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Nostra madre terra: l'intervento del dr. Pietro Ciucci, presidente Anas

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

1.  Introduzione

Il rapporto che esiste tra arte, ambiente ed umanità – il tema proposto da questo importante Convegno, e colgo l’occasione per ringraziare gli organizzatori per l’invito che mi è stato rivolto – segna molta parte del lavoro che l’Anas svolge sul territorio italiano.

E’ un legame inscindibile quello che lega le opere dell’ingegno umano, con la loro fruibilità e percezione, e con l’ambiente nel quale sono inserite. Un legame d’altra parte non nuovo, come faceva osservare l’architetto Le Corbusier che già nel 1939 scriveva: «Una strada non è un’entità chilometrica, è un avvenimento plastico in seno alla natura».

Mettere assieme umanesimo, scienza, ambiente e lavoro è una sfida che l’uomo deve saper sostenere e trovo particolarmente suggestivo promuovere questa consapevolezza attraverso un convegno che si tiene nella città di Assisi, il piccolo luogo da cui è partito il messaggio universale di San Francesco – che ha conquistato il mondo – dell’uomo come elemento centrale nell’armonia del Creato.

Prima di Francesco anche il mondo classico inseguì una universalità che valorizzasse l’unità delle conoscenze e dei saperi, ma non riuscì a proporre un modello che ponesse l’uomo come centro della complessità, perché mancava di un sistema capace di proiettarlo in un futuro, in un divenire complesso e dinamico, essenza questa dell’Umanesimo.

A ben vedere la filosofia greca, quella latina, la letteratura classica hanno espresso tante visioni del mondo diverse le une dalle altre; tante intuizioni dell’Essere, della forma, della sostanza, delle idee.

Se noi oggi leggiamo i Classici e li apprezziamo è proprio perché arricchiamo la nostra mente, studiando e analizzando le tante interpretazioni che la cultura classica ha saputo dare dell’Essere e del Creato, pur tuttavia non ricaviamo una risposta compiuta alle domande che ci poniamo.

La rivoluzione medievale, segnatamente quella francescana, riportando l’uomo al centro del Creato ha valorizzato il rapporto tra questo e Dio e tra l’uomo e gli altri uomini.

L’umanizzazione del Creato di Francesco (“Fratello Sole, Sorella Luna”) esprime una rilevanza rivoluzionaria della relazione tra l’uomo e l’ambiente, essendo l’ambiente un’espressione del creato e del Creatore. Ed anche il Rinascimento e tutti i movimenti filosofici fino ai giorni nostri hanno individuato nel legame tra uomo, ambiente e saperi diversi un sistema complesso di relazioni e di scambi che a volte appaiono fragili perché creano tensioni, rotture ma che sono parte integrante della modernità che è complessità.

L’intuizione del bello, del valore estetico della natura, del senso dell’armonia che regge il mondo, non è un traguardo che l’uomo raggiunge una volta per sempre, non è un’aspirazione filosofica, ma è un’azione dinamica, un processo in divenire, che costantemente l’uomo deve saper gestire, in equilibrio con l’ambiente e con la produzione industriale.

Ciò vale tanto più per le opere d’arte infrastrutturali, siano esse gallerie, viadotti, o ponti.

Tra le ‘tensioni’, alle quali si deve in qualche modo assoggettare l’opera d’arte stradale o ferroviaria, vi è l’importante tema della tutela del paesaggio e del territorio, che costituisce in apparenza un limite, ma in realtà è uno stimolo alla ricerca e all’innovazione, verso l’adozione di quelle nuove metodologie di progettazione, di lavorazione, di recupero di materiali, di protezione dell’ambiente che sono comprese nel concetto generale di ‘sviluppo sostenibile’.

Oggi questa costante tensione della ricerca di un equilibrio tra opere ed ambiente passa attraverso un processo, a volte faticoso, di autorizzazioni e di valutazioni.

