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«Vengo nella Repubblica Centrafricana come pellegrino di pace e mi presento come apostolo di speranza»: è il tweet che il Papa ha messo in rete arrivando a Bangui. La ventata di caldo soffocante e polvere avvolge anche Francesco appena si apre il portellone del volo AZ 4000, la sigla Alitalia per le trasferte papali. Dopo due ore e tre quarti di volo da Entebbe, il Papa e il suo seguito sono atterrati nella capitale della Repubblica Centrafricana. Attorno all'aeroporto ci sono le baracche dei profughi, a garantire la sicurezza del Pontefice sono i Caschi Blu, soldati dell'esercito centrafricano e anche alcuni gendarmi vaticani sul posto da qualche giorno, che indossano giubbotti antiproiettile.

Il capo di Stato della transizione, la Presidente Catherine Samba-Panza attende il Papa all'inizio del tappeto rosso, vengono suonati gli inni come in ogni visita. Ma è la prima volta che Francesco sbarca in un luogo dove c'è una guerra civile ancora in atto. Ha tanto voluto questa tappa, sebbene gli sia stato più volte sconsigliato di atterrare in uno dei Paesi africani più ricchi di risorse e più poveri del mondo. Dopo la fine del dominio francese nel 1960 è stato attraversato da crisi e governato da personaggi come Bokassa I, che nel 1977 aveva chiesto a Papa Paolo VI di recarsi a Bangui per incoronarlo imperatore. Dal Vaticano se la cavarono dicendo che purtroppo la Santa Sede non aveva più ormai da tempo un cerimoniale per queste circostanze. Ora, dopo la visita di Giovanni Paolo II nell'agosto 1985, per la seconda volta un Papa vi fa ritorno, per inaugurare con un anticipo di oltre una settimana il Giubileo straordinario della Misericordia.

Migliaia di persone si sono riversate per strada ad accogliere il Papa lungo la strada. Applaudivano entusiaste anche ai giornalisti che a bordo di tre pulmini, scortati dai soldati dell'Onu, attraversavano a gran velocità le strade polverose di Bangui.  (Andrea Tornielli, Vatican Insider)


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