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Viaggio nei lavori-vocazione per la Giornata del malato 2019: il medico di base

Antonio Tarallo
Pubblicato il 11-02-2019

Tutti i lavori, si sa, sono importanti. Ma alcuni, sicuramente di più. Forse perché corrispondono a vere e proprie vocazioni. Vocazione, chiamata. Una chiamata al servizio del prossimo, della società stessa. La tv, prima di tutto, ma – in fondo – quasi tutti i mezzi di comunicazione, molte volte ci presentano figure di “insigni professori” di questa o quella specifica branchia della medicina, di questo o quel tale istituto plurifamoso istituto, ma molte volte difficilmente mettono in luce chi – giornalmente e, molte volte, con vero e proprio spirito di sacrificio e dedizione – si trova “dietro le quinte” (diciamo così) del sistema-Sanità-Salute, e che invece sono “attori” (nel senso latino del termine, di “actum”, agire) fondamentali per la società.


E soprattutto, per chi deve confrontarsi con la malattia. Stiamo parlando dei cosiddetti “medici di base”, o “di famiglia”. Volti, persone, sentimenti che devono rapportarsi quotidianamente con la sofferenza, con i problemi di salute, di milioni e milioni di persone. Punti di riferimento per giovani e anziani, non c’è distinzione che tenga.   I “medici di famiglia” rappresentano – da sempre – nella Storia, e nella Sociologia, i primi dottori a cui il malato si rivolge. E tutto questo, non è semplice letteratura. Può bastare semplicemente entrare in uno studio medico per rendersene conto. E proprio in uno di questi studi, troviamo dottori come Conny De Stefano che, con viva passione e dedizione, vive quotidianamente sulla propria pelle quel famoso giuramento che segna la vita di ogni medico. Dal 1988 ha prestato giuramento a Ippocrate, e dal 1995 è impegnata nella professione di “medico di famiglia”. A lei, “San Francesco, patrono d’Italia”, ha rivolto alcune domande sulla sua professione, e – in questa “Giornata del malato 2019” – le risposte che gentilmente ci ha concesso, si caricano di un significato ancor più profondo.

Il malato, prima di tutto, Dottoressa De Stefano. Lei lo ascolta, ascolta i suoi problemi e certamente non è cosa sempre facile il rapportarsi con questi. Cosa prova la donna Conny, nel momento in cui riesce a “sconfiggere”, nei casi positivi, il “male”?

La prima cosa che penso è semplicemente di aver fatto il mio dovere. Di aver fatto qualcosa di giusto. In questa situazione, il medico Conny e la donna Conny sono la stessa cosa perché c’è sempre una fusione fra queste due figure. Ritengo che siano comunque imprescindibili. Il dottore entra sempre nella donna, la donna entra sempre nel medico.

E cosa prova quando dopo aver provato tutto…invece…

Anche in questo caso i sentimenti sono molto umani, non tanto professionali. Un grande dolore, una grande tristezza comunque. E anche in questa situazione l’unica consolazione che ho – che è poi il sentimento predominante – è quello di aver fatto tutto il possibile. Pur mantenendo fermo il concetto di un grande e profondo rispetto per la morte e la malattia…alcune cose sono inevitabili, purtroppo. Certo, una sensazione di sconfitta c’è. E questo sentimento viene solamente lenito dalla convinzione di aver fatto tutto il possibile…

C’è un problema oggettivo nel nostro Oggi. Le cure hanno bisogno volte di tanto denaro. E molte, sono le persone che non riescono a potersi curare. Quali possibili vie, allora, per cercare un nuovo modo di affrontare questo problema?

Il problema esiste, da sempre, purtroppo. E da questo problema sono cresciute alcune situazioni molto spiacevoli, come purtroppo la mercanzia della salute. C’è un gioco al ribasso, troppi interessi che girano…non sempre i farmaci più costosi sono i migliori. I farmaci vengono somministrati sulla scorta della spinta dell’informazione farmaceutica. Problemi vastissimi! La via, credo, sia quella di tornare un pochino indietro, quello di ritornare alle cure naturali. Per fare questo, necessario un lavoro di educazione del paziente.  Nessuno ci ha mai assicurato che avremmo goduto di ottima salute, nessuno ci assicura che una cosa rotta possa ritornare perfettamente funzionante. Credo ci sia bisogno un po’ di umiltà nella capacità di discernere quali siano i problemi davvero importanti e quali meno. In merito, una sorta di confusione, oggi, c’è. E se c’è, è stata procurata ad arte, forse, per poter fare maggiore mercato della medicina.

Una recente indagine vede sempre di più la scomparsa della figura del “medico di base”. Questo Mondo, le nuove generazioni si stanno, forse, disabituando al contatto umano? Può essere questo un motivo di tale carenza?

Il problema della carenza dei dottori di famiglia è dovuto in parte a una volontà politica. Con il nuovo ordinamento universitario, un giovane quando è laureato in medicina ha la possibilità di svolgere una specializzazione retribuita e poi anche la possibilità di svolgere un corso di formazione in medicina generale. Ora, i posti per “Medicina generale” sono stati molto in meno rispetto alle specialistiche, e non si comprende il perché i medici che intraprendano il corso di medicina generale percepiscono solo 900 euro mensili, mentre per chi frequenta una specialistica, spettano 1800 euro. Questo, potrebbe essere già un motivo per cui la medicina generale è stata accantonata. La si vuole accantonare forse per un problema di costi, quando invece io credo che la figura del medico di base dovrebbe essere valutata maggiormente. Il know-how che può avere una persona che segue nel tempo un paziente sicuramente potrebbe portare una contrazione della spesa sanitaria stessa. Esempio: se vado in un pronto soccorso, il medico che mi accoglie non sa assolutamente nulla di me, e quindi per un problema medico-legale è costretto a fare delle indagini per avere un quadro completo della situazione. Mentre io, in qualità di medico di base – che magari sto seguendo da anni il paziente – lo seguo, e quindi, ho quella possibilità di sapere “la storia del paziente”. Un più dettagliato quadro della situazione. Il problema, di sicuro, dovrà essere risolto, perché comunque tutti gli specialisti che si sono formati in questi anni non avranno, certo, la possibilità di accedere in ospedale come specialista.  Forse, molto probabilmente, prenderanno il posto dei medici di famiglia che – per raggiunti limiti di età – stanno abbandonando la professione.


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