Ma la storia ultra ottantennale della nostra Azienda non si è formata in virtù degli obblighi derivanti da leggi e procedure, ma sulla base di un consenso che abbiamo saputo costruire nel tempo, per la capacità di una classe dirigenziale di comprendere l’assoluta importanza della preservazione dell’ambiente e degli ecosistemi, in accordo con le istituzioni locali e le altre realtà territoriali.

E’ proprio il lungo, e a volte faticoso e logorante processo di consultazione e di condivisione delle scelte che costituisce la realizzazione nel concreto, quindi nella realtà, di quel principio di unitarietà che, come ho precedentemente accennato, è l’essenza della modernità.


2.  L’Anas per uno sviluppo sostenibile

Sviluppo sostenibile è un concetto generale, una bella affermazione di principio che, se non declinata e spiegata, rimane un’espressione vuota.

Sviluppo sostenibile è infatti un concetto astratto e apparentemente contraddittorio, poiché la crescita e lo sviluppo, per essere realmente tali, non dovrebbero incontrare nessuna forma di condizionamento.

E tuttavia, da tempo, le società moderne si sono poste i limiti ad una crescita senza controllo, senza regole, nella consapevolezza che un tale sistema arreca più danni che vantaggi.

Nell’ambito della costruzione progettuale del rapporto tra l’opera ed il contesto nel quale è inserita, ci si trova dunque a doversi confrontare con una valutazione integrata degli obiettivi ambientali, sociali ed economici.

Per sostenibilità economica, si intende la capacità di un sistema economico di generare una crescita duratura degli indicatori economici; in particolare si intende la capacità di produrre e mantenere, all’interno del territorio, il massimo del valore aggiunto.

Per sostenibilità sociale, si intende la capacità di garantire condizioni di benessere umano equamente distribuite per classi e per genere.

Per sostenibilità ambientale, si intende la capacità di preservare nel tempo le tre funzioni dell’ambiente, vale a dire: fonte di risorse naturali, ricettore di rifiuti ed inquinanti, nonché fornitore delle condizioni necessarie al mantenimento della vita.

In termini infrastrutturali gli impatti più evidenti con l’ambiente riguardano quindi il patrimonio archeologico e il patrimonio del paesaggio. E ciò soprattutto in Italia, dove paesaggio naturale e archeologico si integrano e si confondono uno nell’altro, con innumerevoli siti, ritrovamenti e testimonianze, rispetto ai quali l’opera dell’uomo moderno è quello di garantirne l’accessibilità.

3.  Le strade come patrimonio culturale

L’attuale sviluppo delle strade italiane è ‘memoria’; è il frutto del lascito dell’antichità e si innesta sull’originale reticolo di duemila anni fa. Per queste ragioni i beni culturali ed artistici risultano “immersi” – oltre che talvolta “sommersi” – nella rete e nei tracciati delle moderne arterie dello Stato.

Le testimonianze materiali di una siffatta persistenza sono più estese ed importanti di quanto comunemente non si pensi o si percepisca.

Una quantità di opere d’arte stradali realizzate dai romani, sono ancora lì al loro posto, come gli antichi le avevano lasciate, funzionali e aperte al transito: basta citare, ad esempio, il Furlo, il Forulus, il tunnel scavato da Vespasiano e successori sulla Via Flaminia, nelle gole dell’Appennino Umbro-Marchigiano, che, pur affiancato dalla nuova moderna galleria, è ancora in servizio; o il taglio del Pisco Montano dopo Terracina per consentire il passaggio della Via Appia, realizzato da Traiano; per non citare le grandi strade consolari romane che furono il vero strumento di controllo e di gestione dell’Imperium da parte degli Imperatori romani.

Agli antichi romani va quindi riconosciuto il merito di avere avuto la consapevolezza che la crescita economica e culturale della società passa necessariamente attraverso il rafforzamento e la gestione del sistema dei trasporti e della libertà di movimento di beni e persone.

