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Hai un certosino? E' un gatto 'da convento'. Ecco perché...

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Una leggenda attribuisce in particolare ai Cavalieri Templari il merito di aver fatto conoscere e apprezzare questi splendidi gatti grigi. Il nome Certosino infatti deriverebbe dal fatto che i templari di ritorno dalla Terra Santa si fermarono per ritemprarsi presso il monastero della Grande Certosa (Grande Chartreuse) portandosi dietro questi gatti grigi. Essi rimasero a vivere all'interno del convento. I monaci potrebbero essere stati, quindi, i primi allevatori di certosini molto apprezzati perchè ottimi cacciatori di topi per salvaguardare oltre le derrate alimentari anche i preziosi codici miniati. Negli archivi della Grande Certosa non è stata trovata nessuna documentazione al riguardo.

Esiste però una documentazione del fatto che i templari adorassero questi gatti nel documento seguente relativo ad un processo celebrato a Brindisi, Iniziato il 15 Maggio nel 1310 si è concluso nel giugno dello stesso anno, presso la chiesa di S. Maria del Casale. Il processo doveva essere presieduto dall'arcivescovo di Napoli Umberto che però non poté prendervi parte essendo impegnato nella consacrazione di Nicola, vescovo di Monopoli. Il suo posto fu preso da Bartolomeo, arcivescovo di Brindisi, che inaugurò il processo il processo ai Templari alla presenza dei persecutori di Giacomo di Carapelle e Arnolfo Bataylle arcivescovo di Natzamia. Dopo la formula di rito, i persecutori citarono i cavalieri templari e il Gran Precettore di Puglia Oddone di Valdric affinché si presentassero davanti alla commissione. Nonostante l'affissione dei bandi di citazione nella cattedrale, nel castello e nella domus templare di San Giorgio solo due fratres si presentarono, molti Templari erano riusciti a fuggire o erano stati arrestati, trovandosi reclusi nei sotterranei dei castelli del regno (ad esempio nel castello di Barletta).
 

I Templari furono dichiarati colpevoli. Il 4 giugno la commissione persecutoria tornò nel castello di Brindisi per interrogare gli unici cavalieri presentatisi: Ugo di Samaya e Giovanni da Neritone (Nardò), accolti non in qualità di accusati ma in quella di testimoni. Il primo ad essere ascoltato fu fra' Giovanni da Nardò, precettore della domus di Castrovillari in Calabria, il quale raccontò di essere stato ricevuto nell'Ordine l'anno successivo la caduta di S. Giovanni d'Acri (quindi nel 1292) presso la domus di Barletta nella sala del Pavilon in occasione della festività dei SS. Simeone e Giuda (28 ottobre) alla presenza del Magnus Praeceptor di Apulia Rainaldo di Varena. Il frate ricordando il suo ingresso nell'Ordine , affermò di essere stato più volte "invitato" a disprezzare e calpestare la croce; inoltre confermava che i Templari adoravano un gatto: infatti, mentre erano nella sala del Pavilon all'apparire di un gatto dal pelo grigio tutti i fratres si alzarono, si tolsero i cappucci, adorandolo. Fra' Giovanni non avendo nulla in testa, fu costretto abbassare il capo in segno di rispetto. cattolicbook.com

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