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A Mosca ucciso il leader politico dell'opposizione. Puntin: è una provocazione

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Venti anni fa era considerato la speranza e il volto della nuova Russia: bello, giovane, democratico, brillante, forse il più brillante di quella nuova generazione che doveva portare il Paese fuori dal comunismo. Impossibile immaginare allora che la sua fine sarebbe arrivata con sei colpi sparati da una macchina in corsa, poco dopo mezzanotte, sul ponte sulla Moscova che porta verso il Cremlino. Un omicidio in classico stile mafioso, che decapita l’opposizione russa alla vigilia della marcia di protesta, e lascia Mosca sotto choc. 

Il delfino di Eltsin 

Erano anni che in Russia non venivano uccisi politici: arrestati, perseguitati, incarcerati, diffamati, ridotti al silenzio, ma non uccisi per strada. Una sorte che poteva toccare agli attivisti, ai giornalisti, agli esponenti delle Ong. Ma un politico di fama internazionale come Nemzov sembrava essere garantito da questa sorte. A 55 anni era in qualche modo già un ex, dopo che gli Anni 90 l’avevano visto protagonista della breve stagione di libertà. Ricercatore di fisica, si era dato alla politica dopo Cernobil organizzando un movimento contro la centrale nucleare a Nizhny Novgorod. Pochi anni dopo la terza città della Russia l’ha eletto governatore a soli 32 anni, ed è diventata un laboratorio di riforme. Nel 1997 Nemzov viene chiamato da Mosca, dove Boris Eltsin – nonostante il governatore l’avesse sfidato raccogliendo un milione di firme contro la guerra in Cecenia – lo considera il suo delfino. In Occidente si presenta come il leader del 2000: giovane, con un inglese fluente, una preparazione intellettuale eccellente e sensibilità ai diritti umani e civili, per di più un giovane di origine ebraiche che arrivava a rompere la secolare tradizione antisemita russa.  

Negli ultimi anni Nemzov era nell’opposizione, e più che le stanze del governo frequentava le stazioni di polizia, dove veniva portato dopo le manifestazioni. Il suo primo arresto, nel 2007, aveva suscitato la protesta di cancellerie internazionali, ma da allora erano diventati ordinaria amministrazione.  

Le denunce 

Nemzov non usava eufemismi nella critica di Putin, ed era stato coautore di un libro che denunciava le ricchezze occulte del clan del presidente e stimava il patrimonio del padrone del Cremlino in 40 milioni di dollari. Era stato tra i pochi ad aver criticato senza se e senza ma l’annessione della Crimea, e la guerra in Ucraina, e la sua faccia appariva nei manifesti dei «traditori» affissi dai putiniani per le strade russe. Domani avrebbe dovuto guidare la marcia «Primavera» dell’opposizione, un tentativo di tornare in piazza sull’onda della crisi economica. Due settimane fa alla domanda di un giornalista se aveva paura di venire ucciso da Putin aveva risposto: «Sì. Un pochino. Non tanto quanto mia mamma, eppure...». Per Putin l’omicidio di un leader dell’opposizione a pochi passi dal Cremlino non è qualcosa che migliora la sua immagine, soprattutto all’estero.  


Putin: è una provocazione 

Il politico è stato ucciso mentre passeggiava con una ragazza di Kiev, e fonti della polizia non escludono anche la gelosia come movente. Ma un leader dell’opposizione con amicizie a Washington e Londra, ucciso alla vigilia del ritorno dell’opposizione in piazza, resta un omicidio politico, e il primo a riconoscerlo è stato proprio Putin. Ieri notte il presidente ha mandato le condoglianze alla famiglia Nemzov e ha promesso «controllo personale» sull’indagine: «Un crimine che ha tutte le caratteristiche di un’esecuzione, una provocazione». La Stampa

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