Questa consapevolezza ha consentito di elevare culturalmente e di dare grande valore sociale ad opere stradali – penso ad esempio alla Via Salaria, alla Via Aurelia, alla Via Appia – che sono diventate un patrimonio artistico costituito non solo dai beni materiali, ma soprattutto da un insieme di beni immateriali, che è cresciuto attorno ad esse: penso alle conoscenze, ai libri, al lavoro di catalogazione e ricerca, al lavoro di conservazione e restauro: tutto questo si integra con accessibilità e valorizzazione.

Questa trasformazione della strada in valore culturale e sociale non appartiene solo al passato.

Recentemente, ad esempio, il Grande Raccordo Anulare di Roma, è stato il soggetto protagonista del film di grande successo ‘Sacro Gra’, vincitore del Leone d'oro al Festival del Cinema di Venezia dello scorso anno.

Il film documenta, senza commento esterno o interviste di sorta, scene di vita reale che si svolgono lungo l'anello autostradale che circonda Roma, mostrando una variegata umanità: dal pescatore di anguille sul Tevere, al barelliere del 118 che soccorrere le vittime di incidenti stradali; da un botanico che difendere un'oasi di palme ad un ex-principe che vive in un sontuoso palazzo vicino al GRA; da un gruppo di prostitute che staziona ai margini della strada dentro un camper scalcinato, ad un raduno di devoti che presenzia ad una "apparizione della Vergine".

4.  Il rapporto tra nuove e antiche infrastrutture

Parlare di recupero e gestione dei beni culturali legati all’infrastrutturazione stradale significa affrontare anche l’aspetto più complesso ed articolato della gestione del paesaggio e della programmazione dell’intervento sui beni culturali.

Come Azienda di progettazione e di gestione delle infrastrutture stradali, l’Anas è impegnata al migliore inserimento dei propri manufatti nel contesto paesaggistico. E questo non tanto perché lo richiede la legge attraverso molteplici procedure quali:

·   valutazione di impatto ambientale;

·  autorizzazione paesaggistica;

·   verifica preventiva dell’interesse archeologico;

ma perché la ricerca e l’equilibrio tra opere ed ambiente fa parte da sempre della storia imprenditoriale e culturale degli ingegneri di Anas.

Basti citare, ad esempio, il lungo elenco dei maggiori Maestri italiani del Novecento dell’ingegneria dei ponti e delle grandi strutture, che hanno disegnato, per iniziativa dell’Anas, il nuovo paesaggio italiano: Pierluigi Nervi, Giulio Krall, Riccardo Morandi, Sergio Musmeci, Silvano Zorzi, solo per nominare i più conosciuti e importanti.

E’ un dato di fatto innegabile, peraltro, che la spinta ambientalista nel nostro Paese abbia determinato uno sviluppo positivo della normativa del settore delle costruzioni, che è oggi in grado di regolare e regolamentare gran parte delle attività che hanno impatti con l’ambiente.

Grazie a questa normativa, la costruzione di ogni progetto infrastrutturale vede co-protagonisti le strutture del Ministero dell’Ambiente e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, oltre agli Enti territoriali. E infatti, una volta che la soluzione progettuale è stata elaborata e approvata dagli organi aziendali dell’Anas, essa viene sottoposta al vaglio dei ministeri citati, attraverso la Valutazione di Impatto Ambientale. In base a tale procedura, prevista dalla legge, viene analizzata la compatibilità ambientale di tutti i progetti di opere pubbliche di interesse nazionale e se ne prescrivono le condizioni approvative per le fasi progettuali successive, per la realizzazione e la gestione fino alla dismissione al termine della vita utile dell’opera – dalla culla alla tomba.

Successivamente, i progetti vengono discussi e approvati nelle Conferenze di Servizi, con incontri istruttori in cui le istituzioni locali e centrali competenti si confrontano per adeguare l'opera alle esigenze socio-ambientali dei territori interessati e per individuare (attraverso specifici accordi) in maniera più puntuale gli interventi di mitigazione e compensazione dell’impatto ambientale.

