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Card. Peter Turkson: serve una nuova visione di quello che chiamiamo 'sviluppo'

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Intervento del Card. Turkson per il meeting sull'ambiente Nostra Madre Terra del 2013.

La custodia del Creato è un tema ricorrente nel Magistero della Chiesa; Papa Francesco ne parlò già nei suoi primi interventi come Pontefice e ne parla anche nella sua prima Enciclica, Lumen Fidei. “La fede…, nel rivelarci l’amore di Dio Creatore, ci fa rispettare maggiormente la natura, facendoci riconoscere in essa una grammatica da Lui scritta e una dimora a noi affidata perché sia coltivata e custodita; ci aiuta a trovare modelli di sviluppo che non si basino solo sull’utilità e sul profitto, ma che considerino il creato come dono, di cui tutti siamo debitori; ci insegna a individuare forme giuste di governo, riconoscendo che l’autorità viene da Dio per essere al servizio del bene comune.” (Lumen Fidei, n. 55).

Non dimentichiamo però, che Papa Francesco si colloca nella scia dei suoi predecessori: Benedetto XVI e Giovanni Paolo II, scia che si richiama anche alla Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II. Possiamo inoltre risalire, ancora più indietro nel tempo, fino a San Francesco d’ Assisi, o ai Padri della Chiesa e, soprattutto, alla Sacra Scrittura. Quello che voglio evidenziare è quanto la custodia del Creato non sia una moda odierna della Chiesa, bensì una componente importante della sua missione.

Cosa intendiamo dunque per custodia del Creato? Come cristiani, crediamo che Dio Creatore abbia affidato agli uomini la speciale responsabilità di prendersi cura della natura ricevuta come dono. E che dono! Sappiamo come dice San Francesco nel Cantico delle Creature: “un dono prezioso… bello… utile…. robusto,… che ci sostenta”.

In che modo averne cura? L’intera umanità, con le sue varie istituzioni, e ogni singolo individuo, devono averne cura agendo in qualità di amministratori e custodi del Creato donatoci.

Il libro della Genesi e i Vangeli ci invitano ad amministrare il Creato come lo farebbe Dio stesso, ossia con il suo stesso amore. Dio volle che la natura fosse rigogliosa, che portasse frutto. Anche questo, allora, deve essere il nostro obiettivo: portare frutto! Questo “portare frutto”, penso, è un concetto ambizioso sul quale occorre riflettere di più, a costo di svincolarsi dalla mera mentalità di “sostenibilità” e di sfruttamento per il profitto.

Cosa andrebbe fatto perché la natura porti frutto, sia bella, sfami tutti, e le future generazioni possano trarne beneficio? Ritengo che scegliere il termine “creato” aiuti a capire meglio il senso della trascendenza, e a non dimenticare la nostra condizione di creature. Riflettere, invece, esclusivamente sul termine “ambiente” o sul termine inglese “environment” può contribuire a distanziarsi dal resto del creato, in quanto si sottolinea più una natura in cui siamo inseriti, che ci circonda, ma che tutto sommato non ci appartiene e quindi non ne siamo responsabili.


L’attività della Chiesa è ampia, a livello internazionale la diplomazia della Santa Sede presenta riflessioni e interventi volti a tutelare il creato, in particolare insistendo sul bisogno di creare una buona volontà politica per una gestione corretta e una divisione più equa delle risorse naturali comuni. Talvolta, la Santa Sede aderisce esplicitamente a trattati e/o a convenzioni internazionali in questo settore. La Curia Romana lavora anche su questioni ecologiche; con modalità e approcci diversi come, ad esempio, la Pontificia Accademia delle Scienze e il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace che rappresento. Negli ultimi tempi abbiamo pubblicato un Documento sull’acqua e stiamo lavorando sulle questioni riguardanti l’uso della terra, dello sviluppo agricolo, e su le questioni complesse delle miniere (il Dicastero ha organizzato da poco un importante Seminario di riflessione e confronto sulle miniere con la partecipazione di “CEO’s” delle più importanti Compagnie minerarie del mondo). Uno dei compiti del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace è proprio la diffusione della Dottrina Sociale della Chiesa di cui queste questioni, ambiente e risorse naturali che vi ho accennato, fanno parte, essa ci offre fondamentali principi etici in merito.

