esteri

A dispetto delle ‘riforme’, Riyadh concede nuovi poteri alla polizia religiosa

Redazione
Pubblicato il 20-06-2019

Secondo i critici si presta a interpretazioni e applicazioni arbitrarie, che favoriscono la repressione

Un disegno di legge in fase di approvazione in Arabia Saudita, incentrato sul decoro nei luoghi pubblici, ha già sollevato feroci polemiche per il suo contenuto repressivo. Secondo i critici, infatti, esso significherebbe restituire nuovi poteri in materia repressiva alla polizia religiosa che, nell’ultimo periodo, aveva visto limitare i propri poteri e le materie di intervento in seguito a un timido programma di riforme.

In origine la norma sulla “pubblica decenza” - approvata dal governo ad aprile - doveva entrare in vigore a partire dal 25 maggio scorso; tuttavia, ad oggi non vi sono notizie certe sulla sua applicazione. Con l’intento di salvaguardare “i valori e i principi” dell’Arabia Saudita, culla dell’islam, essa prende di mira l’abbigliamento che “offende il decoro”, compresi i pantaloni corti per gli uomini, e i “graffiti” o altre forme di arte pittorica “da strada”.

I trasgressori rischiano pene pecuniarie che variano fino a 5mila riyals, poco più di 1300 dollari.

Secondo i critici la legge, per come è formulata, assume dei connotati sin troppo vaghi e si presta all’interpretazione del singolo; questo comporta che, in fase di applicazione, potrebbe determinare punizioni arbitrarie e sproporzionate. Da qui la reazione sui social e in rete, contro “il ritorno” della polizia religiosa (haia) “senza barba” come ha scritto su twitter lo studioso Sultan al-Amer.

In passato non era difficile incontrare le guardie barbute della polizia religiosa intente a pattugliare strade e centri commerciali delle principali città del Paese; fra i loro compiti quello di castigare le donne che indossavano smalti brillanti o scoperte alla guida, quando era ancora vietato. A loro era preposto il compito di far rispettare in modo rigido la segregazione fra i sessi. Tuttavia, negli ultimi anni in seguito al programma di riforme voluto dal principe ereditario Mohammed bin Salman (Mbs) hanno visto ridursi - e di molto - il loro potere di intervento.

Fra i social nel mondo arabo si moltiplicano i messaggi con l’hashtag “i pantaloncini non offendono la morale pubblica”, assieme a meme di uomini che sudano correndo su tapis roulant in abiti tradizionali larghi. Per molti analisti ed esperti questa confusione è frutto “dell’incontro fra Arabia Saudita e Singapore”. “La leadership saudita - afferma Kristin Diwan, dell’Arab Gulf States Institute di Washington - vuole minare la base islamica del potere sociale, pur mantenendo il controllo politico assoluto e l’ordine pubblico”.

“Questa [legge] è uno sforzo - osserva Ali Shihabi, fondatore del think-tank saudita Arabia Foundation - per bilanciare la pressione degli elementi conservatori della società, che accusano [il governo] di lasciare che le cose vadano fuori controllo”. Del resto le trasformazioni sociali vengono viste con “risentimento” nei quartieri conservatori e radicali, i quali invocano un maggiore controllo dello Stato nella vita pubblica (di uomini e donne).

Nel regno saudita vige una monarchia assoluta sunnita, retta da una visione wahhabita e fondamentalista dell’islam. Le riforme introdotte negli ultimi due anni da Mbs hanno toccato la sfera sociale e i diritti, fra cui il via libera per la guida alle donne e l’accesso (controllato e in apposti settori) agli stadi. Tuttavia, gli arresti di alti funzionati e imprenditori, la repressione di attivisti e voci critiche e, in ultimo, la vicenda Khashoggi gettano un’ombra sul cambiamento.

Asianews

Cari amici la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org sono da sempre il megafono dei messaggi di Francesco, la voce della grande famiglia francescana di cui fate parte.

Solo grazie al vostro sostegno e alla vostra vicinanza riusciremo ad essere il vostro punto di riferimento. Un piccolo gesto che per noi vale tanto, basta anche 1 solo euro. DONA