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La mia impresa in Groenlandia per salvare i ghiacciai

Redazione olivieroalotto.it
Pubblicato il 03-06-2019

Oliviero Alotto, 36 anni, ambientalista, percorrerà da solo 200 chilometri in una corsa voluta da Slow Food

Corre, perché non c’è più tempo. Corre da solo, «sì, un po’ come Forrest Gump». Corre, in Groenlandia, contro lo scioglimento dei ghiacciai, contro l’effetto serra, ma anche per ricordarci i cambiamenti climatici che sconvolgono (e affamano) «le popolazioni dell’Africa subsahariana».

«Corro — dice Oliviero Alotto, 36 anni, runner, ambientalista, attivista per i diritti umani, responsabile di Slow Food a Torino — per svegliare le coscienze. Perché rischiamo di perdere la bellezza che ancora ci circonda».

Ghiaccio, tundra, solitudine. Oliviero Alotto parla al telefono da Ice Cap, sud-ovest della Groenlandia. Da qui, oggi, Alotto partirà per una corsa in solitaria, Race against time duecento chilometri attraverso distese e valli glaciali. Un’iniziativa di Slow Food per raccogliere fondi destinati alla creazione di diecimila orti in Africa.

Alotto, sembra la corsa degli estremi. Dai ghiacci eterni al deserto.

«Non c’è contraddizione. Il pianeta è uno soltanto. In Groenlandia, nel 2003, scomparivano ogni anno cento chilometri cubi di ghiaccio. Oggi se ne sciolgono oltre quattrocento l’anno, con una velocità inaspettata».

In Africa invece avanzano i deserti.

«E la sussistenza di due terzi delle popolazioni delle aree subsahariane è minacciata dai cambiamenti climatici».

Oggi la prima tappa.

«Da Ice Cup a Kangerlusuak. Tundra e ghiaccio. Cinquanta chilometri. Partiamo dalle zone dove lo scioglimento dei ghiacciai è più evidente. Correre qui è un’emozione incredibile, i colori ti entrano dentro. Pensate che danno per l’umanità se scomparissero».

C’è qualcuno che l’accompagna?

«Un documentarista, Stefano Rogliatti. E la mia nutrizionista Felicina Biorci. Corro e mi alleno facendo una dieta sostenibile per l’ambiente».

Racconti.

«È una dieta senza carne e proteine animali. Basata su riso, grano, legumi, frutta secca, pasta di canapa e cioccolata. Sostenibile perché non produce gas serra. Anche la mia attrezzatura è ecologica. Ad esempio ho un paio di scarpe chiodate, adatte al ghiaccio, le cui solette interne sono fatte di alghe».

Filmerete tutto?

«Il più possibile. Questa impresa per me ha tre significati. Sportivo: la gara, la sfida. Politico: accendere i riflettori sul disastro ambientale e raccogliere fondi per il nostro obiettivo di Slow Food. La realizzazione di diecimila orti in Africa. L’ultimo obiettivo è culturale: documentare la bellezza».

Far capire quello che stiamo perdendo?

«Sì. È il senso di smarrimento che provo in luoghi dove la natura offre senzazioni estreme. Come, appunto, essere circondati dal ghiaccio, i riflessi, la luce. E sapere che tutto è a rischio».

Insomma, essere testimoni.

«Credo che sia l’unico modo oggi per convincere le persone a cambiare abitudini».

Un po’ l’effetto Greta Thunberg.

«Greta è riuscita a portare in piazza migliaia di giovani con i fridays for future, i venerdì per l’ambiente. Ci vogliono narrazioni e simboli». Chi ha sostenuto la sua corsa tra i ghiacci? «Un team di aziende impegnate in un’economia sostenibile». Kangerlusuak è il primo approdo. E domani? «Altri cinquanta chilometri. Seguendo il movimento dei ghiacci».

Maria Novella De Luca - La Repubblica

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