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Unicef: entro 2030 potrebbero morire 69 milioni di bambini

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Iacomini: Dobbiamo investire adesso per questi bambini sull’istruzione

Entro il 2030, senza interventi adeguati, 69 milioni di bambini con meno di 5 anni moriranno per cause prevedibili. Lo denuncia l’annuale Rapporto dell’Unicef sull'infanzia. Secondo le analisi, tra 15 anni saranno 167 milioni i piccoli costretti a vivere in povertà; 750 milioni di bambine avranno contratto matrimonio; oltre 60 milioni di bambini in età scolare saranno esclusi dall'istruzione primaria. Massimiliano Menichetti ha intervistato Andrea Iacomini portavoce di Unicef Italia:

R. – Sono dati certamente allarmanti! Esiste un numero di bambini molto ampio di poveri, che hanno il doppio delle probabilità rispetto a quelli più ricchi di morire prima del quinto compleanno o comunque di soffrire di malnutrizione cronica. Pensiamo, per esempio, ai bambini nati in Sierra Leone, che hanno trenta volte più possibilità di morire sotto ai cinque anni, sempre rispetto ad un bambino del Regno Unito; oppure alle gravi condizioni in cui vive l’Africa Sub-Sahariana, che è poi l’area del mondo in cui si concentra questo Rapporto. In queste zone, se le tendenze continueranno, nell’Africa Sub-Sahariana avremo la metà delle morti per cause prevedibili all’interno dei 69 milioni di bambini di cui abbiamo parlato; oltre la metà dei 60 milioni di bambini che, in età di scuola primaria, non frequenterà le scuole… Quindi diciamo che di tutte le cifre che abbiamo enunciato in questo Rapporto, la metà si trovano a vivere n Africa Sub-Sahariana: 9 bambini su 10, in quell’area, se non interveniamo, vivranno in condizioni di povertà estrema.

D. – Sono previsioni preoccupanti! La sfida è tutta a far sì che non si verifichino questi numeri…

R. – Dobbiamo investire adesso per questi bambini sull’istruzione, secondo lavorare per maggiori investimenti nella cooperazione internazionale e quindi aiuti, programmi che riguardano la malnutrizione e programmi che riguardano le vaccinazioni, che ancora non sono state terminate, anche se abbiamo vaccinato e salvato l’80% dei bambini in queste aree di crisi. E poi bisogna ridurre le diseguaglianze e quindi togliere dalla povertà gran parte della popolazione di questi Paesi.

D. – Tanti sono i fronti difficili, molto però è stato realizzato…

R. – Sono stati fatti passi molto importanti e molti progressi per salvare le vite dei bambini: li abbiamo riportati a scuola, li abbiamo aiutati ad uscire dalla povertà. Non dimentichiamo che il tasso di mortalità infantile sotto i 5 anni dal ’90 si è più che dimezzato… Ci sono circa 129 Paesi in cui lo stesso numero di bambini e bambine frequentano la scuola primaria. E poi un dato importante: rispetto agli anni Novanta, a livello globale, il numero delle persone che vivono nella povertà estrema si è ridotto della metà.

D. – Lo ricordiamo: le privazioni accadono spesso in scenari di guerra, tanti sono i conflitti nel mondo ed è importante anche lavorare su questo fronte…

R. – L’emergenza umanitaria e le crisi interrompono purtroppo l’istruzione e uccidono: abbiamo 17 milioni di bambini rifigurati, sfollati o che di fatto si trovano all’interno di popolazioni a rischio e questo riguarda specialmente le  bambine. Pensiamo alle situazioni che ci sono in Nigeria, che vivono ogni giorno il dramma di Boko Haram e delle tante bambine rapite. Pensiamo anche a quello che accade nello Yemen, che vede oltre mille bambini uccise dall’inizio dell’anno. E non dimentichiamo le condizioni che ci sono nella Repubblicana Centrafricana, in Iraq, in Siria, dove ci sono delle guerre che durano da anni e che portano bambini fuori dall’istruzione e ridotti in condizioni di privazioni totali. Tutti questi contesti naturalmente aggravano il quadro che noi abbiamo fatto. (Radio Vaticana)

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