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Papa: secondo me le donne sono più coraggiose degli uomini

IACOPO SCARAMUZZI Ansa - MAURIZIO BRAMBATTI
Pubblicato il 30-11--0001

Racconta la vicenda di Giuditta, la «grande eroina del popolo» che nella Bibbia restituisce agli abitanti di una città della giudea assediata dal re Nabucodonosor la speranza nell’intervento salvifico di Dio

«Questa è una mia opinione: le donne sono più coraggiose degli uomini…»: Papa Francesco aggiunge a braccio questa battuta, accolta dagli applausi dei fedeli presenti in aula Paolo VI, mentre, proseguendo un ciclo di catechesi sulla speranza cristiana, racconta la vicenda di Giuditta, la «grande eroina del popolo» che nella Bibbia restituisce agli abitanti di una città della giudea assediata dal re Nabucodonosor la speranza nell’intervento salvifico di Dio, senza però porre «condizioni» al Signore: «Fidarsi di Dio vuol dire entrare nei suoi disegni senza nulla pretendere, anche accettando che la sua salvezza e il suo aiuto giungano a noi in modo diverso dalle nostre aspettative». All’udienza generale erano presenti, tra gli altri, Arnold Schwarzenegger, e la vedova e le figlie del giudice argentino Alberto Nisman.

« Tra le figure di donne che l’Antico Testamento ci presenta, risalta quella di una grande eroina del popolo: Giuditta», ha esordito Francesco. Nella città giudea Betulla, assediata dall’esercito di Nabucodonosor guidato dal generale Oloferne, «la situazione si fa drammatica, al punto che gli abitanti della città si rivolgono agli anziani chiedendo di arrendersi ai nemici. Sono arrivati a dire questo: Dio ci ha venduti. La disperazione era grande di quella gente», ha detto Jorge Mario Bergoglio, che ha proseguito: «E quante volte noi arriviamo a situazioni di limite, dove non sentiamo neppure la capacità di avere fiducia del Signore. La fine sembra ormai ineluttabile, la capacità di fidarsi di Dio si è esaurita, e, paradossalmente, sembra che, per sfuggire alla morte, non resti che consegnarsi nelle mani di chi uccide. Loro sanno che questi soldati entreranno a saccheggiare la città, prendere le donne come schiave e uccidere tutti gli altri: proprio questo il limite. Davanti a tanta disperazione, il capo del popolo tenta di proporre un appiglio di speranza: resistere ancora cinque giorni, aspettando l’intervento salvifico di Dio.

Ma è una speranza debole, che gli fa concludere: “E se proprio passeranno questi giorni e non ci arriverà alcun aiuto, farò come avete detto voi”. Pover’uomo, era senza uscita...». È in tale situazione che compare sulla scena Giuditta. «Vedova, donna di grande bellezza e saggezza, ella parla al popolo con il linguaggio della fede, coraggiosa, rimprovera in faccia al popolo: “Voi volete mettere alla prova il Signore onnipotente. No, fratelli, non provocate l’ira del Signore, nostro Dio. Se non vorrà aiutarci in questi cinque giorni, egli ha pieno potere di difenderci nei giorni che vuole o anche di farci distruggere dai nostri nemici. Perciò attendiamo fiduciosi la salvezza che viene da lui, supplichiamolo che venga in nostro aiuto e ascolterà il nostro grido, se a lui piacerà”. È – ha chiosato il Papa – il linguaggio della speranza, bussiamo alla porta del cuore di Dio, lui può salvarci. E questa donna, vedova, rischia, rischia a fare anche la brutta figura davanti agli altri, ma è coraggiosa, va avanti: questa è una mia opinione», ha aggiunto il Papa tra gli applausi: «Le donne sono più coraggiose degli uomini. Con la forza di un profeta, Giuditta richiama gli uomini del suo popolo per riportarli alla fiducia in Dio; con lo sguardo di un profeta, ella vede al di là dello stretto orizzonte proposto dai capi e che la paura rende ancora più limitato. Dio agirà di certo – ella afferma –, mentre la proposta dei cinque giorni di attesa è un modo per tentarlo e per sottrarsi alla sua volontà. Il Signore è Dio di salvezza, qualunque forma essa prenda. È salvezza liberare dai nemici e far vivere, ma, nei suoi piani impenetrabili, può essere salvezza anche consegnare alla morte. Donna di fede, lei lo sa. Poi conosciamo la fine, come è finita la storia: Dio salva».




Il Papa ha concluso affermando: «Non mettiamo mai condizioni a Dio e lasciamo invece che la speranza vinca i nostri timori. Fidarsi di Dio vuol dire entrare nei suoi disegni senza nulla pretendere, anche accettando che la sua salvezza e il suo aiuto giungano a noi in modo diverso dalle nostre aspettative. Noi chiediamo al Signore vita, salute, affetti, felicità; ed è giusto farlo, ma nella consapevolezza che Dio sa trarre vita anche dalla morte, che si può sperimentare la pace anche nella malattia, e che ci può essere serenità anche nella solitudine e beatitudine anche nel pianto. Non siamo noi che possiamo insegnare a Dio quello che deve fare, ciò di cui noi abbiamo bisogno. Lui lo sa meglio di noi, e dobbiamo fidarci, perché le sue vie e i suoi pensieri sono diversi dai nostri». In questo senso, «il cammino che Giuditta ci indica è quello della fiducia, dell’attesa nella pace, della preghiera e dell’obbedienza. Senza facili rassegnazioni, facendo tutto quanto è nelle nostre possibilità, ma sempre rimanendo nel solco della volontà del Signore». E così «una donna piena di fede e di coraggio ridà forza al suo popolo in pericolo mortale e lo conduce sulle vie della speranza, indicandole anche a noi. E noi, se facciamo un po’ di memoria, quante volte abbiamo sentito parole sagge, consigli coraggiosi, da persone umili, da donne umili, che uno pensa che senza disprezzarle che fossero ignoranti, ma sono parole della saggezza di Dio, le parole delle nonne, quante volte le nonne sanno dire la parola giusta, la parola di speranza, perché hanno l’esperienza della vita, hanno sofferto tanto si sono fidate di Dio e il Signore dà loro questo dono di darci il consiglio di speranza». 



Tra le persone che hanno salutato il Papa a conclusione dell’udienza generale, Arnold Schwarzenegger, ex stella di Hollywood ed ex governatore della California. Inoltre, la moglie, Sandra Arroyo Salgano, e le due figlie Iara e Kala, del giudice argentino Alberto Nisman, responsabile dell’inchiesta sull’attentato del 1994 al centro ebraico della capitale argentina e sui suoi legami internazionali, trovato morto nella sua casa di Buenos Aires il 18 gennaio del 2015.  (Vatican Insider)

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