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LA SOLIDARIETA’ RENDE MENO POVERI

Mario Scelzo Ansa - GUIDO MONTANI
Pubblicato il 03-07-2017

Aumenta il volontariato in aiuto dei senza tetto

Vivere per strada non è facile, ma diventa ancor più difficile nelle stagioni “estreme” quando si è costretti ad affrontare in assenza di un comodo riparo il freddo pungente della notte oppure, come in questi giorni, il caldo che non lascia respiro.

Difficile fare una stima dei senza fissa dimora a Roma. Alcune associazioni stimano in 8.000 il numero delle persone costrette a vivere per strada o in giacigli di fortuna, ed il Comune di Roma quest’anno ha attrezzato posti letto per sole 552 persone, per poi aprire, nel pieno di un rigidissimo inverno, alcune stazioni della metropolitana dall’una e 30 di notte alle 5 del mattino, garantendo di fatto neanche 3 ore e mezza di sonno ai clochard.


Va segnalata inoltre una scelta della amministrazione capitolina molto criticata dal mondo dell’associazionismo, ovvero la delibera del 3 Marzo 2017 in materia di iscrizione anagrafica dei senza fissa dimora. Senza addentrarci in complicati tecnicismi, di fatto il Comune di Roma ha tolto la possibilità ad associazioni come la Caritas e la Comunità di Sant’Egidio di poter garantire la residenza anagrafica a chi vive per strada. Senza “identità”, senza un domicilio seppur fittizio di residenza, vengono meno alcuni diritti essenziali, come quello di poter ricevere la pensione, le comunicazioni postali, il potersi iscrivere al collocamento e così via. Per farla breve, la nuova amministrazione ha reso più complessa la procedura burocratica per poter ottenere la residenza, insomma oltre al “danno” di vivere per strada, la “beffa” di dover combattere con la stupidità della burocrazia.



Per fortuna, a sopperire alle carenze della amministrazione capitolina (per par condicio, non è che con le amministrazioni precedenti era tutto rose e fiori, basti pensare a quanto le vicende di Mafia Capitale erano connesse con una sorta di “business della povertà e della gestione delle emergenze”), ci pensa lo sterminato mondo dell’associazionismo romano, spesso legato a realtà cattoliche.

A luglio molti romani vanno in vacanza, eppure non chiudono le attività le mense della Caritas, i centri di ascolto delle parrocchie, le “cene itineranti” presso le Stazioni romane organizzate dalla Comunità di Sant’Egidio.



C’è un dato però che reputo molto interessante e che vorrei sottoporre all’attenzione dei miei lettori. Noi volontari (chi scrive è volontario di Sant’Egidio) lo chiamiamo “Effetto Papa Francesco”, per indicare un aumento negli ultimi due/tre anni delle iniziative a favore dei senza fissa dimora. Secondo i dati forniti dalla Guida “Dove dormire mangiare e lavarsi”, prodotta dalla Comunità di Sant’Egidio, si contano a Roma  40 mense, 40 gruppi per 2700 persone che distribuiscono cene in strada, 22 servizi docce, 38 centri di cura, 145 centri d’ascolto, 7 asili e scuole private per bambini stranieri, 4 centri di assistenza per detenuti e 9 organismi di sostegno. E poi ancora 11 centri per donne vittime di tratta, 19 servizi contro il gioco d’azzardo, 22 scuole di italiano per stranieri e 12 telefoni per aiuto, per un totale di 600 “indirizzi della solidarietà”. 



Numeri che scaldano il cuore, ma è interessante notare che tra il 2015 ed il 2016 c’è stato un “trend di crescita” della solidarietà:  +9 mense, +3 gruppi di volontariato che si occupano di fornire un pasto caldo per strada, +5 servizi doccia, +11 scuole di italiano per stranieri, +8 servizi contro il gioco d’azzardo. Da volontario posso testimoniare un aumento di donazioni di coperte e vestiario (specie nei mesi invernali), direi anche un aumento del livello di sensibilità media delle persone “non addette ai lavori”, ovvero tanta gente comune non legata al mondo dell’associazionismo che ha contattato le varie realtà per donare tempo, soldi o generi di prima necessità.



Torniamo all’effetto Papa Francesco. Lo stile pastorale diretto e comunicativo del Santo Padre ha spinto tanti, cattolici e non, a rimboccarsi le maniche e darsi da fare concretamente per fare qualcosa per i più poveri. In tanti hanno avuto la percezione plastica di una Chiesa vicina a chi soffre coi fatti e non con le parole, si pensi ad esempio alla apertura notturna –su iniziativa diretta del Santo Padre- nel pieno dell’inverno della Chiesa di San Callisto a Roma, dove i volontari di Sant’Egidio hanno dato assistenza ad oltre 30 persone per più di 3 mesi. L’esempio concreto del Papa ha interrogato tante comunità e parrocchie, cito per tutti i Padri Giuseppini del Murialdo che hanno messo a disposizione dal 16 Gennaio un dormitorio nel Pontificio Oratorio di San Paolo, ma numerose sono le realtà parrocchiali che nell’ultimo anno hanno iniziato o incrementato le attività di assistenza rivolte ai più bisognosi.



Il messaggio di Bergoglio è rivolto alla Chiesa Universale, ma da vero “Vescovo di Roma” il suo esempio ha smosso il cuore e le braccia di tanti, veramente il Santo Padre ha santificato –scusate il gioco di parole- il suo nome di Francesco, Santo della Povertà e protettore dei più poveri. Dove fisicamente non arriva Papa Francesco (anche a causa dei limiti a cui lo obbliga il suo ruolo), è facile vedere apparire la sagoma di Padre Konrad Krajewski (per gli amici della strada Don Corrado), elemosiniere della Santa Sede e “braccio operativo” del Papa per le attività caritatevoli.

Grazie a Papa Francesco, oggi la vita è meno dura per i barboni di Roma.

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