cultura

In nome di quale Dio

Redazione
Pubblicato il 30-11--0001

Deponete questi strumenti di morte, armatevi di giustizia, amore, misericordia, autentiche garanzie di pace

Nell’opera pittorica Il Santo caccia i demoni da Arezzo, s’intravede San Francesco nell’atto di cacciare via degli spiriti malvagi dalla cittadina toscana. L’opera, che trae ispirazione da un episodio narrato nella Legenda Maior di San Bonaventura (composta dal 1260 al 1263), richiama all’entrata di San Francesco nella città di Arezzo, turbata dal malcontento dei cittadini in lotta tra di loro e movimentata – proprio lì sopra le mura dell’antico borgo – da una schiera di demoni esultanti alla vista di cotanta violenza. San Francesco, consapevole in cuor suo che proprio quei malvagi erano alla radice di un siffatto turbamento, fa giungere il suo compagno Silvestro – anch’egli umile e semplice nei gesti e nelle parole – alle porte della città, affinché per conto di Dio comandasse a quegli “spiriti del male” di allontanarsi dal luogo in cui erano entrati. Frate Silvestro, con animo fervido e ubbidiente, segue senza indugio la preghiera di San Francesco, scacciando i demoni dalla città e riportando pace e armonia tra tutti gli abitanti del posto. Il Santo incomincia allora a lodare Dio, poiché Silvestro, per virtù di umiltà e deferenza, era riuscito a respingere l’infamia e la superbia di quei malvagi che avevano assediato il gentil borgo di Toscana.

La leggenda di San Bonaventura, dipinta con pennello e vivacità di colori sopra la parete settentrionale della navata nella Basilica Superiore di San Francesco, mostra il valore edificante dell’arte che s’innalza molto spesso a paradigma dell’esistenza umana nella quale si riflettono vicende quotidiane, cronache di vita, disagi esistenziali e, non di meno, sentimenti di paura, di angoscia e di fragilità dinnanzi allo scenario crudo di un mondo dove hanno perfino dimora uomini crudeli e privi di rispetto per qualsiasi essere vivente.

Dopo i fatti sanguinosi consumatesi in uno dei luoghi più belli della Terra, è quasi un dovere ricordare il lungo sermone di Papa Francesco nel quale domina anzitutto la profonda avversione a qualsivoglia forma di ostilità e di vendetta, nonché di violenza, perpetrata in nome di una religione o di un Dio che non è certo un Dio d’amore. In un’epoca così drammatica, qual è quella che viviamo, sarebbe d’obbligo ristabilire quei principi di libertà e di fratellanza, di uguaglianza e di concordia, dai quali nessun uomo dovrebbe mai separarsi. Ciascuno di noi è chiamato, sulle gesta esemplari di San Silvestro, a spegnere focolai di odio e di malvagità facendosi quindi messaggero di pace. Una pace fondata sulla giustizia, e non sulle armi, che sono solo macchine da guerra.


«Deponete questi strumenti di morte, armatevi di giustizia, amore, misericordia, autentiche garanzie di pace» – ha gridato da poco e a gran voce Papa Francesco. Sulla diversità del mondo ch’è, nel contempo, un’autentica ricchezza per chi sa accoglierla con serenità e sollecitudine, si può costruire un mondo migliore. Si deve avere il coraggio di vincere il male con il bene, perché Dio vince su tutto, anche di fronte a quegli accadimenti che a volte ci tolgono la fede e addirittura l’amore. Però non bisogna cedere. Perché se Dio è con noi, nessuna forza del male sarà mai vincitrice.

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