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I cattolici al servizio della politica, 100 anni di 'Uomini liberi e forti'

Antonio Tarallo Ansa
Pubblicato il 17-01-2019

Il 18 gennaio rappresenta una data importante per la Storia della politica italiana. Una storia fatta di volti e voci che, venute da diversi schieramenti, da altrettante piccole storie, hanno scritto la grande Storia della Democrazia Italiana. Ma non è un 18 gennaio qualsiasi quello di cui vogliamo narrare. Ha un anno preciso, quella precisa data: 1919. Precisamente cento anni fa. E’ questo, il centenario della fondazione del Partito Popolare Italiano.

Un partito che vedeva la sua nascita a Roma, in un albergo a pochi passi da Montecitorio e – bisogna dirlo – a pochi passi di quella piazzetta che avrebbe poi segnato la storia di altro partito, che proprio da quello del PPI avrebbe trovato linfa, parliamo della Piazza del Gesù, simbolo della Democrazia Cristiana. Ma andiamo con ordine. Albergo Santa Chiara, in via di Santa Chiara, a Roma. Un appello, un invito, una esortazione che parlava assai chiaro e – vedendo un po’ lo scenario dei cattolici impegnati in politica.

Oggi, e guardando alla situazione sociopolitica attuale – sembra quasi ancora avere la sua vis, seppur siano passati ben cento anni: A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà.

E mentre i rappresentanti delle Nazioni vincitrici si riuniscono per preparare le basi di una pace giusta e durevole, i partiti politici di ogni paese debbono contribuire a rafforzare quelle tendenze e quei principi che varranno ad allontanare ogni pericolo di nuove guerre, a dare un assetto stabile alle Nazioni, ad attuare gli ideali di giustizia sociale e migliorare le condizioni generali, del lavoro, a sviluppare le energie spirituali e materiali… “Ideali di giustizia e libertà”, concetti alti e profondi.

Non c’è “traccia” di un aggettivo, bisogna sottolinearlo, che avrebbe – volendo – avuto anche una giusta collocazione in quell’appello, visto che il neonato partito era stato fondato da un certo sacerdote di nome Luigi Sturzo: l’aggettivo è “cattolico”. Si sarebbe potuti cominciare con “A tutti gli uomini cattolici”, e invece no, non avviene questo, seppur – di fatto – l’estrazione “cattolica” degli uomini del neopartito era più che chiara, incominciando – appunto – come si diceva con la storia personale del suo fondatore.

Ma non c’era solo lui, vi facevano parte anche uomini come Giovanni Bertini, Giovanni Bertone, Umberto Merlin, Angelo Mauri, Stefano Cavazzoni, Giulio Rodinò, Carlo Santucci, Giovanni Grosoli, Giovanni Longinotti. In fondo, il PPI nasceva come possibilità di lasciarsi alle spalle il lungo periodo del cosiddetto “non expedit” vaticano, il divieto ai cattolici, da parte della Santa Sede, di “entrare in politica”. Il Partito Popolare Italiano, era l’incarnazione di un soggetto politico che potesse dare voce alle diverse classi, appunto, del “popolo”. Da questo, quell’aggettivo forte e netto, “popolare”.

Un partito, dunque, interclassista, rivolto alle diverse componenti sociali che determinavo il tessuto socio- economico dell’Italia di inizio secolo: agricoltori (una grande parte), artigiani (un gran numero), ferrovieri (le vie di comunicazione attraverso i binari erano non poche), insegnanti (incominciava ad esserci più istruzione nel nostro Paese, dopo l’800 borghese), e la nuova classe di impiegati. Insomma, il PPI inglobava quella che oggi si definirebbe “una ampia forchetta” (il termine piace molto ai sondaggisti d’oggi) del popolo italiano.

Da questo, il suo successo. Da questo, anche, una sorta di “profezia” sturziana dell’impegno cattolico nella politica del nostro Paese. Certo, da quel fatidico giorno, tanti e tanti sono stati gli avvenimenti storici che hanno segnato il cammino dei cattolici nella “res publica”, nella “cosa pubblica”. Annoverarli, avrebbe bisogno di un saggio di non so quante pagine visto che parliamo di cento anni di Storia del nostro Paese, in cui dovremmo citare, tra l’altro, ben due guerre mondiali. Non è poi, questa, la sede più adeguata per farlo.

Quello che però possiamo fare, è guardare – con ammirazione sostenuta – tutti quei volti che hanno contribuito – alcune volte magari anche “sbagliando” strada, non possiamo negarlo, e questo non compromette in maniera alcuna la loro importanza – al valore della democrazia nella nostra Italia. E lo hanno fatto rendendo le loro vite, testimonianza viva di un valore ancora più alto della “politica quotidiana”, un valore “spirituale”: il “Bene comune”.

Stiamo parlando di volti che con il loro impegno, instancabile, appassionato, accurato, hanno fatto della politica una “vocazione”. E non è a caso che citiamo tale sostantivo, che subito ci richiama alla memoria una “cultura” (intesa come “sentire”) cattolica. Uomini come, Alcide De Gasperi, Igino Giordani, Giorgio La Pira, Giuseppe Dossetti, Aldo Moro, Luigi Gedda, Giulio Andreotti, hanno segnato un’epoca. Importante. Un’epoca che ha visto i cattolici, ma soprattutto degli illustri “uomini liberi e forti” al servizio della politica, del bene comune, del “servizio” verso i fratelli più bisognosi.

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