Delitto di Garlasco, oggi la sentenza. Ecco su cosa si baserà il processo
«Questi giudici hanno lavorato tanto. Ed è uscito tanto. Vedremo, speriamo. Lo dico da mamma». In sette anni di calvario giudiziario e di pressione anche mediatica incessante la signora Rita, la madre di Chiara Poggi, al pari del marito ha sempre mantenuto un atteggiamento esemplare: mai una parola fuori posto, mai un’espressione sopra le righe, anche nei momenti più duri. Ha sempre preferito evitare di commentare l’andamento del processo che vede Alberto Stasi, il fidanzato di sua figlia, quello che oggi poteva essere suo genero e il padre dei suoi nipotini, imputato di averla uccisa in quel modo feroce.
Ma stavolta, in questa nuova vigilia di una verità possibile, forse è diverso e tra le sue parole si affaccia un pizzico di ottimismo in più. La sentenza che pronuncerà oggi la prima Corte d’assise d’appello di Milano, dopo la doppia assoluzione annullata dalla Cassazione, potrebbe essere quella definitiva. Qualsiasi sia il verdetto non mancheranno nuovi ricorsi, ma un altro annullamento con rinvio sembra difficile da immaginare.
«Hanno lavorato tanto»
Mamma Rita, che ha assistito a tutte e tredici le udienze dal primo all’ultimo minuto, è fiduciosa e ripete: «Spero che finalmente mia figlia abbia giustizia. Quella giustizia che dopo oltre sette anni merita». Si rende conto che il passaggio è cruciale: «L’attesa e l’ansia della vigilia ci sono sempre. Ogni volta è così e stavolta anche di più. Noi saremo là, in aula, come abbiamo sempre fatto, ad aspettare una parola di verità». Nel merito, ancora una volta, non vuole entrare, ma un po’ si sbilancia e ripete con un filo di voce: «Da questo processo è uscito tanto».
La Cassazione
In effetti gli elementi contro Stasi sembrano rimasti intatti e anzi quasi tutti rafforzati da quanto è emerso dalle due nuove perizie, dai sette testimoni sentiti o risentiti in aula, dalle consulenze tecniche raccolte dal sostituto procuratore generale Laura Barbaini, che durante l’estate ha sguinzagliato carabinieri e finanza a rileggere tutte le carte per cercare d’integrare ogni risvolto di un’inchiesta segnata fin dall’inizio dai troppi errori degli inquirenti. Soprattutto gli indizi, anche quelli che già prima c’erano ma non sono stati ritenuti «né gravi né precisi» perché c’era sempre una spiegazione alternativa da contrapporre, vanno rivalutati in un quadro unitario e non in maniera isolata come si era fatto nei primi due processi: così ha ordinato la Cassazione.
I nuovi indizi
La Corte presieduta da Barbara Bellerio non ha lasciato nulla d’intentato per approfondire ogni aspetto, nei limiti di quanto è possibile dopo sette anni, quando certi elementi sono ormai irrimediabilmente dispersi e i reperti si sono in parte degradati. La difesa ha ribattuto punto su punto: sul braccio di Alberto non c’era alcun graffio, i pedali della bici non sono stati mai sostituiti, le scarpe potevano essere pulite perché il sangue secco non lascia tracce. E ha ripetuto: «Anche noi vogliamo giustizia per Chiara, ma non un colpevole a ogni costo. Le indagini hanno trascurato tutte le piste alternative». Stamattina le ultime schermaglie con le repliche, poi la Corte entrerà in camera di consiglio. La Stampa
Cari amici la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org sono da sempre il megafono dei messaggi di Francesco, la voce della grande famiglia francescana di cui fate parte.
Solo grazie al vostro sostegno e alla vostra vicinanza riusciremo ad essere il vostro punto di riferimento. Un piccolo gesto che per noi vale tanto, basta anche 1 solo euro. DONA