Umanesimo fraterno
Tra le molte indicazioni della recente enciclica
del Papa “Caritas in Veritate” quella
che maggiormente mi ha intrigato e interrogato
è stata quella della fraternità. Da
tempo, nemmeno noi cristiani eravamo
abituati a utilizzare questo termine preferendogli
quello più neutro di solidarietà.
Noi viviamo in un clima di profonde incertezze,
di timori e paure che la crisi economica
non ha fatto altro che accentuare. In
questa situazione la solidarietà è certamente
importante, ma perché si crei un nuovo
clima sociale, bisogna porla sotto il segno
della fraternità, se si vuol davvero camminare
verso nuove relazioni umane non più
determinate dagli schemi puramente economici
in cui siamo stati racchiusi.
Se la fraternità deve essere l'idea guida e
l'orizzonte di riferimento del nostro stare
da laici cristiani nel mondo, implica
la messa in campo di alcuni criteri di discernimento
per definire la fraternità: non
è data dai legami di sangue, di nazione,
di razza, di etnia: non si è fratelli perché
si è uguali, ma perché si è diversi; non è
costituita dai legami di classe, di ceto o di
interessi; non si fonda su legami di potere
come aristocrazia, elites, corporazioni, lobbies,
appartenenza partitica; non si costruisce
su raggruppamenti mafiosi di diverso
tipo.
Si vede bene che facilmente l'idea di fratellanza
può essere confusa con delle appartenenze
che dividono i noi dai loro, i forti
dai deboli, i ricchi dai poveri.
Compito dei laici che operano nel sociale
e in politica è anche quello di svelare e
mettere a nudo le false idee di fratellanza,
i credenti sanno di essere fratelli in nome
di Dio e fi gli dello stesso Padre. In questa
prospettiva si racchiude una specifica visione
delle relazioni umane.
Non può nemmeno essere un'assicurazione,
la spiegazione a priori, la ricetta. Al
fondo resta sempre il nostro agire, la nostra
responsabilità di fronte agli uomini. Portare
la lampada della fratellanza significa
cercare di immettere dentro i percorsi della
solidarietà e della responsabilità, il carburante
dell'amore umano.
La fraternità nasce da un vincolo di amore,
di riconoscimento, dalla capacità di specchiarsi
e di riconoscersi nel volto dell'altro,
come somiglianza dell'Altro cui devo tendere.
È motivo di profonda interrogazione
pensare che l'uomo sia fatto, come dice la
Scrittura, a immagine di Dio.
Vorrei anche rilevare che non c'è fraternità
dove non c'è misericordia, in altre parole
la comprensione dei limiti, della fragilità
propria e altrui. Collocarsi in questa prospettiva
non è facile e richiede uno sforzo
perché si reintroduca, in questa società
– che tutto sottopone a giudizio e che
condanna prima delle prove e dei processi
–, la logica della comprensione e del perdono.
Bisognerebbe che sempre si tenesse
a mente che tutti siamo sempre e comunque
costretti ad attraversare il territorio del
demonio e che possiamo esserne catturati.
La fraternità, la misericordia, la comprensione
dell'umano e il perdono dovrebbero
costituire i tratti dello stile con cui il cristiano
sta nelle realtà del mondo.
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