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Le chiese delle missioni francescane nella Sierra Gorda

Francesco Bandarin
Pubblicato il 15-06-2019

Dopo la conquista del Messico e la distruzione dell’impero azteco da parte di Hernán Cortés, nel 1521, gli spagnoli diedero inizio a un vasto progetto di sottomissione e di colonizzazione dei popoli di un’immensa parte dell’America del Nord (fino all’attuale California, Arizona, New Mexico e Texas), che li impegnò per oltre due secoli. Alla conquista militare, che aveva come obiettivo principale lo sfruttamento delle grandi risorse minerarie, si accompagnò un progetto di cristianizzazione delle popolazioni indigene, affidato ai grandi ordini religiosi: i Francescani, gli Agostiniani, i Domenicani, i Gesuiti.

Rapidamente, gli spagnoli posero sotto controllo le due fasce costiere del Messico: quella orientale, sul lato del Mar dei Caraibi, da dove erano arrivati, e quella occidentale, verso il Pacifico. Ma la zona centrale del Messico, dominata dalla catena della Sierra Madre Orientale, sfuggiva al loro controllo, per la difficoltà del terreno e per la resistenza offerta dai diversi popoli della regione, i Pame, i Guayachichil e gli Jonaz, chiamati nel loro insieme Chichimecas. Già nel corso del XV e XVI secolo i Francescani e gli Agostiniani avevano tentato di stabilire delle missioni in una zona strategica, la Sierra Gorda, che vennero però distrutte quasi subito dai popoli indigeni, desiderosi di mantenere la propria indipendenza.

Nel 1740 il Governo coloniale decise di conquistare la regione con le armi, per assicurare il libero accesso alle zone minerarie di Guanajuato e Zacatecas. Alla conquista della zona da parte di José de Escandón (1700-70), passato alla storia come lo «Sterminatore dei Pame» e successivamente nominato dalla corona spagnola «Primo Conte della Sierra Gorda», si accompagnò l’opera di cristianizzazione, guidata da un geniale frate francescano, Junípero Serra (1713-84), cui si dovrà, in seguito, la fondazione di molte missioni francescane in California, a partire da San Diego (1769), fino a San Francisco (1776) e a San Buenaventura (1782).

Per la sua opera il frate venne beatificato da papa Giovanni Paolo II nel 1988 e santificato da Papa Francesco nel 2015. Nella Sierra Gorda Junípero Serra riuscì a convertire i popoli indigeni, integrando le credenze tradizionali nei riti cristiani, difendendo i locali dai soprusi dei soldati e dei coloni spagnoli e condividendo le loro condizioni di vita, con grande sacrificio personale. Nel 1767, con l’espulsione dei Gesuiti dal Messico, Junípero Serra lasciò la zona per occuparsi delle missioni gesuite della Bassa California e, in seguito, per fondare quelle della California del Nord.

Ma nel corso degli undici anni passati nella Sierra Gorda, riuscì a dar avvio alla costruzione di cinque chiese, che ancora oggi testimoniano del successo della sua missione e che per il loro grande interesse storico e artistico sono state iscritte nella Lista del Patrimonio Mondiale nel 2003: Santiago de Jalpán, Santa Mária del Agua de Landa, San Francisco del Valle de Tilaco, Nuestra Señora de la Luz de Tancoyol e San Miguel Concá. Queste missioni francescane erano concepite come unità organizzative, gestite dai frati con l’obiettivo dell’evangelizzazione, della congregazione e dell’insegnamento agli indigeni.

Le cinque chiese furono realizzate utilizzando la mano d’opera locale e presentano uno stile decorativo che è stato chiamato il «Barocco meticcio», per l’inclusione di elementi indigeni a fianco alle simbologie cristiane dell’ordine francescano. Questa ibridazione stilistica fu imposta da padre Serra per dimostrare l’intenzione di operare una fusione delle due culture, invece che una conquista. Le tipologie architettoniche sono quelle classiche delle chiese coloniali, con una struttura a navata unica, croce latina, abside, sagrestia e un atrio che in alcuni casi contiene delle piccole cappelle, come nella chiesa di Tancoyol.

Tutte le chiese dispongono di torre campanaria e di battistero. Ognuna di esse, tuttavia, ha forme e decorazioni peculiari, in particolare nella facciata e nel portale. Gli elementi decorativi fanno spesso riferimento al culto spagnolo di Nuestra Señora del Pilar e a quello messicano della Vergine di Guadalupe, ma presentano molti elementi mesoamericani, come per esempio l’aquila messicana a due teste che divora un serpente, utilizzata per mostrare l’unità delle due culture, nella facciata della chiesa di Jalpán, o i volti indigeni delle statue che si trovano vicino alle immagini di san Francesco o di san Domenico nella chiesa di Concá. I colori delle facciate sono vivacissimi, giallo e ocra, e le decorazioni, ispirate a motivi geometrici o floreali, esaltano l’unicità di questi modelli architettonici vernacolari.

Queste chiese non ebbero una vicenda fortunata. Con la partenza di padre Serra e la crisi che seguì la espulsione dell’Ordine gesuita, vennero abbandonate e subirono distruzioni e danneggiamenti durante la tormentata storia messicana nel corso del XIX secolo. Fu solo nella seconda metà del Novecento che esse vennero riscoperte, restaurate e conservate come esempi di un’importante fase della storia messicana. La zona della Sierra Gorda è oggi tutelata anche nell’ambito del programma delle Riserve della Biosfera dell’Unesco, per l’unicità del suo clima di transizione dalla pianura arida del centro del Messico verso le foreste tropicali della costa orientale. www.ilgiornaledellarte.com


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