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Una suora francescana rettore magnifico di una Università Pontificia.

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

PER LA PRIMA VOLTA NELLA STORIA DELLA CHIESA È UNA DONNA A SALIRE IN CARICA

E’ stata la prima donna professore stabile presso la facoltà di Teologia della Pontificia università Antonianum, l’ateneo romano dei francescani, la prima donna ad assumere l’incarico di decano, equivalente al titolo di preside, e ora, nell’era di Jorge Mario Bergoglio, è la prima donna che diventa rettore di una università pontificia della città eterna. La francescana Mary Melone, grande esperta di sant’Antonio da Padova, è stata nominata ai vertici dell’ateneo dalla congregazione per l’Educazione cattolica guidata dal cardinale Zenon Grocholewski per il triennio 2014-2017.


Nata a La Spezia nel 1964, Mary (Maria Domenica al secolo) Melone, dopo aver preso la maturità classica, è entrata a far parte della congregazione delle suore francescane angeline, dove emette la professione temporanea nel 1986 e quella perpetua nel 1991. Nel 1992 si laurea in pedagogia, indirizzo filosofico, alla Libera università Maria santissima assunta, con una tesi su “Corporeità ed intersoggettività in Gabriel Marcel”. Si dedica poi allo studio della teologia all’Antonianum, dove aveva già studiato dal 1983 al 1987, e consegue prima la laurea, nel 1996, e poi il dottorato, con tesi su “Lo Spirito santo nel De Trinitate di Riccardo di San Vittore” pubblicata nel 2001. Professore straordinario nella facoltà di Teologia per la cattedra di teologia trinitaria e pneumatologia, dal 2002 al 2008 è stata preside dell’Istituto superiore di Scienze religiose “Redemptor Hominis”, nel 2011 è stata eletta (da un collegio maschile) decano di Teologia. E’ presidente della Società italiana per la ricerca teologica (Sirt). Oltre ad articoli e saggi comparsi su miscellanee e riviste – Antonianum, Doctor Seraphicus, Freiburger Zeitschrift für Philosophie und Theologie, Italia francescana, Quaderni di spiritualità francescana, Ricerche teologiche, Studi francescani, Theotokos – ha curato per le Edizioni Paoline i volumi di Riccardo di San Vittore (La preparazione dell’anima alla contemplazione: Beniamino minore) e sant’Antonio di Padova (Camminare nella luce: sermoni scelti per l’anno liturgico).

“La comunità accademica formula al nuovo Rettore Magnifico, prof.ssa Mary Melone, gli auguri di un proficuo lavoro a favore della Pontificia università Antonianum”, si legge in una nota dell’ateneo di via Merulana, “e ringrazia il prof. Martin Carbajo Nunez per l’impegno profuso come Rettore Magnifico facente funzioni”.


“Non sono per questo tipo di etichette, teologia al femminile”, affermava suor Melone in un’intervista all’Osservatore Romano pubblicata in occasione della sua elezione a decano di Teologia. “E soprattutto non sono per le contrapposizioni, pur non ignorando che forse in passato c’è stato motivo per la contrapposizione. Forse anche nel presente, non lo so. Sicuramente lo spazio alle donne deve essere maggiormente garantito. Parlare di teologia al femminile non risponde proprio alla mia visione: c’è solo la teologia. La teologia come ricerca, come sguardo rivolto al mistero, come riflessione su questo mistero. Ma proprio perché tale va fatta con sensibilità diverse, questo sì. Il modo di accostarsi al mistero, il modo con cui una donna riflette su questo mistero che si dà, che si rivela, è sicuramente diverso da quello di un uomo. Ma non per contrapposizione. Io credo nella teologia, e credo che la teologia fatta da una donna sia propria di una donna. Diversa, ma senza la rivendicazione. Altrimenti mi sembra quasi di strumentalizzare la teologia, che invece è un campo che richiede l’onestà di chi si mette di fronte al mistero”. Quanto al ruolo delle donne nella Chiesa, “certamente lo sguardo non può essere commisurato sui tempi che la Chiesa ha, che sono tempi che riflettono una maturazione del pensiero avvenuta in centinaia di anni”, affermava sempre nell’intervista del 2011. “Però secondo me lo spazio nuovo c’è ed è reale. E credo anche che sia irreversibile, nel senso che non è una concessione, ma un segno dei tempi da cui non c’è ritorno. Non è un far finta. Credo che questo dipenda molto anche da noi donne. Siamo noi che dovremmo cominciare. La donna non può misurare lo spazio che ha nella Chiesa su quello dell’uomo: abbiamo un nostro spazio che non è né minore né maggiore di quello dell’uomo. E’ il nostro spazio. Finché penseremo che dobbiamo ottenere quello che hanno gli uomini, non funzionerà. Certo, anche se i passi fatti sono reali, ciò non significa che sia stato fatto tutto. Si può fare ancora molto, ma il cambiamento c’è, si vede, si avverte. E penso che (a prescindere dalla mia persona) l’elezione di una donna in una università pontificia sia anche un segno di questo. La seduta che mi ha eletto era tutta maschile!”. Quindi non c’è bisogno delle quote rosa? “No, non delle quote, ma della collaborazione. Anche se è auspicabile che la collaborazione cresca!”.

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