Le decisioni e le soluzioni tecniche adottate risultano, infatti, come una sorta di compromesso perché bisogna tener conto che le strade, per la loro stessa natura di infrastruttura lineare, interferiscono direttamente con il tessuto urbanistico, ambientale e viario preesistente. Ogni area attraversata deve essere ripristinata, ma in molti casi il ripristino "tal quale" non è consentito, per i più vari motivi orografici, urbanistici, territoriali.

Il progetto esecutivo delle interferenze pertanto viene redatto dall’Anas di concerto con i Comuni, le Province e le Regioni, in modo da risolvere il maggior numero di problemi.

D’altra parte la complessità del territorio su cui le infrastrutture stradali vanno ad incidere, ha portato l’Anas a interpretare estensivamente quello che è l’obbligo di legge: ogni opera è oggetto di un accurato studio di impatto ambientale, allo scopo di individuare le migliori soluzioni progettuali per mitigarne e compensarne gli effetti.

Per questo motivo per l’Anas la fase della progettazione è vista non soltanto come mera prefigurazione di opere fisiche e funzionali, ma anche come costruzione di una prospettiva per il futuro che consente di rendere congruenti gli obiettivi di tutela ambientale e di sviluppo del territorio.

Da sempre, quindi, il nostro operare si è caratterizzato per una stretta cooperazione con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e con le Soprintendenze territorialmente competenti e per una costante ricerca al fine di trovare soluzioni tecniche volte alla migliore mitigazione e compensazione ambientale.

La mitigazione ambientale prevede opere per abbattimento del rumore, contenimento degli inquinanti nell’aria, e creazione di vegetazione attorno all’infrastruttura.

La compensazione ambientale prevede opere di rimboschimento in aree contigue a zone disboscate o la rinaturalizzazione di superfici nel territorio interessato dall’opera con il ripristino di habitat idonei alla conservazione delle specie faunistiche e vegetali.

D’altra parte l’inserimento e l’integrazione dei manufatti infrastrutturali nel territorio fanno parte della tradizione progettuale ed ingegneristica dell’Anas. Ad esempio importanti interventi di questo genere sono stati realizzati dall’Anas, quando era concedente del sistema autostradale, per il Raccordo Autostradale Valdostano (che unisce Aosta con Courmayeur), che si inserisce armonicamente nella valle, con un impatto ambientale minimo.

Questa ricerca dell’integrazione della strada nel territorio costituisce una sfida e uno stimolo per i progettisti. Basti ad esempio pensare alla Statale Amalfitana, il cui sviluppo è così integrato e inserito nel contesto paesaggistico da essere stata dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità; o alla soluzione ingegneristica che ha consentito di recuperare l’intero percorso dell’Appia Antica che era stato tagliato in due dal vecchio tracciato del Grande Raccordo Anulare di Roma.

Questa sensibilità verso l’ambiente da parte dell’Anas prosegue anche oggi, come è avvenuto nella progettazione e realizzazione della nuova autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria che, soprattutto nel tratto calabrese, oggi ‘scompare’ lungo le dorsali montuose e non costituisce più una ferita per il territorio. Ne è uno straordinario esempio il mutamento di paesaggio nel tratto Bagnara-Scilla consentendo il recupero dei delicati ambiti eco sistemici della Costa Viola.

L’attenzione all’arte e alla cultura da parte di un’azienda come l’Anas, viene testimoniata dai numerosi casi di recupero di patrimoni archeologici legati ai lavori stradali o autostradali.

Tra i tanti casi che potrei citare, vale la pena ricordare i lavori che l’Anas ha effettuato negli scorsi anni sulla Strada Statale 17 “dell’Appennino Abruzzese e Appulo-Sannitico” e che hanno consentito di portare alla luce l’opera stradale voluta dall’imperatore Claudio: la Via Claudia Nova - costruita intorno alla metà del I secolo d. C. – che costituiva una vera e propria bretella tra le Vie Salaria e Cecilia a nord e la Via Tiburtina Valeria a sud.

