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Oltre un terzo dell’acqua si perde nella rete idrica

Redazione online Ansa - MASSIMO PERCOSSI
Pubblicato il 21-03-2017

L’acqua è una risorsa sempre più indispensabile, ma l’Italia continua a sprecarne troppa. Lo dicono i dati Istat elaborati dall’Ispra relativi al 2015: esaminando 116 capoluoghi di provincia si ha una perdita media del 35,4% dell’acqua che viene immessa in rete, con molte zone che superano il 60%. Tra queste ci sono le città di Cosenza, dove si arriva al 76,9%, Frosinone col 71,9%, Tempio Pausania col 68,6%, mentre le perdite minori si segnalano a Macerata col 6,6%, Udine con l’8,8% e Mantova al 9,6%. 

 

 

Il dato non risparmia le grandi città, ad esempio Torino, dove nel 2015 si è disperso il 24,6% dell’acqua, pari a ben 99,4 litri pro capite al giorno, e Milano, dove si perde il 12,2% che equivale a 55,2 litri quotidiani per persona. Scendendo verso sud, a Roma è sprecato il 42,9% dell’oro blu, mentre Napoli si ferma al 34,3%: per la capitale sono quasi 196 litri per abitante persi al giorno, mentre per ogni napoletano se ne disperdono 133,2.



Situazione in miglioramento per i consumi, che nel 2015 a livello nazionale sono stati pari a 162,4 litri per abitante al giorno, in calo dell’8,4% rispetto al 2012. Tra i capoluoghi, la maggior diminuzione percentuale si è avuta a Massa, col 36%, mentre Monza è la città col maggiore aumento, del 69%, ed è anche quella che consuma di più, con 230,4 litri per abitante al giorno, mentre Vibo Valentia con 98,4 litri è all’ultimo posto. Consumi elevati si segnalano anche a Sondrio, Pavia, Milano, Lodi, Viterbo, Torino, Catanzaro e Bergamo, tutte superiori a 190 litri pro capite quotidiani, mentre le altre città più virtuose sono Arezzo, Tempio Pausania, Agrigento, Caltanissetta, Sassari, Cosenza, Lanusei, Andria e Reggio Emilia, tutte sotto i 120. Negli ultimi anni hanno abbassato i consumi anche Catania (-32,6%) e Cosenza (-31,9%), mentre li hanno aumentati Viterbo (+35,6%) e Verbania (+19,0%). A Torino si è passati da 218,9 litri pro capite consumati nel 2012 ai 197,6 del 2015, a Milano da 230,7 a 209,3 litri, mentre a Roma c’è stato un calo da 212,1 litri a 181 e a Napoli da 161,3 fino a 154,8 litri quotidiani ad abitante. 



Grazie al primo dato, spiegano gli esperti dell’ente pubblico ambientale, si comprendono le abitudini delle popolazioni che vivono negli agglomerati urbani, visto che la diminuzione dei consumi è spesso legata a un uso più consapevole della risorsa acqua, alla maggiore efficienza degli elettrodomestici e all’uso del riduttore di flusso nei rubinetti, mentre le perdite di rete portano «un aumento del prelievo di acqua alla fonte, da cui consegue sia un impoverimento della risorsa sia l’esposizione di alcuni territori a disservizi cronici». Nel report viene sottolineato come eccessive perdite di rete possano diventare «un problema sanitario in quanto l’interruzione dell’erogazione dell’acqua può mandare in depressione le condotte con conseguente infiltrazione di detriti, terriccio e liquami dal sottosuolo».



Oltre a questo rischio, è ben presente anche quello legato ai pesticidi, presenti sia nelle acque superficiali che sotterranee, con un esame che ha riguardato 54 capoluoghi per un totale di 160 punti di monitoraggio. Il 16,2% dei siti (26 stazioni) ha livelli di concentrazione superiore ai limiti ambientali e riguarda 18 città. Nei campioni che superano i limiti sono spesso presenti miscele di sostanze, fino a un massimo di 34, e tra queste le più ricorrenti sono l’insetticida imidacloprid e l’erbicida glifosate (cercato solo in Lombardia e Toscana). Nelle acque superficiali, campioni contaminati sono stati segnalati in punti di monitoraggio di Biella, Como, Lecco, Milano, Cremona (2), Bergamo, Brescia, Pavia, Mantova, Parma, Ravenna, Pistoia (3), Pisa, Arezzo e Rieti, mentre per quelle sotterranee a Vercelli, Novara, Milano (ben 11 stazioni), Brescia (3), Pordenone (3), Ferrara (2), Chieti e Ragusa (5). (Filippo Pala - La Stampa)

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