editoriale

EDITORIALE: SE QUESTO E' UN UOMO

Enzo Fortunato Roberto Pacilio
Pubblicato il 30-11--0001

Quando si perde il senso della propria umanità, quando si perde la capacità di amare non rimane che l'odio, la vendetta, la perdita dei valori e del senso religioso della vita

Oggi la Chiesa celebra la festa di Sant'Andrea; il nome in greco Ἀνδρέας (Andréas), deriva da ἀνήρ (anḗr), genitivo ἀνδρός (andrós), e indica l'uomo con riferimento alla sua mascolinità. Ma quello che mi interessa oggi è l'essere umano, la sua umanità. Un valore che oggi si sta smarrendo e che le cronache riportano con crudeltà e cinismo. Basti pensare a quanto accaduto a Saronno, dove un'infermiera e un medico sono accusati di 5 omicidi. Questo terribile fatto ci lascia con alcuni punti di domanda: dove può arrivare l'uomo? Dove arriva la sua disumanità? Può una madre chiedere al suo amante cosa deve farne dei propri figli?

Mi aiuta in questa riflessione il titolo del romanzo di Primo Levi: "Se questo e' un uomo". Un'opera memorialistica scritta tra il dicembre 1945 ed il gennaio 1947 che rappresenta la testimonianza di quanto vissuto dall'autore nel campo di concentramento di Auschwitz che evidenzia la deriva dell'essere umano.

Quando si perde il senso della propria umanità, quando si perde la capacità di amare non rimane che l'odio, la vendetta, la perdita dei valori e del senso religioso della vita.
Andrea, fratello di Pietro, tra i primi discepoli chiamati da Gesù a diventare "pescatori di uomini" mi fa gridare da questo Colle del Paradiso che è Assisi: facciamoci testimoni di un'umanità coinvolgente e accogliente per far nascere nel nostro cuore e nel cuore di ogni uomo la bellezza della propria esistenza che non uccide ma difende la vita.

La domanda che ci possiamo  porre, per iniziare questo cammino, è quella che Francesco d'Assisi faceva a se stesso: «Chi se’ tu, o dolcissimo Iddio mio? Che sono io, vilissimo vermine e disutile servo tuo?» (FF 1915).

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