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I Tornado sparirono dai radar. Lo scontro fuori dall’area autorizzata all’esercitazione

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Quello che è sicuro è che i quattro ufficiali sono morti. E che pochi istanti prima di schiantarsi erano scomparsi dai radar. E la causa di tutto potrebbe essere un errore umano. Il resto è un enorme punto interrogativo. Sulla dinamica, sulla ricostruzione, sulla tragedia. Un mistero dopo l’altro. Come quello del radar che, a un certo punto, perde il segnale dei due tornado, proprio poco prima dello schianto nei cieli intorno ad Ascoli. Dubbi che per il momento resteranno tali: le inchieste hanno bisogno dei loro tempi e, soprattutto, delle scatole nere che ancora non sono state trovate. Due corpi mancano ancora all’appello. Altri due — o meglio: parti di essi — sono stati trovati ma, in quelle condizioni, non è possibile capire di chi siano. Ci vorrà l’esame del Dna per sapere se quei resti appartengono all’appassionato di Top Gun, Alessandro Dotto, al navigatore musicista Giuseppe Palminteri, o al papà di un bambino di un anno, Paolo Piero Franzese. Di certo non sono stati trovati i resti di Mariangela Valentini, una bella ragazza con gli occhi azzurri e la passione per gli aeroplani. Al momento tutto quello che rimane di lei è il casco con il suo cognome.

Le ricerche continuano e proseguono anche di notte nei cieli e sulle colline intorno ad Ascoli dove il rumore degli elicotteri e quello dei Canadair ormai da due giorni è la colonna sonora di un paese in apprensione. Si cerca ovunque, ormai: i resti dei due velivoli sono sparsi su un territorio molto vasto. Basti pensare che i resti di due degli ufficiali, probabilmente appartenenti allo stesso equipaggio, sono stati trovati a quasi un chilometro di distanza l’uno dall’altro, segno che l’impatto è stato fortissimo.

E mentre l’Aeronautica piange i suoi ragazzi e le forze dell’ordine continuano, instancabili anche se ormai senza speranze, le ricerche, si prova a capire come è stato possibile. Cosa possa avere causato questo disastro.

Tanti i punti da chiarire sui quali lavorano diverse autorità inquirenti: il pubblico ministero Umberto Monti della procura di Ascoli Piceno, il procuratore militare di Verona Enrico Buttitta e la commissione di inchiesta dell’Aeronautica. Poteri e competenze diverse che ora indagano parallelamente per fare luce su quello che col passare delle ore diventa sempre più un mistero. Anche perché le evidenze delle autorità non sempre coincidono.

IL BLACKOUT DEL SEGNALE

Secondo la procura di Ascoli, i due tornado, negli istanti immediatamente precedenti dell’impatto, sarebbero scomparsi dai radar. Ecco un primo dato controverso. Perché gli esperti di volo dicono che è quasi impossibile che questo accada. Potrebbe essere che la visibilità dello strumento sia stata oscurata da una montagna, ma si tratterebbe di un caso rarissimo. Lo stesso vale per un volo a quota troppo bassa. Ipotesi che, peraltro, non risulta né all’Aeronautica né alla procura militare di Verona. I due tornado, stando ai primi riscontri, volavano a circa 1800 piedi, pari a circa 600 metri (non poco se si considera che in genere un tornado può viaggiare tra i 1000 e i 2000 piedi).

E in ogni caso esistono radar secondari che prendono il segnale da un dispositivo installato sull’aereo, il transponder. Questo, quando viene interrogato, invia diverse informazioni. Può essere spento dai piloti o non funzionare per un’avaria. Difficile immaginare un guasto contemporaneo sui due mezzi: una delle ipotesi è che i piloti abbiano spento il transponder per eseguire manovre non autorizzate a bassa quota senza essere visibili ai radar. Ma nella sua relazione, l’Aeronautica sostiene che volassero bassi solo perché stavano simulando un attacco da terra.

IL GIALLO DELLA ROTTA

Lunedì, subito dopo l’incidente, l’Aeronautica aveva parlato di un semplice volo di addestramento. Ieri, in una relazione consegnata ai pm marchigiani, lo Stato Maggiore ha rettificato il tiro. Nel documento si spiega che l’incidente non è avvenuto in fase di crociera, ma durante una vera e propria esercitazione. I due caccia, partiti dalla base di Ghedi, sono andati verso l’area destinata all’addestramento. Una zona racchiusa in un trapezio che comprende tre città: Perugia, L’Aquila e Rieti.

L’area, secondo una delle agenzie che sovrintendono al controllo degli spazi aerei, era stata prenotata dalle 14 alle 15.30 del pomeriggio e dalle 18.30 alle 19.30. Dato strano, visto che i due mezzi sono decollati da Brescia rispettivamente alle 15.22 e alle 15.27 e che in tre minuti non avrebbero mai potuto essere in quella zona. Peraltro, un’ora dopo, i due caccia sarebbero usciti dall’area riservata all’esercitazione per imboccare la rotta per Pescara e poi Falconara. Ed è stato proprio allora, intorno alle 16.30, che si sono scontrati: in un tratto di cielo in cui, secondo il piano di volo, avrebbero dovuto viaggiare e non esercitarsi. Proprio per questo la procura di Ascoli ha disposto ieri il sequestro delle rotte dalle torri di controllo di Brescia e da tutte quelle competenti sulla traiettoria effettuata dai due aerei.

LA DINAMICA DELL’IMPATTO

L’Aeronautica sostiene che «l’impatto tra i due caccia è stato ortogonale, in pratica i due aerei si sono scontrati perpendicolarmente ». Se così fosse, si potrebbe ipotizzare che i due caccia stessero volando in formazione. Ma il motivo della collisione resta un mistero. Un’avaria? Una manovra non consentita? O, come invece ipotizza le procura, un errore umano? (Repubblica)

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