attualita

Papa Francesco racconta Oscar Romero

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Gran parte dei siti di retroscena italiani utilizzano la diffamazione e la minaccia di svelare informazioni per procacciarsi mezzi. La formula sottintesa è «compri un banner e io non ti attacco». Tutto questo, oggi più che mai, passa inosservato per la velocità del flusso continuo di informazioni, che non ha tempo, che non dà spazio a spiegazioni. Oggi solo chi si ferma a respirare, chi si tira fuori e approfondisce davvero, riesce a non essere preda e poi complice della macchina del fango, un meccanismo che nutre se stesso.

Di questo ha parlato Papa Francesco raccontando ciò che è accaduto a Oscar Romero. Non è la prima volta che Papa Francesco dimostra di essere un uomo del suo tempo, un uomo del nostro tempo. Ma è la prima volta che un pontefice, modificando il protocollo e aggiungendo considerazioni a un discorso già scritto, utilizza il racconto di una vicenda accaduta a un uomo di chiesa per spiegare un meccanismo terribile, cui spesso si cede senza averne consapevolezza, perché altri dicono… perché altri scrivono… Papa Francesco, durante il discorso ai pellegrini giunti in Vaticano da El Salvador, per ringraziarlo della beatificazione di Oscar Romero, ha colto l’occasione per spiegare cosa sia la diffamazione e come funzioni.

Parlando di Oscar Romero, arcivescovo di San Salvador, ucciso il 24 marzo 1980 da un cecchino degli squadroni della morte mentre stava celebrando la messa, il Papa dice che il martire «non è qualcuno relegato nel passato, una bella immagine che adorna le nostre chiese e ricordiamo con nostalgia». Io ho pensato immediatamente a Don Peppe Diana, ma anche a Giancarlo Siani.

E continua: «Il martirio di monsignor Romero non fu solo nel momento della sua morte, ma iniziò con le sofferenze per le persecuzioni precedenti alla sua morte e continuò anche posteriormente, perché non bastava che fosse morto: fu diffamato, calunniato, infangato. Il suo martirio continuò anche per mano dei suoi fratelli nel sacerdozio e nell’episcopato». Il Papa aggiunge: «Solo Dio conosce la storia della persona. E vede se la stanno lapidando con la pietra più dura che esiste nel mondo: la lingua».

Oscar Romero è stato ucciso per aver provato a fermare quella che era (e sarebbe stata) una carneficina, ma non è stato ucciso solo con un proiettile che gli ha reciso la giugulare, è stato ucciso soprattutto con le parole. Papa Francesco ha raccontato la vicenda di Oscar Romero perché era finalmente giunto il tempo che si facesse giustizia alla sua memoria violentata, ma ascoltandola non possiamo non soffermarci a ragionare sulla diffamazione, un’arma che nutre il web e nel web si moltiplica.

Papa Francesco non parla per sentito dire, ma per aver vissuto e ascoltato in prima persona lo scempio che veniva fatto della memoria di Romero, che aveva agito perché mosso da fame di giustizia e sete di pietà. Monsignor Romero fu ucciso il giorno dopo aver rivolto un appello ai militari perché non uccidessero i loro stessi fratelli. Romero chiedeva che cessasse la repressione, chiedeva di non utilizzare bambini per bonificare campi minati. Usava il pulpito domenicale per diffondere notizie, per fare una sorta di inchiesta pastorale sullo scempio della guerra.

Questa sua responsabilità di racconto è ciò che lo ha reso pericoloso ed è il motivo per cui andava denigrato post mortem , perché non diventasse un martire, un esempio. Diffamandolo si disinnescava la possibilità di emulazione, diffamandolo si abbassava il volume di Romero, si liberava del senso di colpa gli altri sacerdoti silenziosi e spesso conniventi. Andava infangata la sua memoria non solo a vantaggio di chi lo volle morto, ma anche di chi, in vita, non era riuscito a essere altrettanto coraggioso.

Papa Francesco fa riferimento alle numerosissime lettere anonime che arrivarono in Vaticano dopo la morte di Romero, tutte lettere diffamanti, scritte da chi aveva interesse a screditare Romero e a fermare il racconto della sua eroica morte. Le tesi erano sempre le stesse, Romero non sarebbe stato ucciso per questioni legate alla sua predicazione, ma perché donnaiolo o perché voleva fare carriera proteggendo i marxisti amando lui una guerrigliera. Per la sua presunta passione per gli uomini o perché conservava armi. Tutto e il contrario di tutto, come sempre accade quando un uomo non lo si vuole eliminare solo fisicamente, ma si vuole cancellare definitivamente ciò che ha detto e fatto, a futura memoria. A futuro monito. (Roberto Saviano Online)

Cari amici la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org sono da sempre il megafono dei messaggi di Francesco, la voce della grande famiglia francescana di cui fate parte.

Solo grazie al vostro sostegno e alla vostra vicinanza riusciremo ad essere il vostro punto di riferimento. Un piccolo gesto che per noi vale tanto, basta anche 1 solo euro. DONA