Un altro esempio di stretta collaborazione tra Anas e le Soprintendenze Archeologiche si è avuto soprattutto con i lavori di realizzazione del nuovo tracciato della Autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria.

Nella sola provincia di Salerno, ad esempio, sono stati portati alla luce ben 15 siti archeologici importanti, oltre alla scoperta di altre 150 testimonianze archeologiche e aree ‘sensibili’ dal punto di vista archeologico.

Tra i ritrovamenti più significativi, lungo l’asse Salerno-Atena Lucana, vanno annoverati quello di un’antica città etrusca, di due ville rustiche romane d’età imperiale (I-IV sec. D.C.), di una necropoli e, probabilmente, di un tratto della via consolare Annia-Popilia.

Sono stati, inoltre, rilevati fossili, fornaci e carbonaie.

In molti casi, l’Anas ha predisposto varianti al progetto per salvaguardare le presenze archeologiche. Gran parte degli scavi archeologici sono stati resi possibili proprio grazie ai finanziamenti di Anas.

Di grandissima rilevanza sono i ritrovamenti effettuati nei pressi di Pontecagnano, dove è in corso la più significativa campagna di ricerca archeologica italiana degli ultimi cento anni: è stato scoperto un antico insediamento, sconosciuto a tutte le fonti storiche – dell’estensione di circa 70 ettari (pari cioè ad Ostia antica) - che è l’avamposto più meridionale della colonizzazione etrusca nell’Italia.

L’evoluzione dell’impianto urbanistico di questa città etrusca – sulla quale successivamente si sovrappose la colonia romana di Picentia fondata nel III secolo avanti Cristo - è stato ricostruito in seguito alle risultanze del grande lavoro archeologico della Soprintendenza iniziato subito dopo che i lavori per la costruzione della terza corsia dell’A3 avevano messo a nudo un settore periferico dell’antico abitato.

Questa scoperta è la dimostrazione di quanto forte e stretto sia il rapporto tra costruzione di nuove infrastrutture e scoperta e gestione delle antiche infrastrutture.

Non vanno dimenticati gli importanti rinvenimenti archeologici effettuati durante i lavori per il potenziamento del Grande Raccordo Anulare, fra i quali: una necropoli di epoca imperiale con sepolture dotate di corredi e monili; il ritrovamento dell’antica Via Veientana; la messa allo scoperto di una villa romana di epoca imperiale; una camera funeraria di epoca romana; l’individuazione del tracciato della Via Flaminia Antica Augustea.

A questi ritrovamenti si aggiunge anche il restauro del ponte romano lungo l’antica via Flaminia sul Cremera, il ponte usato da Ottaviano Augusto per raggiungere la sua Livia nella sontuosa villa “Ad Gallinas Albas”.

Nei precedenti lavori conclusi per il Giubileo, erano stati scoperti tratti dell’antica Via Latina e, in un sepolcreto, un defunto con la moneta in bocca per pagare l’obolo a Caronte.

5.  Il bilancio di sostenibilità di Anas

Alla luce di quanto fino ad ora detto, non c’è dubbio che la responsabilità sociale di impresa, cioè l’integrazione di preoccupazioni sociali ed ecologiche in tutte le operazioni che essa compie, sia di natura industriale che commerciale, faccia parte della missione stessa dell’Anas.

Non a caso a partire dall’esercizio 2008, l’Anas ha deciso di redigere ogni anno (ora all’interno del Bilancio Integrato), un Bilancio di Sostenibilità che persegue l’obiettivo di dar conto ai cosiddetti stakeholder dell’Azienda, cioè ai portatori di interesse che concorrono a sostenerne l’iniziativa economica (clienti, fornitori, finanziatori, dipendenti, manager, stato, enti locali, altri gruppi di interesse), delle performance di “responsabilità sociale” e di “sostenibilità” conseguite dalla Società, ovvero dell’impatto sociale ed ambientale delle attività svolte, intese come l’insieme degli effetti prodotti che ricadono sulla comunità.

