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Papa Francesco: Il lavoro è dignità, toglierlo è peccato grave

Redazione online Ansa - ALESSANDRO DI MEO
Pubblicato il 15-03-2017

Il Pontefice ha chiesto «una soluzione» per i dipendenti Sky. La catechesi di Quaresima sulla carità: «Non sia ipocrita, fatta per mettersi in mostra»

«Il lavoro ci dà dignità. Chi per manovre economiche, per fare negoziati non del tutto chiari chiude fabbriche, chiude imprese e toglie il lavoro agli uomini fa un peccato gravissimo». Sono le parole che Papa Francesco ha rivolto ai pellegrini riuniti oggi in piazza San Pietro per l'udienza generale. Salutando i gruppi italiani, alla fine dell'incontro, il Papa ha rivolto «un pensiero speciale» ai lavoratori di Sky Italia il cui progetto di ristrutturazione prevede la chiusura della sede di Roma, oltre duecento licenziamenti, e oltre trecento spostamenti di lavoratori da Roma a Milano. «Auspico - ha detto papa Francesco - che la loro situazione lavorativa possa trovare una rapida soluzione, nel rispetto dei diritti di tutti, specialmente delle famiglie». «I responsabili dei popoli, i dirigenti, hanno l'obbligo di fare di tutto perché ogni uomo e ogni donna possa lavorare e così avere la fronte alta, guardare in faccia gli altri, con dignità», ha aggiunto il Papa.




Poco prima, esordendo nella catechesi quaresimale il Papa ha detto: «Siamo chiamati all’amore, alla carità, questa è la nostra vocazione più alta e ad essa è legata al gioia della speranza di arrivare a incontrare il grande amore che è il Signore». «L’apostolo Paolo nella lettera ai romani ci mette in guardia dal rischio che la nostra carità sia ipocrita, che il nostro amore sia ipocrita. Quando avviene questa ipocrisia? Quando possiamo essere sicuri che il nostro amore sia sincero, la nostra carità sia autentica, che non sia «far finta»? - ha argomentato il Pontefice -. L’ipocrisia può infilarsi ovunque anche nel nostro modo di amare. Questo si verifica quando il nostro è un amore mosso da interessi personali. Quando i servizi caritativi in cui sembra che ci prodighiamo sono compiuti per mettere in mostra noi stessi o per sentirci appagati. O quando miriamo a cose che abbiano visibilità per fare sfoggio della nostra intelligenza e abilità. Questa è un’idea falsa e ingannevole: se amiamo è perché siamo buoni, come se la carità fosse un prodotto dell’uomo, del nostro cuore. È invece un dono di Dio, una grazia. E Dio ce lo da volentieri se noi lo chiediamo. La carità è una grazia non consiste nel far trasparire quello che noi siamo ma quello che il Signore ci dona e che noi liberamente accogliamo».




«La Parola - ha proseguito Francesco - ci invita a riconoscere che siamo peccatori, che il nostro modo di amare è segnato dal peccato, ma insieme si fa portatore di un annuncio nuovo, un annuncio di speranza». Il Signore apre davanti a noi la possibilità, ha aggiunto il Papa, di «diventare strumenti della carità di Dio. E ciò accade quando ci lasciamo guarire il cuore dal Signore risorto. Lui ci permette di sperimentare le meraviglie del suo amore. Tutto quello che possiamo fare per i fratelli non è altro che la risposta a quello che Dio ci dona».




«L’apostolo Paolo non vuole rimproverarci quanto piuttosto incoraggiarci e ravvivare in noi la speranza - ha concluso il Papa -, Tutti facciamo l’esperienza di non vivere appieno l’amore, ma anche questa è una grazia. Perché ci fa comprendere che da noi stessi non siamo capaci di amare pienamente, abbiamo bisogno che il Signore rinnovi il nostro cuore attraverso l’esperienza della sua infinita misericordia. Allora sì che torneremo ad apprezzare le piccole cose di ogni giorno, e torneremo ad amare Dio e saremo contenti di farci vicini a chi è povero, di piegarci ai piedi dei fratelli come il buon samaritano. Quello indicato da Paolo è il segreto per essere ‘lieti nella speranza’ – uso le parole dell’apostolo -. L’amore di Dio non viene meno nemmeno nei momenti più avversi.




Il Papa ha salutato la folla con un augurio ai giovani: «La Quaresima sia per voi un momento di grazie e di rinnovamento spirituale». (Avvenire)

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