericolose e sostanzialmente antidemocratiche.

Quell’aereo partito da Sigonella ha lasciato sulla pista la nostra idea di Occidente ed innanzitutto il sistema transatlantico finora conosciuto, che ha assicurato stabilità al mondo, superando le difficoltà grazie ad un metodo, a volte barocco ma sempre almeno minimamente efficace, di accordi tra Stati determinanti – per vari motivi- nelle rispettive aree di influenza o in settori economici e finanziari di eccellenza. 


Il G7 è stato l’anticipatore ed il realizzatore soprattutto politico della globalizzazione ,che ha provocato la crisi di vuoto democratico per la deresponsabilizzazione delle sovranità nazionali, impossibilitate con gli attuali strumenti a governare processi finanziari globali. Si è certamente sviluppato un sistema autoreferenziale che,  prescindendo da leggi e regolamenti locali, influenza e modifica la vita delle nazioni senza sostanzialmente rispondere ad indirizzi e controlli se non meramente finanziari . Tuttavia sarebbe ingeneroso dimenticare che il libero commercio ha contribuito a portare, negli ultimi venti anni, un miliardo di uomini fuori dalla soglia di povertà.

Il campione politico dell’anti liberalismo commerciale, di quello che normalmente definiamo protezionismo, Donald Trump, ovvero il presidente eletto in un paese che gode di un sistema democratico solido ed efficace, ha fatto esattamente quello che aveva promesso di fare nel suo programma elettorale : ha rinunciato all’esercizio di una leadership planetaria e si è liberato dai vincoli di un sistema multilaterale che lui ed i suoi elettori considerano dannosi per l’economia statunitense.

E stupor m’eran le cose non conte , sosteneva Dante nel XV canto del Purgatorio, che più prosaicamente Vico interpretò con la maraviglia è figliuola dell’ignoranza . Per dire che, pur comprendendo il buon lavoro svolto dal Governo italiano e dalla sua diplomazia per assicurare ogni buona possibilità di intesa, in piena sicurezza, ai potenti del mondo, non si può oggi non rilevare che quanto è accaduto era perfettamente chiaro e prevedibile.

La mancata conferenza stampa generale per la diffusione e illustrazione del documento finale non è una casualità oggettiva limitata a questo G7 , diverrà una necessità perché il G7 è, al momento, destinato a ritornare alle sue origini : un caminetto attorno al quale sedersi e in libertà esprimere le proprie opinioni.

Trump non ha avuto difficoltà a sostenere una ideale road map per superate il gender gap che limita l’accesso al lavoro di giovani e di donne , ma la correlazione tra bassa partecipazione al lavoro di categorie non favorite e stagnazione dello sviluppo è completamente all’opposto degli interventi che le politiche europee vorrebbero attuare ( anche la premier May, nonostante la Brexit, è apparsa più vicina a Germania, Francia, Italia e Giappone) ; l’invito sollecitato dal presidente francese Macron ad un “commercio libero, giusto e reciprocamente vantaggioso” è stato accolto come atto di cortesia dal  Presidente Trump, che ha confermato, dopo il ritiro dall’accordo Transpacifico e dopo la richiesta di rinegoziare l’accordo con Canada e Messico ( Nafta) , di aver messo in frigorifero l’accordo commerciale con gli europei ( Ttip). Il perché è stato spiegato da Trump e dai suoi collaboratori. La super potenza USA intende trattare con i singoli Stati, che singolarmente presi sono più deboli e non potranno opporsi alle decisioni di Washington.

L’ossessione dell’annullamento dei deficit commerciali , a cominciare da quello con la Germania ( 68 miliardi l’anno),  attraverso politiche doganali, difficilmente avranno successo . Non si supera il deficit commerciale se non si sviluppa una industria nazionale e concorrente  di qualità. Secondo la Organizzazione Mondiale del Commercio ( ed il Comitato Economico e Sociale delle Nazioni Unite) che pubblicano annualmente un Trade Performance Index,  gli Stati Uniti si collocano al trentesimo posto in quasi tutti i quattordici prodotti nei quali viene suddiviso il commercio mondiale mentre la Germania è prima per competitività in otto dei quattordici presi in considerazione. La Germania ha investito negli USA in pochi anni 255 miliardi, offre lavoro a circa 700.000 statunitensi e nonostante tutta l’attenzione della Casa Bianca all’automobile la prima esportatrice di auto dagli Stati Uniti è la BMW che le fabbrica nella Carolina del Nord.

La Storia non è mai definitiva, figuriamoci la politica. Alcune stagioni possono, però, essere più turbolente, più rischiose. La presunzione di partecipare, in un sistema complesso e variegato, ad un gioco planetario nell’estensione, ma con pochi partecipanti, può essere rischiosa e provocare , in un mondo tanto vulnerabile quale quello che ci è dato vivere, destabilizzazione, scontri armati, violenza.

Il Santo Padre, ricevendo Trump, mi sembra, abbia lasciato parlare le immagini per non aggravare i cuori; il suo collaboratore, il Segretario di Stato, dopo un’ora di colloquio con l’uomo più potente del mondo, non ha fatto trapelare un sospiro. Io penso che la più antica e sofisticata diplomazia del mondo abbia così rivolto l’invito ai singoli ed agli stati di non radicalizzare il pensiero, di superare uno stallo che altrimenti diverrà testimonianza di inconciliabilità, che i poveri, i bisognosi, i deboli,  noi tutti non potremmo sopportare senza traumi e dolori.

É venuto il tempo di usare la testa, piuttosto che i muscoli.

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