Non vanno dimenticate, poi, le innumerevoli azioni intraprese dalla Chiesa a livello locale destinate a tutelare il creato e a contribuire al beneficio delle popolazioni. Quante Congregazioni religiose, Diocesi, Parrocchie, ONG cattoliche o strutture Caritas sono attive in questo settore! Con progetti di riforestazione, di trattamento e riciclo dell’acqua, di tutela delle popolazioni autoctone. Quanto è importante e tuttavia sconosciuto il ruolo dei monasteri di vita contemplativa! C’è un amore per la terra e per le sue risorse, tanti religiosi hanno sviluppato una cura tutta particolare, armoniosa, per i campi, gli animali, le piante… Basta ricordare la nuova Patrona d’Europa (proclamata da Benedetto XVI): Santa Ildegarda di Bingen (contemporanea di San Francesco). Tale contributo non è sempre conosciuto ed evidente: ci sono monasteri ad esempio, che oggi lottano per difendere dallo sfruttamento industriale massiccio una piccola sorgente di acqua che serve a produrre birra. Altri, a causa dell’inquinamento ambientale non riescono più a produrre miele. Vorrei anche sottolineare come monaci e monache, oltre a gestire efficacemente i loro appezzamenti, siano anche frequentemente in comunione spirituale attraverso la natura. Se avete l’occasione di visitare alcuni giardini o chiostri di conventi, chiedete se i loro alberi, fiori o piante siano piantati a caso, vi risponderanno che ogni pianta ha una ragion d’essere e un significato importante. Ecco, io non so, ad esempio, cosa produce il Convento di Assisi, e non conosco il vostro giardino ma, sono convinto che anche voi come San Francesco curate e custodite “fratello fiore e sorella pianta”con amore!

Un’altra attività importante svolta dalla Chiesa è quella educativa che deve tendere ad accompagnare l’uomo a valorizzare, ripristinare e rinsaldare il rapporto con Dio suo Creatore, con la natura, con gli altri esseri umani e con se stesso.


Capita spesso di vedere che il creato viene ferito per inconsapevolezza, ignoranza, ma di sicuro non sono queste le cause che maggiormente lo danneggiano. La natura creata da Dio è danneggiata spesso dall’indifferenza e dal cinismo: quanti scarti, detriti, residui vengono buttati ovunque, malamente nascosti dietro a un cespuglio o inabissati negli oceani! Quanti scarichi inquinanti poi, nel suolo e nei corsi d’acqua! Tutto questo accade, di solito, perché “costerebbe troppo fare altrimenti” e “chi te lo fa fare” prendertene cura? Ciò compromette le risorse primarie quali l’acqua, l’aria, il suolo, e causa l’avvelenamento degli animali, la perdita di fertilità della terra da coltivare e non di rado, un danno anche alla salute umana. Inoltre, le risorse del creato sono troppo spesso sperperate irresponsabilmente: “perché usare poche risorse se sono in grado di procurarmene in sovrabbondanza?” tutto ciò a scapito degli altri! Tale è la mentalità liberista che consuma immense quantità di acqua, o risorse energetiche, a danno del resto dell’umanità e del più povero, che non è in grado di competere economicamente, ma anche a danno delle future generazioni che riceveranno in eredità un creato malato. Serve una forte e decisa volontà politica, da parte di tutte le istituzioni pertinenti e competenti, a livello locale e globale, che le leggi vengano concepite e applicate efficacemente da tutti gli attori coinvolti nella gestione dell’ambiente. Abbandoniamo logiche a breve termine, del tempo di un mandato elettorale o quello di far fruttare un investimento o, peggio ancora, della collusione con la corruzione e con la criminalità. Con il creato, di fatto, non possiamo scherzare “ciò che si semina si raccoglie” serve l’impegno di tutti a lungo termine con una visione multi- generazionale e solidale, e servono “indicatori” per valutare il cammino buono o cattivo che stiamo facendo. “Indicatori” che non tengano in considerazione solo parametri ecologici, ma anche lo stato delle comunità umane e delle stesse persone. Serve, inoltre, una nuova e migliore visione di quello che chiamiamo “sviluppo”. Rinunciamo al consumo superfluo, sperperando risorse riservate solo a una piccola e abbiente frazione di popolazione mondiale. Questa non è vera crescita! E non può essere l’unico criterio su cui basare un’economia. Sono in gioco e in causa i nostri stili di vita, di consumo e di produzione. Siamo consapevoli di quanto consumiamo, anche in termini di energia e di acqua? Vogliamo dare una sana e giusta scala di priorità ai possibili usi delle risorse naturali? Come usiamo e a cosa destiniamo le risorse naturali? In questo, ognuno di noi è responsabile e consapevole. Ognuno può e deve fare la sua parte.

Verremo giudicati anche su questo, dice il Vangelo!

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