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IL MESSAGGIO DEL DIRETTORE DELLA SALA STAMPA, PADRE FORTUNATO

Redazione online
Pubblicato il 15-12-2018

L’uomo occidentale - scrivono Giuseppe de Rita e Antonio Galdo nell’illuminante libro “Prigionieri del Presente” - vive una specie di crisi antropologica. Non governa la modernità, ha smarrito la sua bussola più preziosa: il rapporto con il tempo.

Non esiste più l’eterno, l’Alto, l’altro, la prospettiva. Ma esiste l’eterno presente, una forma di nuova schiavitù. In questo momento quanti di noi stanno guardando il cellulare? Non solo siamo vittime del presente, ma non siamo neanche più presenti a noi stessi e a chi ci sta di fianco, davanti o dietro. Un senso di caos ci pervade: siamo deboli, fragili, aggrappati all’inseguimento degli istanti e degli istinti. Uno dietro l’altro, senza via di fuga. Il presente ci assedia, ne siamo prigionieri, con le mani in alto, in segno di resa incondizionata.

 

Rischiamo di vivere un tempo senza memoria, senza slanci, un tempo che diventa liquido ed evapora nell’affanno dell’attimo breve, anzi brevissimo, che è il presente. E pensare che la parola fretta, vera diva dell’eterno presente, deriva dal latino fregare. In un certo senso, segnala la sorte dell’uomo che in questo modo rimane fregato.

Eccoci all’annuale concerto di Natale a contrapporre con forza alla fretta il verbo attendere. Quest’ultimo è carico di speranza, oggi più che mai necessaria. Soprattutto in questi momenti - drammatici a livello umano, sociale, economico, religioso e familiare - giunge, nelle case degli italiani e in diversi paesi nel mondo, un messaggio di pace che ci induce a fermarci e a chiederci: chi attendiamo?

Grazie alla sinergia con Intesa Sanpaolo e alla Rai che da sempre guarda con attenzione ad Assisi, a Francesco, alla nostra comunità e a quei valori che possono irrobustire la nostra umanità e spingerci a ricominciare. A ricominciare sempre.

I risultati sono davvero incoraggianti, l’anno scorso il Concerto di Natale da Assisi, trasmesso come ogni anno il 25 Dicembre subito dopo la benedizione Urbi et Orbi di Papa Francesco, ha raggiuntodue milioni e mezzo di telespettatori con uno share del 22.4%. È stato tramesso, oltre che in Eurovisione, anche in Giappone, in Ungheria, Albania, Grecia, Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Colombia, Costa Rica, Cuba, Repubblica Domenicana, Ecuador, El Salvador, Guatemala, Messico, Nicaragua, Perù, Uruguay, Venezuela.

Un messaggio illumina le nostre strade e ci rende quelli che non hanno paura del buio, proprio perché dentro la notte, per chi spera, c’è un mondo in stato di febbrile e appassionata attesa: il fornaio col suo lievitare il pane, il camionista nella piazzola dell’autogrill, l’editore nel buio della sua redazione, il frate nel silenzio claustrale della sua cella, la mamma nell’angosciante attesa di un ritorno.

 

E allora alimentiamo la nostra attesa, andando controvento con una preghiera che diventa relazione, comunicazione, vera notizia:

 

Io mi arrabbio, e lui mi dice: perdona!

Io ho paura, e lui mi dice: coraggio!

Io ho dubbi, e lui mi dice: fidati!

Io sono Inquieto, e lui mi dice: sii tranquillo!

Io voglio stare comodo, e Lui mi dice: seguimi!

Io faccio progetti, e Lui mi dice: metti da parte i tuoi gusti!

Io accumulo, e Lui mi dice: lascia tutto!

Io voglio sicurezza, e Lui mi dice: dona la tua vita!

Io penso di essere buono, e Lui mi dice: non basta!

Io voglio essere il primo, e Lui mi dice: cerca di servire!

Io voglio comandare, e Lui mi dice: ascolta!

Io voglio comprendere, e Lui mi dice: abbi fede!

Io voglio tranquillità, e Lui mi chiede disponibilità!

Io voglio rivincita, e Lui mi dice: guadagna tuo fratello!

Io metto mano alla spada, e Lui mi dice: riconciliati!

Io penso alla vendetta, e Lui mi dice: porgi l’altra guancia!

Io voglio essere grande, e Lui mi dice: diventa bambino!


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