cronaca

Stremati e in fuga dalla furia dell’Isis. Sparavano alle statue di Gesù

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

I vecchi camminano piano. Si muovono impacciati, le gambe gonfie, i piedi sanguinanti con le vesciche già infette e le unghie rotte. «Ci hanno rubato tutto. Tutti i risparmi di una vita. Io avevo nascosto 40 mila dollari. Non ho più nulla», dice un settantenne mostrando i 25 mila dinari (più o meno 20 dollari) che è riuscito a nascondere sotto la cintura. Sono indifesi, stupefatti, distrutti da tanta fatica. Commuovono più che i bambini. Perché i bambini dopo pochi minuti di riposo sono già arzilli, gli occhi vivi, disposti a giocare anche tra le tende dei campi Onu, il sorriso pronto per una bottiglia d’acqua fresca. I vecchi no. I vecchi sono come svuotati. Tutta la loro esistenza, i loro risparmi, le loro memorie, i loro sogni di quando erano giovani, stanno nelle case che sono stati costretti ad abbandonare, nei loro villaggi devastati dalla guerra, nell’umiliazione di essere stati derubati di tutto, anche della chiesa dove pregare e del cimitero dove per decenni erano certi sarebbero stati sepolti.

I racconti

«Hanno rapito la figlia di cinque anni del mio vicino di casa che è cieco. Si chiama Khader Azo Abado, ha 60 anni e sua moglie è inferma. Non sono potuti partire da Qaraqosh a causa dei loro handicap fisici. Allora i criminali delle milizie sunnite si sono presi la bambina. È avvenuto ieri. Nessuno ha potuto fare nulla. Adesso sono loro due soli, so che cercavano di arrivare al fiume. Ma certo non potranno attraversarlo», dice il 74enne Shammu Elias Yaqub. Così raccontano. Parole stanche, strascicate, rallentate dal caldo, dalla mancanza di sonno. Viene da chiedersi cosa abbia spinto le squadracce del Califfato di Mosul tre giorni fa a lanciare l’ultimatum ai cristiani rimasti intrappolati nei villaggi della zona di Qaraqosh: entro ieri mattina dovevano convertirsi oppure partire. Sapevamo della loro esistenza. Due settimane fa le decine di migliaia di cristiani sfollati a Erbil avevano raccontato che «alcuni vecchi e infermi» non erano scappati.

Esausti

Ieri (venerdì 22 agosto, ndr) verso le due del pomeriggio ci trovavamo con i militari curdi sul fronte di Khazer, a metà strada tra Mosul ed Erbil, quando è arrivato padre Zakharia Aiwas, 54enne prete della chiesa siriaca ortodossa di Mosul, annunciando che un’ottantina dei suoi parrocchiani stavano per giungere esausti al posto di blocco. Un’ora dopo, ecco i primi cinque: Shirin Ablahad, 71 anni, con il marito Zacharia Nissan, di 75; oltre a Sami Georghes di 67, Habib Aziz Saman di 75 e il 55enne Fuad Isha, rimasto per assistere la mamma inferma che ora non sa più dove sia. Dietro ne stanno arrivando altri. Tanti si sono fermati sulla strada, attendono la frescura della notte. Fa caldo a metà giornata, il termometro sfiora i 48 gradi, c’è un vento polveroso che soffia da meridione.

«Hanno sparato alle statue di Gesù»

«È stupefacente quanto siano giovani i soldati delle milizie sunnite. La maggioranza ha tra i 16 e 20 anni. Sono venuti tutti i giorni dal 7 agosto a dirci che dovevamo convertirci. Hanno imbrattato i muri con slogan inneggianti all’Islam. Hanno sparato alle statue di Gesù e della Madonna nelle basiliche. Spezzano le croci. Le chiese le trasformano in moschee, oppure in bivacchi. Infine hanno detto che erano pronti alcuni autobus per portarci sino al fiume, dove c’è il ponte bombardato. Prima però ci hanno rubato tutto, assolutamente tutto. Non ho potuto neppure prendere la mia carta d’identità. Oggi si è attraversato il fiume con l’acqua alla vita, quindi abbiamo camminato quattro ore sull’asfalto per percorrere la decina di chilometri sino alle linee curde», spiega Fuad Isha.

Rubati gli animali

Zacharia Nissan piange le sue 552 pecore e soprattutto la mucca comprata in Polonia. «Avevo speso una fortuna, produce 54 litri di latte al giorno. Non ero partito per continuare a curare i miei animali, ora se li prenderanno, comunque moriranno», dice con gli occhi lucidi. Mishaq Hindi, 54enne perpetua della basilica assira, conferma che a Mosul è stato creato il «mercato delle donne rubate agli yazidi». «Le vendono come schiave per prezzi che variano dai 50 a 250 dollari, sono oltre 2 mila, per lo più ragazze giovani». Eppure si rifiuta di condannare in toto l’Islam e gli arabi. «Sapete bene che ci sono stati alcuni arabi sunniti che ci hanno aiutato», dice rivolgendosi a due altri anziani appena arrivati. Loro annuiscono. Ma poco importa. Cercano solo ombra e un materasso dove dormire.(Corriere)

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