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Verso Assisi. Le parole fanno le cose

Valerio Cataldi Freepik
Pubblicato il 16-09-2018

Con le parole si fanno le cose, le parole diventano cose quando vengono pronunciate o scritte. Non è semplice descrizione, semplice cronaca. La scelta delle parole da forma al racconto, lo rende visibile, diventa contenuto.

È questa la responsabilità di chi scrive e racconta. Giornalisti e professionisti della comunicazione, innanzitutto, ma non solo.

La parola clandestino è un esempio lampante di come si riesce a trasformare una notizia e a dare connotato negativo ad una persona stabilendo a priori che si muova di nascosto, al buio, come una minaccia costante alla nostra sicurezza.

Sembra un concetto banale, ma proprio il ritorno prepotente dell'uso scorretto di questa parola, anche e soprattutto nel linguaggio istituzionale, dimostra che non lo è affatto.

Quest'anno è iniziato con una campagna elettorale feroce che più di altre ha contribuito all'incattivirsi del linguaggio ed all'assuefazione, nell'uso e nell'ascolto, di parole e concetti violenti. Le parole fanno cose e diventano cose, si trasformano sempre più facilmente in azione. Se sono parole violente diventano atti violenti e se non diamo la giusta importanza alle parole non riusciremo a dare giusta importanza neanche agli atti che ne sono diretta conseguenza.

È una battaglia che dobbiamo combattere con sempre maggiore intensità e fermezza. Una battaglia che ci impone di unire le forze e fare fronte comune, diventare argine collettivo al dilagare dell'odio nelle parole e nei fatti.

L'associazione Carta di Roma nasce con questo obiettivo: combattere l'uso scorretto delle parole, che sembra una banalità assoluta, ma che, ripeto, banale non è affatto.

Ad ottobre ci prepariamo a disegnare i contorni di questa battaglia sempre più necessaria. Il cammino ci porta verso Assisi verso la definizione e la condivisione del Manifesto di Assisi che ha il merito di aprire al web, e quindi a tutti anche a chi non è un professionista dell'informazione, la riflessione sulla relazione che c'è tra parole e odio.

È necessario ed urgente riportare in primo piano parole chiave come rispettoveritàgiustizia per arginare il dilagare dell'odio che si nutre di false notizie, che si nutrono di odio, in un circolo perverso e devastante.

Non si tratta certo di limitare la libertà di espressione, al contrario si tratta di contrastare chi semina odio e innesca conflitti utilizzando l'articolo 21 della costituzione come fosse una lasciapassare per infrangere la legge, commettere reati, istigare all'odio ed al razzismo.

I limiti per stabilire cosa è lecito e cosa non lo è sono già scritti: nella Carta Costituzionale innanzitutto.

Quello che è necessario fare, come dice Roberto Natale, è “ragionare sulle parole per ragionare sul modello di convivenza che vogliamo”. Disegnare una comunità con principi condivisi fondati sul rispetto, sulla verità, sulla giustizia. È una responsabilità collettiva alla quale non possiamo e non dobbiamo sottrarci.

Ed in questa ri-costruzione il ruolo del giornalismo è centrale. È fondamentale ragionare sulle parole e sugli effetti che producono, come è essenziale smettere di accettare e assecondare una comunicazione politica senza mediazione giornalistica, senza domande.

Il cammino verso Assisi, per quanto riguarda Carta di Roma passa attraverso una tappa importante, il 2 ottobre il lancio delle nuove linee guida del codice deontologico su migranti, rifugiati, richiedenti asilo e vittime di tratta. Lo presentiamo alla vigilia del quinto anniversario del naufragio di Lampedusa e giornata della memoria delle vittime delle migrazioni. Una tappa del cammino che ci porta verso Assisi e che ci spinge ad interrogarci su quanto le nostre parole, o i nostri silenzi, possano renderci complici della costruzione di questo clima sempre più intollerante, sempre più violento, sempre più irrespirabile

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