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Isis, Vaticano: no a militarizzazione chiese. Porte aperte come sempre

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Anche se il salto di qualità c’è stato e spaventa, il Vaticano non ha intenzione di chiedere una militarizzazione delle chiese. Al contrario di quello che da Raqqa predica il Califfato, l’indicazione del Papa è semplice e determinata: la pratica religiosa nulla ha a che fare con le armi. Quindi, porte aperte come sempre e no ai soldati col mitra imbracciato a fare da guardia a chi si reca a messa. Il sangue versato non deve cambiare le abitudini dei fedeli e tanto meno dei ministri della fede. La speranza è che l’atto sacrilego di Saint-Etienne-du Rouvray rimanga un episodio isolato, e la tendenza all’emulazione che sta scuotendo come un colpo di frusta Germania e Francia non sia davvero la spia di una patologia contagiosa che ormai sembra mescolare follia e radicalizzazione.



Per cercare di fare un po’ di chiarezza:

Primo, non esiste alcuna prova che dimostri una pianificazione o organizzazione diretta degli ultimi attentati (da Nizza alla Normandia, passando per la Baviera) da parte dell’Isis.

Secondo, l’unico elemento certo è la chiamata alle armi di tutti i musulmani che si riconoscono nel Califfato perché si uniscano alla Jihad ovunque si trovino e con ogni mezzo a disposizione.

Terzo, tutte le rivendicazioni sono frutto di una propaganda forzata che cerca di dimostrare a posteriori una potenza che l’Isis non ha più sul campo (Siria e Iraq) né probabilmente sul territorio europeo.



E si torna al capitolo “lupi solitari”. L’analisi quotidianamente aggiornata sugli autori delle stragi più recenti (quella di Saint-Etienne-du Rouvray naturalmente fa eccezione) indica tre costanti: disturbo psichico, emarginazione e repentina radicalizzazione. Ma questo terzo dato è considerato più come elemento capace di dare una giustificazione ai primi due, cioè alla esplosione di follia provocata da squilibri mentali e sociali. E ad un isolamento che non trova più lo sbocco di qualche anno fa. Insomma, se si spostassero indietro le lancette alla stagione di maggiore potenza militare e mediatica del Califfato, quasi tutti se non proprio tutti gli autori degli ultimi attentati sarebbero nel serbatoio di carne da macello dei foreign fighters nel teatro di guerra siroiracheno e non a casa loro col coltello in mano e l’idea di consegnarsi alla Jihad pur di dare sfogo nel sangue al proprio disagio.



Ciò detto, la patologia dell’emulazione porta con sé un inevitabile innalzamento della soglia di rischio anche in Italia. Le forze speciali di polizia e carabinieri (Nocs e Gis) e non solo sono già in allarme da mesi e non da giorni, ma bisogna essere molto onesti: la prevedibilità di un gesto di follia al quale poter dare una efficace, rapida risposta armata è pari a zero. E l’unica possibilità di tamponare il pericolo non è più affidata solo alle capacità dell’intelligence, ma risiede anche e soprattutto nel controllo capillare del territorio. Per capirsi, per individuare il potenziale lupo solitario prima che colpisca, oggi conta più il maresciallo di una caserma dei carabinieri di un sofisticato analista dei servizi segreti. E se assistito da uno psichiatra, ancora meglio. (Andrea Purgatori - Huffington Post)

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