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LE PAROLE DI GIANNI MORANDI SUI MIGRANTI HANNO DIVISO IL WEB, MA ACCOGLIENZA ERA UNA DELLE PAROLE PIÙ AMATE DI SAN FRANCESCO... Voi cosa ne pensate?

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Anche noi siamo stati migranti”, e il web insorge tra offese e commenti razzisti

Ma chi avrebbe mai detto che anche uno come Gianni Morandi sarebbe arrivato a dividere gli italiani in due fazioni di ultrà con la bava alla bocca. Anzi pensavamo che la stagione degli ultrà con la bava alla bocca fosse finita con la fine della guerra civile fra berlusconiani e antiberlusconiani di professione; insomma ci illudevamo che le urla, le risse, la pancia che prevale sul cervello fossero tutta acqua passata. Possiamo svegliarci.

Il fatto è ormai dell’altro ieri ma continua a montare. Dunque è successo questo: Gianni Morandi mette su Facebook due foto a confronto, una in bianco e nero che ritrae gli italiani che partono per il mondo a cercare fortuna all’inizio del Novecento, e una a colori con i profughi del Mediterraneo dei giorni scorsi. Sopra le foto il Gianni nazionale scrive: «A proposito di migranti ed emigranti, non dobbiamo mai dimenticare che migliaia di italiani, nel secolo scorso, sono partiti dalla loro Patria verso l’America, la Germania, l’Australia, il Canada... con la speranza di trovare lavoro, un futuro migliore per i propri figli, visto che nel loro Paese non riuscivano ad ottenerlo, con le umiliazioni, le angherie, i soprusi e le violenze che hanno dovuto sopportare! Non è passato poi così tanto tempo». Tutto qua. Niente di che e soprattutto niente di divisivo. Solo una frase di buon senso.

Ma a proposito di buon senso, evidentemente siamo rimasti ai tempi del Manzoni: «Il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto per paura del senso comune». E il senso comune a quanto pare è chissenefrega degli immigrati, cominciamo a risolvere i nostri, di problemi.

Morandi viene infatti seppellito da una valanga di insulti: taci tu che sei ricco e fai la predica dalla tua villa, ospitali tu se vuoi quei ladri stupratori e assassini che vengono qui solo per farsi mantenere, torna a cantare che è meglio. Lui si comporta da vero signore e risponde con cortesia anche ai più esagitati: caro Giuseppe perché pensi che siano tutti delinquenti? Caro Dino se un Paese non riesce a regolamentare l’immigrazione è colpa di questi poveri disgraziati? Cara Annamaria come fa qualcuno a non rendersi conto che su quelle barche ci sono anche dei bambini? Una tale Michela gli intima di «non dire minchiate» perché questi immigrati sono gente che va «in alberghi a tre stelle a lamentarsi del cibo» e lui con la pazienza d’un santo le scrive «Ma a questa storia che si lamentano del cibo hai assistito personalmente Michela?». Tenero Morandi, cresciuto ai tempi del Galateo. La sua gentilezza non placa il rutto libero sulla rete. Non è che tutti quelli che gli scrivono lo insultino: tra i sedicimila messaggi, ce ne sono anche di apprezzamento. Ma più della metà trasuda rabbia, livore, volgarità.

Ieri Morandi era ancora scosso, forse soprattutto perché non se l’aspettava. Per mezzo secolo la sua faccia pulita aveva messo tutti d’accordo, era come la Nazionale di calcio, tutti tifavano per lui, il «bravo ragazzo»; lo amavano anche a destra sebbene fosse stato comunista. Ecco perché dicevamo che se perfino uno come lui è diventato materia del contendere e anzi dell’offendere, vuol dire che l’epidemia è diventata una pandemia.

Gli insulti a Morandi in rete ci dicono, credo, almeno due cose. La prima è che il tema dell’immigrazione è un nervo scopertissimo, reso sensibile anche da una sciagurata miscela di demagogia da una parte e di pregiudizi dall’altra. Ma la seconda, forse più importante perché riguarda il nostro esserci imbarbariti su tutto e non solo sull’immigrazione, chiama in causa quell’ormai immensa fogna a cielo aperto che spesso è il web, una piazza virtuale dove ciascuno può offendere e insultare senza timore di essere guardato negli occhi né tantomeno schiaffeggiato; quasi sempre senza nemmeno essere identificato. La tecnologia - il nostro dio di questo tempo - è una gran bella cosa, che può aiutarci moltissimo: ma troppo spesso ci dimentichiamo che dietro alle macchine ci sono e ci saranno sempre degli uomini, con i loro pregi e i loro difetti. Tra i quali può esserci appunto anche il razzismo, o la vigliaccheria, che forse è peggio. La Stampa - Michele Brambilla

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