cronaca

Il padre di Rami, 13enne eroe: «Premiatelo con la cittadinanza italiana»

Redazione ANSA
Pubblicato il 21-03-2019

Due dei bambini che hanno dato l’allarme sono nati in Italia ma per la legge sono stranieri

«Mio figlio ha fatto il suo dovere, sarebbe bello se ora ottenesse la cittadinanza italiana». Lo chiede Khalid Shehata, il padre di Rami, il 13enne che ieri ha nascosto il cellulare all’autista sequestratore e che con i suoi compagni è riuscito a fare la prima telefonata al 112 per dare l’allarme.

«Siamo egiziani, sono arrivato in Italia nel 2001, mio figlio è nato qui nel 2005, ma siamo ancora in attesa di un documento ufficiale. Vorremmo tanto restare in questo Paese. Quando ieri l’ho incontrato l’ho abbracciato forte» ha aggiunto. Rami, Aadm, Ricky: sono gli eroi bambini che — insieme ai carabinieri — hanno permesso che il sequestro non finisse in tragedia. «Rami — ha raccontato un altro suo compagno di classe, Ricky — è stato furbo: aveva nascosto il cellulare, ha fatto le prime chiamate al 112. A un certo punto gli è caduto per terra, senza farmi vedere sono andato a raccoglierlo e l’ho passato ad Adam, dietro di me».

A quel punto Adam ha chiamato i genitori. Tre volte, perché all’inizio non gli credevano. Ram e Adam non sono italiani: pur essendo nati in Italia, non hanno la cittadinanza poiché i loro genitori sono stranieri. La potranno avere solo se fino a loro 18esimo anno risiederanno continuativamente in Italia e ne faranno richiesta (la legge per darla ai bambini nati in Italia infatti non è mai stata approvata dopo che nel dicembre 2017 i senatori di Lega e 5 Stelle hanno disertato il voto). «Facciamo parte di questo Paese, lo sentiamo come nostro, ma non abbiamo potuto chiedere la cittadinanza ed è un prezzo che pagano anche i nostri figli», hanno spiegato i genitori dei due ragazzi all’Agi.

Il padre di Adam, di origini marocchine, è in Italia dal 2002. «Non ho fatto domanda perché per un anno ho lasciato l’Italia e quindi la mia residenza non risulta continuativa: mi servirebbe un avvocato ma abbiamo sempre cercato di risparmiare». Il padre di Rami, egiziano, è arrivato in Italia invece nel 2001. «Non sono mai riuscito a mettere insieme le carte necessarie per fare la domanda, ma questo Paese lo sento come mio. Anche per questo sono così orgoglioso di mio figlio che lo ha difeso».

Elena Tebano Corriere.it

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