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Francia, Parlamento approva legge che vieta ai supermercati di gettare cibo: devono darlo in beneficenza. E in Italia quando?

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

La Francia dice basta allo spreco alimentare. E lo fa con una legge, votata all’unanimità dall’Assemblea di Parigi, che vieta ai grandi supermercati - superiori ai 400 metri quadri - di rendere inutilizzabili i prodotti rimasti invenduti. D’ora in avanti avranno invece l’obbligo di regalarli alle associazioni benefiche, ridurli in concime o a riutilizzarli per l’allevamento. Chi sgarra rischia multe fino a 75 mila euro e due anni di carcere. «È scandaloso vedere cibi ancora commestibili cosparsi di candeggina», ha spiegato il deputato socialista Guillaume Garot, ex ministro dell’Agricoltura e promotore della legge.



20-30 chili di cibo buttato l’anno per persona

Secondo alcuni calcoli, ogni cittadino francese butta nel bidone della spazzatura 20-30 chili di prodotti alimentari all’anno. Uno spreco che costa al Paese circa 20 miliardi di euro. La nuova legge, che prevede tra l’altro anche una campagna contro lo spreco alimentare in scuole aziende, fa parte di una serie di misure che puntano a dimezzare gli sprechi alimentari nel Paese entro il 2025.



Le critiche alla legge

Le aziende della grande distribuzione hanno criticato la nuova legge. «I grandi supermercati sono responsabili solo del 5% degli sprechi alimentari ma sono gli unici a dovere seguire questi obblighi», ha detto Jacques Creyssel, portavoce della Federazione del Commercio e della Distribuzione. «Molti di questi punti vendita - circa 4.500 - hanno già convenzioni con associazioni caritative».



In Italia gli sprechi valgono mezzo punto di Pil

«In Italia lo spreco alimentare domestico ovvero il cibo ancora buono che finisce nei rifiuti, vale oltre 8 miliardi, circa mezzo punto di Pil», ha detto Andrea Segré, docente di Politica agraria internazionale all'Università di Bologna e fondatore di «Last Minute Market». «Dall’altra parte l’Istat conta ormai più di 10 milioni di italiani che vivono e si alimentano in condizioni di povertà». (Federica Seneghini - Corriere della Sera)

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