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Terra Santa: il dilemma dei pellegrini

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Si può andare in pellegrinaggio a Gerusalemme nonostante la guerra che infuria a Gaza e i razzi che piovono su Israele? È troppo pericoloso? E - anche al di là delle preoccupazioni sulla sicurezza e la difficoltà oggettiva data dal blocco dei voli di tante compagnie aeree su Tel Aviv - è giusto compiere un viaggio in Terra Santa proprio mentre tanta gente lì muore?

Sono domande all’ordine del giorno in molte parrocchie e diocesi di tutto il mondo in questi giorni: la guerra che va avanti ormai da tre settimane tra israeliani e palestinesi, infatti, ha posto tanti gruppi che avevano programmato per l’estate 2014 un pellegrinaggio a Gerusalemme di fronte a una scelta: partire lo stesso oppure no? Le risposte sono state diverse. In Francia è stata la Conferenza episcopale stessa ad annullare il grande pellegrinaggio nazionale degli studenti, che proprio in questi giorni avrebbe dovuto portare ben 2200 giovani in Terra Santa. Il presidente dei vescovi francesi Georges Pontier ha motivato la decisione citando «una raccomandazione in questo senso giunta dal ministero degli Esteri (legata anche alla consistenza numerica del gruppo), ma anche l’impossibilità di raggiungere le comunità cristiane della Cisgiordania e l’incertezza sull’effettiva possibilità di accedere ad alcuni dei Luoghi Santi». I giovani francesi sono stati comunque invitati a vivere questo fine settimana all’insegna della preghiera e della vicinanza ai cristiani della Terra Santa: ogni diocesi ha proposto iniziative specifiche.



A partire regolarmente sono stati invece i gruppi dell’Opera Romana Pellegrinaggi: proprio ieri si è concluso un pellegrinaggio di ottanta persone a cui ha voluto partecipare personalmente anche mons. Liberio Andreatta, vice presidente e amministratore delegato dell’agenzia legata al vicariato di Roma. Un modo per far vedere che andare a Gerusalemme in queste ore si può ed è stato salutato con soddisfazione in Italia anche dall’Ufficio nazionale israeliano del turismo. «Le varie intifada e guerre non ci hanno mai scoraggiato -ha commentato mons. Andreatta, da quarant’anni frequentatore assiduo della Terra Santa-. Anzi, è proprio questo il momento per andare, anche perché il circuito del pellegrinaggio è sicurissimo, tranquillo, è lontano dal luogo di guerra; quindi si presta molto al dialogo, all’amicizia e a un incontro con i palestinesi e gli israeliani. I pellegrini sono il terzo popolo di quella terra e non possono mancare in un momento come questo, in cui i due popoli stanno soffrendo insieme».

Da un pellegrinaggio in Terra Santa è appena tornata proprio in questi giorni anche Emanuela Compri, dell’Ufficio pellegrinaggi della diocesi di Vicenza. Un itinerario che - partendo da Eilat - ha toccato anche il deserto del Negev, proprio a due passi da Gaza. «È stata un’imprudenza? Una pazzia? Un atto immorale?», si chiede. La sua risposta più che a un semplice «sì» o «no», si concentra sul «come».

«La nostra non è stata un’esperienza cieca o sorda: è passata anche dalle sirene d’allarme, dal suono dello scoppio di un razzo e dal rumore in lontananza delle bombe su Gaza - racconta -. E proprio perché non è stata un’esperienza cieca o sorda ha saputo vedere e sentire che quello che sta accadendo non coinvolge tutta questa Terra dal punto di vista della sicurezza, ma la coinvolge comunque dal punto di vista della sofferenza. Paura palestinese e paura israeliana, lacrime palestinesi e lacrime israeliane... È proprio perché lì si soffre che da cristiani non ci è consentito allontanare lo sguardo e il cuore».

«La sola cosa che i cristiani del Medio Oriente chiedono - aggiunge Emanuela Compri - è di non lasciarli soli. Loro: iracheni, palestinesi, siriani, minoranza che tenacemente sta... Impossibile raggiungerli fisicamente nelle aree più colpite dalla violenza. È possibile però farlo attraverso l’esperienza più attesa da un cristiano: quella del pellegrinaggio in Terra Santa. Andare a pregare là per la pace, per la giustizia e per il perdono. Proprio da dove sono piantate le profonde radici della nostra fede...». (Vatican Insider)

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