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Il cuore accogliente della città di Siracusa.

Antonio Tarallo siracusanews
Pubblicato il 28-01-2019

Il cuore della Sicilia. E l’umanità perduta. Un popolo di accoglienza, da sempre, che si è espresso nell’ultima vicenda che sta interessando i giornali internazionali: la vicenda che sta interessando l’opinione pubblica  dalla notte di giovedì 24 scorso, quando la nave è stata bloccata al largo delle coste di Siracusa.

Abbiamo sentito il Sindaco di Siracusa, Francesco Italia, che ha visitato la nave, assieme a una delegazione composta da 3 parlamentari, 2 avvocati, e 1 psichiatra ieri, in un blitz – così è stato definito dalla stampa. Francesco Italia, una voce di umanità, di senso di fratellanza. Ecco come ha risposto alle nostre domande.

Quale situazione ha trovato, salendo sopra la nave?

“La prima sensazione è quella di profondo disagio. Ho ancora dentro il cuore, gli occhi persi, spauriti di tutte quelle persone ammassate l’uno sopra l’altro, in condizioni sanitarie precarie e preoccupanti per la loro vita. Ho notato i segni di tortura estrema sulla loro pelle, torture avute in Libia. Per questi motivi scappano, per uscire dall’inferno – così lo definiscono – della Libia. Ho parlato con un giovane che per essere in quella nave, ha dovuto lavorare per ben tre anni. Per dodici ore al giorno. Questa si chiama schiavitù”.

Umanamente, come Francesco Italia, come sta vivendo tutto questo. Mi riferisco all’uomo, non al sindaco.

“Sono devastato da quanto sti accadendo. A sera, quando ritorno a casa, non posso che pensare a quei ragazzi, a quelle persone. Credo sia importante mettere al centro sempre l’Uomo. La politica dovrebbe venire dopo, e trovo scandaloso che per interessi politici, situazioni del genere, vengano utilizzate dalla stessa politica. La politica è prima di tutto servizio verso il prossimo. E in quest’ottica, l’accoglienza di persone in questo stato è sacrosanto. Ieri, guardando i fuochi della processione di San Sebastiano, il compatrono della nostra città, ho pensato a loro, al loro disagio e alla speranza di poter dare un po’ di calore, in quei fuochi, al loro animo, alla loro persona. E’ una battaglia che affronto con l’idea che ogni essere umano abbia diritto di sapere quale possa essere la propria destinazione. Quelle persone, lì, aspettano questo. E lo aspettano, ora”.

Quali sono le prossime mosse per sensibilizzare il governo italiano e l’opinione pubblica?

“Già le associazioni, di qualsiasi colore politico – perché ripeto qui non è in ballo nessun tornaconto politico – si stanno battendo per dare la loro solidarietà alla vicenda. Per questo sono felice che la delegazione è stata trasversale. Ci sono valori e principi che travalicano ogni colore, ogni ideologia. E noi continueremo su questa visione, con il cuore di siracusani”.

E allora abbiamo anche ascoltato un comune cittadino, l’uomo della strada, anche lui siracusano, per comprendere come la cittadinanza stia vivendo questo momento. Padre di due figli, Francesco – si chiama così anche lui, come il sindaco, strana coincidenza – che conosce la terra di Siracusa, ma soprattutto conosce bene la storia della città, “sempre pronta all’accoglienza”, così ci dice. “Per noi siracusani, l’accoglienza, l’ospitalità, è sempre stato un nostro modo di vivere. Dal 2013, dai primi sbarchi degli immigrati, abbiamo sempre dato la nostra disponibilità ad accogliere chi fosse in condizioni disagiate, ricordo i primi barconi, i primi volti impauriti e spauriti. Da sempre, quindi, siamo pronti ad essere tutti fratelli”. E poi continua: “La politica qui non c’entra, anche io ho partecipato alla manifestazione di solidarietà e vedere bandiere di tante provenienze politiche, mi ha dato proprio questo messaggio: prima di tutto viene sempre l’Uomo, poi tutto il resto”. Francesco ne parla a casa, dopo la sua giornata di lavoro. Ne parla con la famiglia. Sua figlia sta per divenire “carabiniere” e la pensa come lui. Accumunati entrambi dall’idea di accoglienza e di umanità. E’ tutto lì, il segreto, la soluzione di questa triste vicenda.


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