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Il Santo di Assisi interpretato da Elio Germano

Redazione online web
Pubblicato il 30-11--0001

Tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana, San Francesco era il santo preferito dagli studenti, perché quattro giorni dopo essere tornati sui banchi (a quei tempi, le scuole riaprivano il primo di ottobre) il protettore d’Italia regalava a tutti una salutare giornata di vacanza, che rompeva lo stress del ritorno. Poi le feste sono state abolite – non si sa se dall’Impero Galattico o dalla Seconda Repubblica – il patrono d’Italia è stato messo in soffitta e altri ordini religiosi hanno conquistato l’attenzione dei mass media. È rimasto solo il cinema a interessarsi del «poverello di Assisi» probabilmente perché la sua vita – e le sue scelte religiose – sono le più cinematografiche di tutti.

Volete mettere un San Tommaso che passa il suo tempo a studiare la filosofia di Aristotele a confronto con un San Francesco che lascia le ricchezze della famiglia e va per le campagne italiane a predicare amore e povertà, parlando ai lupi e cantando con gli uccelli? Non c’è proprio gara! A parte gli scherzi (per cui spero che nessuno si senta offeso) varrebbe la pena di riflettere su questo fascino al contrario, visto che la spettacolarità era una delle cose da cui più di tutti Francesco e i suoi fraticelli rifuggivano. Roberto Rossellini con Francesco giullare di Dio ne esaltò la “follia” anticonformista, Michael Curtiz (con Francesco d’Assisi) e Franco Zeffirelli (con Fratello Sole, Sorella Luna) si fermarono più alla superficie, ricalcando una facile iconografia, mentre invece Liliana Cavani identificò giustamente nella regola dell’ordine, che li teneva lontani da ogni mondanità ed era la vera molla della loro adesione all’insegnamento di Gesù, il tema su cui costruire un film che rompesse con una tradizione piattamente illustrativa.

Nel suo primo Francesco d’Assisi, quello del 1966 con Lou Castel, la lucidità “laica” della regista mise ben in evidenza la sconfitta spirituale di Francesco, conscio che l’approvazione papale della sua regola era stata fatta per smussarne gli angoli più duri e ridurne la forza eversiva. (Diverso il Francesco che rifece nel 1989 con Mickey Rourke, specie di antieroe contemporaneo e hippie votato alla carità, molto più che un santo del XIII secolo). Significativo allora, che proprio sul problema della regola sia centrato l’ultimo film sul santo di Assisi, Il sogno di Francesco di Renaud Fely e Arnaud Louvet, in uscita proprio in questi giorni. I due registi francesi hanno affidato a Elio Germano il ruolo del poverello ma il vero protagonista è l’Elia di Jérémie Renier, perché è lui che si fa tramite tra Francesco e il papato (incarnato nel cardinal Ugolini di Olivier Gourmet).

È questo il nodo e il cuore del film: lo scontro tra l’intransigenza di chi vuole essere assolutamente fedele alla lettera evangelica e chi invece pensa che qualche compromesso sia accettabile per permettere all’ordine di ricevere l’approvazione della Chiesa e quindi poter crescere e diffondersi. E la scena centrale del film è proprio quella di Elia che, con una penna d’oca, elimina dalla primitiva stesura della regola le frasi più dure, per esempio il diritto a non ubbidire ai superiori se questi ti chiedono qualcosa che va contro la fede. Scene che danno al film un senso e una necessità che finora non si erano mai visti al cinema. (Paolo Mereghetti - Sette Corriere della Sera)

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