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Sono una decina i combattenti già rientrati in Italia dalla Siria

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Sono una decina i combattenti rientrati in Italia dopo essersi addestrati in Siria o in Iraq. Parte di un esercito di oltre 3.000 fondamentalisti tornati in Europa, potenziali «lupi solitari» che potrebbero entrare in azione per conto dell’Isis. «Soggetti pericolosi nei confronti dei quali c’è massima attenzione e strumenti per controllarli in maniera adeguata» assicura di fronte al Parlamento il capo della polizia Alessandro Pansa.


Allarme a livello massimo

L’allarme è al livello massimo, il prefetto lo conferma quando parla di «fattore di rischio molto più accentuato rispetto al passato, perché i teatri di guerra sono molto più vicini a noi e c’è una forte complessità dello scenario degli attori coinvolti». E poi disegna gli scenari, evidenziando la necessità di avere «più uomini da schierare sul territorio e non lasciarli a lavorare in ufficio». Le commissioni Giustizia e Difesa lo hanno convocato in seduta comune prima di dare il parere sul decreto antiterrorismo che dovrà essere convertito in legge. Non è l’unico. Ci sono anche il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone, quello di Milano Edmondo Bruti Liberati e il capo della Direzione nazionale antimafia Franco Roberti. A lui le norme assegnano il compito di guidare la nuova struttura giudiziaria, ma la sua critica è aperta: «Il procuratore non può fare niente. Deve limitarsi a coordinare quelle poche procure distrettuali, non può coordinare le forze di polizia, non ne dispone. E ancora peggio, nell’ansia di limitare e delimitare quanto più possibile questi poteri del procuratore antimafia e antiterrorismo, il legislatore d’urgenza ci ha tolto il potere di coordinamento, di disporre dei servizi centrali di polizia giudiziaria in materia di misure di prevenzione antimafia. Io capisco che è una scelta, però è una scelta che finisce per fare come la montagna che partorisce il topolino, lo dico con estremo rispetto. È un coordinamento sulla carta, mi dai la responsabilità ma non lo strumento per esercitarla».


Norme «troppo vaghe»

Pignatone sollecita invece alcune «correzioni» alle norme «troppo vaghe» che mirano a punire chi si addestra e soprattutto chi intraprende i viaggi per raggiungere i jihadisti «perché tutti abbiamo in testa il terrorismo internazionale, ma la norma non ne parla e provocatoriamente dico che se uno organizza un viaggio da Roma a Tivoli collegato alla “no Tav” potrebbe ricadere nell’attuale formula».

Il giudizio di Pansa è positivo quando analizza le norme che valorizzano la prevenzione perché, spiega, «più dei foreign fighters è pericoloso chi si addestra su Internet, costruisce un ordigno che poi scoppia quando non dovrebbe oppure decide di lanciarsi con un’auto verso i cittadini».


Aumentati i controlli negli aeroporti

Negli ultimi giorni il livello di vigilanza è stato ulteriormente elevato, il prefetto sottolinea «l’aumento dei controlli negli aeroporti, con piani specifici adottati per voli ritenuti pericolosi». Il riferimento è alle rotte con il Medio Oriente che prevedono scali in Paesi dove pare più facile eludere i controlli e raggiungere l’Europa. E sugli sbarchi ribadisce: «Immigrazione non è sinonimo di terrorismo: sui barconi non risultano terroristi ma è una eventualità che non si può escludere a priori». (Corriere)

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