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Wwf: per lo stile di vita italiano servono 2,6 pianeti come la Terra

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Da una parte ci stiamo allargando (nel 2100 le previsioni dicono che saremo in 11 miliardi di persone), dall’altra stiamo riducendo le popolazioni animali (negli ultimi 40 anni i vertebrati sono diminuiti del 52%). Il risultato è che per mantenere lo stile di vita italiano servono 2,6 pianeti come la Terra. Che - ovviamente - non abbiamo. «La nostra è una chiamata urgente all’azione, non possiamo più aspettare», è l’appello lanciato da Donatella Bianchi, presidente del Wwf Italia, alla presentazione alla Triennale di Milano del rapporto 2014 Living Planet, la decima edizione della pubblicazione edita ogni due anni dall’associazione del panda e che Corriere.it è in grado di illustrare in anteprima.

Lo stato del pianeta

Ricchissimo di dati e infografiche, il rapporto che ha come sottotitolo «Specie e spazi, gente e luoghi», esamina lo stato del nostro pianeta e in particolare analizza le popolazioni di oltre 10 mila specie di vertebrati utilizzando il Living Planet Index – un database realizzato dalla Zoological Society di Londra con una metodologia aggiornata per meglio evidenziare la biodiversità globale. Il rapporto misura inoltre l’impronta ecologica umana predisposta dal Global Footprint Network. Ma il Wwf non si limita a «puntare il dito», indicando semplicemente quello che non funziona, ma avanza proposte e metodologie per invertire la rotta. «È necessario agire subito in tutti i settori della società per costruire un futuro più sostenibile», aggiunge Bianchi.

Il crollo delle specie di acqua dolce

Il declino delle specie viventi, si diceva. Secondo il Wwf dal 1970 al 2010 le popolazioni di pesci, uccelli, mammiferi, anfibi e rettili sono diminuite del 52%. Chi ha sofferto maggiormente sono le specie di acqua dolce (in particolare delle regioni tropicali dell’America Latina) crollate del 72%, una diminuzione quasi doppia rispetto a quella già allarmante delle specie terrestri e marine (-39%).

Le cause

Quali le principali cause delle perdita di biodiversità? Non una sola prevalente, ma il mix dovuto alla perdita di habitat e il degrado degli habitat stessi, alle quali si aggiungono pesca (l’overfishing, cioè il sovrasfruttamento delle risorse ittiche), caccia (con il bracconaggio delle specie più a rischio come elefanti, rinoceronti e tigri) e il cambiamento climatico che provoca, per esempio, l’acidificazione dei mari e degli oceani. «È allarmante il livello raggiunto dalla perdita di biodiversità e i danni provocati agli ecosistemi essenziali per la nostra vita», spiega Gianfranco Bologna, direttore scientifico del WWF Italia. «Questi danni, però, non sono inevitabili ma costituiscono una conseguenza del modo che abbiamo scelto di vivere». Se tutta la popolazione del mondo volesse vivere nello stesso modo di un cittadino italiano (o tedesco o britannico) servirebbero 2,6 pianeti. Per limitarsi al Paesi Ue, se si vivesse come i danesi di Terre ne servirebbero 4,3.

Soluzioni

Living Planet Report 2014 evidenzia come le aree protette gestite efficacemente siano in grado di avere un ruolo molto importante per salvaguardare la fauna selvatica. Ad esempio in Nepal, grazie a attività concrete di conservazione si è verificato un incremento della popolazione di tigri in questi ultimi anni. Nel complesso, le popolazioni animali nelle aree protette in ambienti terrestri soffrono meno della metà del tasso di declino presente nelle aree non protette.


La connessione con Expo

L’edizione italiana del rapporto è stata presentata a Milano, che il prossimo anno ospiterà Expo 2015 sul tema Nutrire il pianeta. Energia per la vita. In sostanza: come fornire cibo a una popolazione in aumento senza andare a occupare gli habitat delle specie animali, quindi a intaccare ulteriormente la biodiversità? «In un momento in cui tante persone vivono ancora in condizioni di povertà, è essenziale lavorare insieme per creare soluzioni che funzionano per tutti», sottolinea Marco Lambertini, direttore generale del Wwf Internazionale. Il rapporto 2014 è quindi una base importante sulla quale costruire le soluzioni che non possono essere più differite, come ha riconosciuto il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina nel suo intervento video alla presentazione. A meno di non andare in giro nella galassia per trovare il pianeta e mezzo che ci manca per proseguire in uno stile di vita non più sostenibile. (Corriere)

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