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PAPA: BISOGNA OSPITARE I PROFUGHI MA TENENDO CONTO DEI DIRITTI E DOVERI

Redazione online Ansa
Pubblicato il 22-03-2017

Francesco ricorda che quella dei migranti è «la tragedia più grande dopo quella della Seconda guerra mondiale»

Invita a «non dimenticare» che la tragedia dei migranti è «la tragedia più grande dopo quella della Seconda guerra mondiale» e incoraggia i direttori di Migrantes, ai quali è affidato il coordinamento dell’accoglienza da parte della Chiesa ai rifugiati, «a proseguire nell'impegno per l'accoglienza e l'ospitalità dei profughi e dei rifugiati, favorendo la loro integrazione, tenendo conto dei diritti e dei doveri reciproci per chi accoglie e chi è accolto».

Papa Francesco all’udienza generale in piazza San Pietro fa un appello a braccio che è particolarmente significativo alla luce della situazione in Libia, dell'accordo sui migranti raggiunto nel vertice europeo di lunedì scorso, con la decisione della Germania di accogliere 500 migranti al mese, ma soprattutto mentre si avvicina la commemorazione dei 60 anni dei Trattati di Roma che istituirono la Ue con i capi di Stato dell’Unione che saranno ricevuti in Vaticano venerdì prossimo.


Il Pontefice ha proseguito il suo ciclo di catechesi sulla speranza cristiana. «Già da alcune settimane», ha detto, «l’Apostolo Paolo ci sta aiutando a comprendere meglio in che cosa consiste la speranza cristiana. E abbiamo detto che non era un ottimismo, no: era un’altra cosa. E l’apostolo ci aiuta a capire cosa è quello. Oggi lo fa accostandola a due atteggiamenti quanto mai importanti per la nostra vita e la nostra esperienza di fede: la “perseveranza” e la “consolazione”. Nel passo della Lettera ai Romani che abbiamo appena ascoltato vengono citate due volte: prima in riferimento alle Scritture e poi a Dio stesso. Qual è il loro significato più profondo, più vero? E in che modo fanno luce sulla realtà della speranza? Questi due atteggiamenti: la perseveranza e la consolazione».


La perseveranza , ha spiegato Bergoglio, «potremmo definirla pure come pazienza: è la capacità di sopportare, portare sopra le spalle, di rimanere fedeli, anche quando il peso sembra diventare troppo grande, insostenibile, e saremmo tentati di giudicare negativamente e di abbandonare tutto e tutti. La consolazione, invece, è la grazia di saper cogliere e mostrare in ogni situazione, anche in quelle maggiormente segnate dalla delusione e dalla sofferenza, la presenza e l’azione compassionevole di Dio». Poi Francesco ha spiegato cosa significano le parole di San Paolo sui “forti”: «In tale prospettiva, si comprende anche l’affermazione iniziale dell’Apostolo: “Noi, che siamo i forti, abbiamo il dovere di portare le infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi”. Questa espressione “noi che siamo i forti” potrebbe sembrare presuntuosa, ma nella logica del Vangelo sappiamo che non è così, anzi, è proprio il contrario perché la nostra forza non viene da noi, ma dal Signore. Chi sperimenta nella propria vita l’amore fedele di Dio e la sua consolazione è in grado” di “stare vicino ai fratelli più deboli e farsi carico delle loro fragilità».



«NON CI SONO COMUNITÀ CON GENTE DI SERIE A E GENTE DI SERIE B»

Il Papa ha aggiunto a braccio: «Se noi stiamo vicini al Signore, avremo quella fortezza per essere vicini ai più deboli, ai più bisognosi e consolare loro e dare forza a loro. Questo è quello che significa. Questo noi possiamo farlo senza autocompiacimento, ma sentendosi semplicemente come un “canale” che trasmette i doni del Signore; e così diventa concretamente un ‘seminatore’ di speranza. È questo che il Signore ci chiede a noi, con quella fortezza e quella capacità di consolare e essere seminatori di speranza. E seminare speranza ci vuole, oggi, eh? Non è facile …». E infine: «Il frutto di questo stile di vita non è una comunità in cui alcuni sono di “serie A”, cioè i forti, e altri di “serie B”, cioè i deboli. Il frutto invece è, come dice Paolo, “avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti, sull’esempio di Cristo Gesù”».



Papa Francesco al termine dell’udienza in occasione della Giornata mondiale dell'acqua ha richiamato la necessità «dell'impegno congiunto di varie istituzioni per sensibilizzare alla necessità di tutela l'acqua come bene di tutti, valorizzando anche i suoi significati culturali e religiosi. Incoraggio in particolare», ha detto rivolto ai partecipanti a un convegno internazionale sull'acqua, «il vostro sforzo nel campo educativo, con proposte rivolte ai bambini e ai giovani. Grazie per quanto fate, che Dio vi benedica».



Infine, nei saluti ai gruppo di lingua italiana, ha invitato «tutte le comunità a vivere con fede l'appuntamento del 23 e 24 marzo per riscoprire il sacramento della riconciliazione: “24 ore per il Signore”. Auspico che anche quest'anno - ha aggiunto - tale momento privilegiato di grazia del cammino quaresimale sia vissuto in tante chiese per sperimentare l'incontro gioioso con la misericordia del Padre, che tutti accoglie e perdona». (Antonio Sanfrancesco - Famiglia Cristiana)

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