L’importanza dello sviluppo e del mantenimento delle strade, che sono un elemento essenziale dello sviluppo del Paese, comportano infatti diversi impatti negativi sull'ambiente derivanti sia dagli effetti della presenza fisica della strada sul territorio quali, ad esempio, l’utilizzo del suolo, le emissioni in atmosfera, la produzione di rifiuti, l’inquinamento acustico; sia dagli aspetti strettamente legati al processo di costruzione, che includono l’erosione del suolo, l’inquinamento delle acque superficiali dovuta alle materie prime di costruzione, la deviazione dei corsi idrici, la deforestazione. Tali impatti possono avere conseguenze tanto di breve termine quanto di lungo termine, e richiedono per tanto una significativa attenzione da parte di progettisti, costruttori e gestori delle strade.

In un’ottica di sviluppo sostenibile tutti gli impatti devono essere attentamente individuati e valutati già prima della costruzione di una strada, al fine di minimizzarne gli effetti sia sull’ambiente sia sulla popolazione umana. Inoltre, tali effetti devono essere costantemente monitorati e, quando possibile, contenuti e mitigati.

L’Anas nel corso degli ultimi anni (2011-2013) si è quindi impegnata nel migliorare le performance ambientali, contenendo i consumi di energia elettrica (a 1,4 milioni di GJ, gigajoule), aumentando il ricorso a fonti rinnovabili (da 377 a 576 GJ), riducendo l’emissione di gas (da 166mila a 159mila ton. di CO2).

Un’attività, quella relativa all’ambiente, che Anas svolge quindi costantemente tanto più se si tiene presente il particolarissimo sviluppo delle strade gestite da Anas che attraversano le aree protette o aree ad elevata biodiversità:

·  1.553 km in aree protette (Elenco Ufficiale Aree Naturali Protette)

·  41,7 km in zone umide di importanza internazionale (Ramsar)

·  1.634 km in siti di importanza comunitaria (SIC)

·  1.775 km in zone di protezione speciale (ZPS).

La lunghezza totale delle strade Anas localizzate in aree protette, o nelle immediate vicinanze, risulta quindi essere di 4.719 km (in quanto vi sono aree di sovrapposizione). Un dato oggettivamente molto significativo.

6.  Conclusioni

Nel nostro Paese sono molte le aree di coincidenza e di sovrapposizione tra patrimonio infrastrutturale e patrimonio culturale, con la conseguenza che spesso non si può distinguere e separare le azioni per la tutela e valorizzazione dell’uno da quelle per la tutela e valorizzazione dell’altro.

Dobbiamo trarre insegnamento dalla storia e riprodurre – pur nelle forme diverse della modernità – la grande lezione che ci proviene dai nostri predecessori: le infrastrutture devono essere non solo mere strade, ma diventare vere e proprie vie di progresso. Immaginare i tracciati vuol dire immaginare contestualmente l’uso di interesse generale che ne verrà fatto.

Solo attraverso il complesso delle azioni e dei virtuosi comportamenti che ho cercato di illustrare, il progetto stradale, sia esso grande o piccolo, può assumere il carattere di un processo complesso ed interdisciplinare, in cui opera e contesto paesaggistico sono affrontati insieme fin dal momento ideativo, con l’obiettivo di dare all’infrastruttura stradale il valore positivo di costruzione del territorio.

Questo approccio, che è diventato un nostro metodo di progettazione e di lavoro, ha consentito ad Anas di entrare a far parte del Global Compact delle Nazioni Unite, un network che unisce governi, imprese, agenzie delle Nazioni Unite, organizzazioni sindacali e della società civile, con lo scopo di promuovere su scala globale la c.d. “Cultura della cittadinanza d'impresa”.

Un termine con il quale si indica la propensione per soggetti non pubblici, come le imprese, di farsi carico di beni comuni quale l’ambiente.

Di questo siamo ovviamente molto orgogliosi.

Grazie.

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